Dio non è misericordioso, ma è misericordia

1 mani verso il cielo medioA cura di P. Pietro Messa, ofm

Nell’omelia del Natale 2008 monsignor Luigi Padovese (1947-2010) mise in evidenza l’amore misericordioso di Dio comunicato con la nascita di Gesù. La particolarità è che ad assistere a tale celebrazione liturgica non c’erano solo cristiani ma anche mussulmani e il Vicario Apostolico dell’Anatolia seppe – grazie anche alla sua preparazione culturale – illustrare il contenuto del Natale in modo che potesse accolto dagli islamici ma senza sminuirne il significato reale ossia l’incarnazione. Eccone i passaggi fondamentali..

Cari fratelli, vi accolgo con un augurio di bene. Il Signore che è venuto per annunciare la pace, per unire quanti sono divisi, per guarire i nostri cuori dalla tristezza e dalla disperazione, sia con voi.

Cari fratelli, sono felice di salutarvi questa notte. Avete fatto il sacrificio di rinunciare a qualche ora di sonno per festeggiare la nascita di Gesù che ha dato alla nostra vita un senso ed una speranza.

Saluto anche i fratelli musulmani che partecipano alla nostra gioia. Quello che ci unisce a loro è la constatazione che Dio, attraverso i suoi profeti, ci indica la strada da percorrere e quindi ha interesse per l’umanità che ha creato. Per essi Gesù è il grande profeta inviato per parlarci di Dio ed in nome di Dio. Per noi Cristo è l’espressione umana dell’amore di Dio, anzi il Dio-con-noi, Emmanuele.

Quanto accomuna noi e loro è pertanto la certezza che Dio ci ama e non ci abbandona.

Nella persona umana di Gesù noi possiamo capire che cosa significa che Dio è “onnipotente e misericordioso”. In lui possiamo anche intendere chi è Dio e che cosa Egli si aspetta da noi.

È onnipotente perché non c’è limite alla sua potenza, ma non c’è limite neanche alla sua misericordia. Anzi Dio non è misericordioso, ma è misericordia; Dio non ama, ma è amore. È questo il mistero del Natale che celebriamo. Quello che umanamente pare impossibile, diventa possibile, ma ciò lo si intende se non ragioniamo soltanto con la mente, ma anche con il cuore perché il cuore spesso capisce meglio e prima dell’intelligenza.

Per intendere il mistero di Dio la ragione non basta, ci vuole cuore. È questa l’esperienza dei primi discepoli di Gesù, dell’apostolo Paolo, ma anche l’esperienza dei mistici musulmani della nostra terra come Rumi Yalal al-Din e Yunus Emre.

Se non si comprende anche con il cuore, non potremo mai penetrare il mistero di Dio. La prova per noi cristiani è data dall’incarnazione di Cristo.

Che senso ha che Dio divenga uomo? È proprio necessario? Non ci sono altri modi per aiutare gli uomini senza abbassarsi fino a loro? Perché è venuto così tardi e non agli inizi dell’umanità? Perché è nato come un povero ed è morto sulla croce come un delinquente?

Queste domande hanno trovato la loro risposta nella riflessione dei pensatori cristiani. Eppure la risposta ultima è nella nuova immagine di Dio che Cristo ci presenta attraverso la sua nascita, vita, morte e resurrezione. Noi cristiani non potremo mai arrivare a Dio se non attraverso Gesù.  Comprendere chi egli è e quanto egli ha fatto è un modo per avvicinarci al mistero di Dio.

Ad esempio, il suo divenire povero tra i poveri serve a mostrare che davanti a Dio, gli ultimi non sono meno importanti dei primi. Anzi, gli ultimi sono i primi. I criteri umani di ricco e povero, uomo e donna, nobile e plebeo, istruito e semplice per lui non contano nulla. La società divide gli uomini in classi e così li separa. Cristo ci ricorda che siamo tutti uguali e tutti importanti. Anzi per Lui conta di più chi ama di più.

Il suo condividere l’esperienza umana in tutti i suoi aspetti, eccetto il male ed il peccato, indica l’importanza della solidarietà, della compartecipazione, della compassione. Nell’entrare dentro la nostra storia Dio ha scelto di non essere semplice spettatore, ma anche attore. Non si limita ad indicarci la strada, ma la percorre con noi e prima di noi. È guida perché modello. È amico, compagno, colui che umanamente conosce l’esperienza della solitudine, del dolore, perché nessuno possa più sentirsi solo e perché il suo dolore abbia un senso.

Cari fratelli questa solidarietà di Cristo, espressa attraverso la sua nascita, è un messaggio per ciascuno di noi. […]

A noi cristiani oggi è presentato Cristo che nasce povero da poveri. Non dimentichiamo il messaggio che c’è in questa sua scelta. Avrebbe potuto nascere in un palazzo reale, all’interno di una famiglia ricca, invece sceglie di nascere in una grotta.

Cari fratelli, il Natale sta qui: nel renderci coscienti di quanto Dio in Cristo ci ama, ma anche nel renderci più solidali tra di noi e più attenti ai poveri nei quali Gesù vuole essere incontrato: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bene, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,35-36).

Queste parole di Cristo non hanno bisogno di commento, ma ci dicono che cosa Dio si aspetta da noi. La festa del Natale ci aiuti a comprenderle sempre meglio ed a realizzarle nella nostra vita.