BARACK OBAMA: LE REAZIONI DEI VESCOVI DEL MEDIO ORIENTE

"La speranza legata a questo giorno è che si apra un'era di pace e di concordia, che non ci siano più guerre, anche preventive". Dall'Iraq, Paese legato come non mai in questi anni, alle vicende americane, arrivano i primi commenti da parte dei vescovi cattolici locali alla storica elezione alla presidenza di Barack Obama, il primo afroamericano a ricoprire questa carica. "Difficile dire adesso se Obama sarà migliore di altri che lo hanno preceduto - dichiara al Sir mons. Jean Sleiman, vescovo di Baghdad dei latini - Certo che gli Usa hanno una strategia a lungo termine qui in Iraq, e dunque legata alla ragion di Stato e non semplicemente ad affari di singole persone. ‘Wait and see', aspettiamo e vediamo". "A Barack Obama chiediamo di governare con amore il proprio Paese, come devono fare tutti i governanti - gli fa eco il vicario patriarcale di Baghdad, il caldeo Shlemon Warduni - come leader di una superpotenza deve governare con giustizia il suo popolo senza dimenticare il resto del mondo. E' urgente lavorare per l'unità e la concordia nel mondo per abbattere le divisioni e porre fine alla sofferenza. Faccia del bene all'uomo". "Una scelta coraggiosa ed un segno di vera democrazia, eleggere come presidente un nero afroamericano". Mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo, in Siria,accoglie con speranza questa elezione nella quale "molti qui in Siria, ma non solo, speravano. "La politica di Bush - spiega al Sir - non è stata mai apprezzata. Ma credo che abbiano influito anche le sue origini musulmane o arabe. Certamente si tratta, da parte americana, di una scelta coraggiosa ed un segno di vera democrazia, eleggere come presidente un nero afroamericano". La portata e la novità di Obama presidente Usa, aggiunge il vescovo, "potrebbe rappresentare per i nostri governi arabi e musulmani un esempio positivo e provocante per mostrare questa libertà di spirito e di atteggiamento" e nel contempo "aiutare gli Usa a scrollarsi di dosso, o quantomeno ad attenuare la profonda antipatia che si è attirata in questi ultimi anni tra le masse non solo musulmane e che rappresenta un vero problema per gli Usa". "Spero - conclude - in un cambiamento di politica per un futuro di pace anche in Iraq, in un ritiro con onore degli Usa ed il ritorno in patria delle migliaia di rifugiati iracheni, anche cristiani, che sono qui in Siria".
Non parla tanto di discontinuità con la politica di Bush ma di “reale cambiamento” mons. Paul Dahdah, vicario apostolico di Beirut dei latini. “Speriamo – dice al Sir - che con questa elezione la politica mediorientale americana cambi un pò: al centro rimane sempre l’annosa questione del conflitto israelo-palestinese. Se venisse risolta la pace in questa regione non sarebbe più un problema e sarebbe molto vicina. Anche l’Iraq merita una particolare considerazione. Sono stato in quel paese per 15 anni e conosco quale dramma stanno vivendo le comunità cristiane di lì. Molti stanno fuggendo da una patria che non li protegge e difficilmente faranno ritorno”.
Posizioni attendiste quelle del vescovo del Cairo (Egitto), mons. Giuseppe Sarraf, “è una elezione storica, una vera novità che merita attenzione e tempo per verificarne la portata sullo scenario mediorientale” e del Custode di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, convinto che “Obama avrà di fronte tante sfide in Medio Oriente dove gli Stati Uniti hanno giocato e continueranno a giocare un ruolo importante”. “La sua guida sarà determinante in questo – spiega al Sir - ci auguriamo un serio, decisivo e positivo cambiamento ed un sempre maggiore personale coinvolgimento nella politica mediorientale, specialmente in Terra Santa, per arrivare ad una pace negoziata giusta e duratura”. “La speranza è che sulla scia di Annapolis, che non ha portato risultati, Obama riprenda i discorsi interrotti con determinazione e novità. Ci aspettiamo delle novità, fino ad oggi siamo stati dentro copioni già scritti, oggi, alla luce di questo grande cambiamento, ce ne aspettiamo un altro anche in questa regione”.

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