Il seme della misericordia in un mondo disumanizzato

twal omeliaGERUSALEMME, 4. «In un mondo che si va disumanizzando sempre più e va verso la barbarie, la violenza e l’oppressione, la vocazione del cristiano è quella di testimoniare la misericordia divina, insieme agli uomini e alla donne di buona volontà. Il seme della misericordia si trova in tutte le religioni, e tutti abbiamo la responsabilità di farlo crescere nella vita pubblica e privata. Saremo allora testimoni di un mondo migliore, governato dalla giustizia, dalla pace, dalla tenerezza, dall’amore e dal rispetto reciproco». Ha fatto più volte esplicito riferimento ai molteplici significati del giubileo straordinario della misericordia, indetto da Papa Francesco, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, che nell’omelia per la solennità di Maria Santissima Madre di Dio e per la Giornata mondiale della pace, celebrata il 1° gennaio nella chiesa concattedrale, ha invitato tutti i fedeli che abbiano un qualche ruolo nella vita politica, economica, culturale, sociale o familiare, «a vivere la misericordia e a farne una cultura che impregni il mondo cui apparteniamo ».
Il primo comandamento del Vangelo, in questo anno della misericordia, «impone di lasciarci coinvolgere sempre e in modo responsabile per far sì che la vita delle persone e dei popoli sia rispettata e promossa ». Twal ha stigmatizzato i mali di carattere sociale e politico che affliggono il mondo e condannato la vendita di armi. In tale contesto — ha osservato — «come non pensare all’Iraq e alla Siria, dove perdurano conflitti che hanno fatto e continuano a fare vittime innocenti? Come non evocare la minacciosa situazione della Terra di Gesù, dove non si arriva ancora, nella verità e nella giustizia, a riallacciare i fili della reciproca comprensione, troncati da un conflitto che si nutre ogni giorno di attentati e di vendette? E che dire del fenomeno tragico della violenza terroristica, che sembra spingere il mondo intero verso un futuro di paura e di angoscia? È vero: noi abbiamo paura, il mondo ha paura, e le bombe atomiche che accumuliamo non servono a niente». Il patriarca, citando il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale della pace 2005, ha riaffermato che «la violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani». Essa, dunque, «è un male inaccettabile, che non risolve mai i problemi». In tale ambito — ha concluso — «è indispensabile promuovere una grande opera educativa delle coscienze e soprattutto delle coscienze dei politici». Twal, riferendosi in particolare alle sofferenze di tutti gli abitanti della Terra santa, ha esortato a continuare a pregare per la pace affinché «gli israeliani e i palestinesi abbandonino le vie della violenza e si mettano sulla strada che conduce alla pace. Il Signore, quando sarà venuto il momento, ci accorderà pace e riconciliazione. All’inizio di questo nuovo anno — ha commentato — la situazione mondiale è disastrosa. Ma vorrei dirvi, malgrado tutto, “non lasciamoci vincere dal male, ma vinciamo il male con il bene” (cfr. Romani, 12, 21), con la generosità e con il perdono». Il male, ha spiegato citando ancora Giovanni Paolo II, «non è una forza anonima che opera nel mondo in virtù di meccanismi deterministici e impersonali. Il male ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome di uomini e di donne che liberamente lo scelgono. E se andiamo a cercarne le componenti più profonde, il male è, in definitiva, una tragica rinuncia alle esigenze dell’amore. Al contrario, il bene morale nasce dall’a m o re , si manifesta come amore ed è orientato all’amore. Questo discorso è particolarmente chiaro per il cristiano, il quale sa che l’amore cristiano giunge, se portato alle conseguenze, fino all’amore per i nemici: “Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete dagli da bere” (Romani, 12, 20)». L’invocazione è alla Vergine Maria, Madre di Dio, affinché sostenga «la nostra speranza e la nostra pazienza. Che ella ci guidi nella meditazione e nell’accoglienza di Dio tra noi». In occasione del giubileo della misericordia, il patriarcato di Gerusalemme dei Latini (il cui territorio comprende, oltre a Israele e Palestina, anche Giordania e Cipro) ha preparato per la popolazione un programma di preghiere, celebrazioni liturgiche e pellegrinaggi.

© Osservatore Romano - 4-5 GENNAIO 2016