In mezza Europa è ancora Natale

Kirill incensazioneLa maggior parte degli ortodossi celebra la nascita di Gesù il 7 gennaio. Preceduta da un severo digiuno, la festa entra nel vivo con grande simbolismo e molteplici tradizioni nei diversi Paesi. Il racconto del sacerdote bulgaro Dobromir Dimitrov

Il Natale è ormai alle spalle per il mondo occidentale, ma per la maggior parte degli ortodossi – il patriarcato di Mosca, Serbia, Ucraina, Bielorussia, Georgia, Macedonia, Montenegro – le festività natalizie cadono il 6 gennaio (la Vigilia) e il 7 gennaio (la Natività). La differenza è causata dal calendario giuliano utilizzato dalla Chiesa ortodossa. Il patriarcato ecumenico di Costantinopoli (comprendente la Grecia), la Chiesa ortodossa bulgara e quella romena, però, celebrano le festività il 24 e il 25 dicembre. Sono dunque giorni di festa in molti Paesi d’Europa.

 

Il digiuno. La preparazione al Natale per i fedeli praticanti inizia quaranta giorni prima, con il digiuno natalizio che prevede la totale astensione da carne, uova, latte e latticini. Nella tradizione ellenistica, invece, è permesso il pesce, che nei Paesi slavi si mangia solo nelle solennità.

“Lo scopo del digiuno è poter accedere all’Eucarestia”

– spiega padre Dobromir Dimitrov, sacerdote ortodosso e docente di teologia all’Università Ss. Cirillo e Metodio di Veliko Tarnovo (Bulgaria). Per gli ortodossi “essere nello ‘stato di grazia’ comporta anche un periodo di digiuno che può variare in base alle indicazioni del proprio direttore spirituale”. Per questo i fedeli praticanti in genere si accostano alla comunione solo quattro volte all’anno, soprattutto all’inizio della Quaresima. A tutti invece, terminata la celebrazione, viene distribuita la “nafora” (antidoron), pane benedetto ma non consacrato.

 

Varietà nei costumi. “Nel mondo ortodosso però – afferma Dimitrov – non ci sono regole uniche valide per tutti: abbiamo la ‘varietà nell’unità’ e se un gesto o una tradizione si pratica ad Atene, non è scontato che lo stesso si faccia anche a Mosca”. Il quadro si arricchisce soprattutto abbinando le tradizioni religiose a quelle culturali e folkloristiche dei diversi Paesi in cui è diffusa l’ortodossia. Tutte le cene alla vigilia di Natale sono in bianco, in Russia alcuni mantengono il digiuno fino al sorgere della prima stella, simbolo della stella di Betlemme e poi iniziano il pasto con del grano bollito con miele. Nei Balcani la cena è più ricca, con diverse pietanze magre. “In Bulgaria, il capofamiglia – racconta padre Dimitrov – incensa la tavola e la famiglia, in Serbia invece, nel focolaio brucia il budnik, un tronco di quercia massiccio, e sotto il tavolo si mette della paglia che rimanda alla mangiatoia”. Nei Balcani occidentali i “budnik” si accendono solennemente di fronte alle chiese. Nelle diverse tradizioni è presente la focaccia: “cristopsomo” (pane di Cristo) in Grecia, dove somiglia a un panettone; “cestniza” in serbo e “pitca” in bulgaro. In Serbia si usa il saluto “Hristos se rodi” (Cristo è nato) al quale si risponde con “Voustinu se rodi” (è veramente nato).

 

L’immagine della Natività. La funzione religiosa principale è la celebrazione liturgica del giorno. Al centro della chiesa è esposta l’icona della Natività. “C’è una bellissima variante – rileva padre Dimitrov – nella quale il Bambino è fasciato con delle bende e la culla è a forma di bara, simbolo del destino di morte che aspetta il Salvatore neonato”.

 

L’Epifania. Le festività natalizie nel mondo ortodosso terminano con la celebrazione dell’Epifania e della solennità di san Giovanni Battista, il 6 e 7 gennaio secondo il calendario giuliano oppure il 19 e 20 gennaio secondo quello gregoriano. “Nell’Epifania (Bogojavlenie in slavo) – sottolinea padre Dimitrov – a differenza dai cattolici, gli ortodossi celebrano la manifestazione del Signore nell’atto del suo Battesimo”. E aggiunge che “nei primi secoli, nella festa dell’Epifania i cristiani commemoravano tre eventi insieme: il Natale, la Manifestazione ai Re Magi e il Battesimo di Gesù”. Oggi in Oriente si compie il rito della benedizione dell’acqua, spesso anche direttamente presso una fonte: mare o fiume. Il sacerdote getta un crocifisso nell’acqua e alcuni uomini si tuffano per raccoglierlo: li attende una speciale benedizione.

© www.agensir.it - 4 gennaio 2016