La scommessa di Putin

putin patriarchidi LUCA M. POSSATI

Con l’avvio dei primi raid russi contro l’Is si apre una nuova pagina nello scacchiere mediorientale. Come ha scritto il «Financial Times », il leader del Cremlino sta cercando di agire nell’incertezza creatasi in Siria, che ha scatenato una terribile carneficina (almeno 250.000 morti e più di due milioni di profughi) e lasciato terreno fertile al jihadismo. Convinto che, uscito di scena Assad, in Siria resterebbe soltanto il caos violento, Putin ha inviato uomini e mezzi e cercato di allargare l’orizzonte diplomatico.
Per il Cremlino, tra Assad e l’Is non ci sarebbe una terza opzione e sarebbe impossibile coinvolgere nel dialogo i ribelli: una vasta galassia di gruppi difficilmente identificabili, molti dei quali sarebbero legati ad Al Qaeda. Opposta è la visione di Washington, che invece punta a intensificare i raid, aumentare la pressione sul terreno per sconfiggere l’Is e aprire una transizione politica che escluda Assad. Il bilaterale con Obama a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha segnato un punto di non-ritorno: dopo aver più volte ipotizzato la formazione di una grande coalizione anti-Is sotto l’egida dell'Onu, Putin ha voltato pagina annunciando la costituzione di un nuovo gruppo di contatto. Il punto cruciale di questa strategia è il dialogo con i tre principali attori della regione: Israele, l’Iran e l’Arabia Saudita. Non è un caso che pochi giorni prima dell’incontro con Obama al palazzo di Vetro, Putin abbia accolto al Cremlino il premier israeliano Netanyahu. Nota è poi la relazione privilegiata di Mosca con la leadership iraniana: sempre al palazzo di Vetro, in questi giorni i due Paesi hanno firmato accordi di cooperazione economica e commerciale. Il presidente Rohani condivide la visione per cui Assad debba restare al suo posto dato che l’alternativa sarebbe soltanto il collasso del Paese e, forse, di tutto il Medio oriente. A ciò si aggiunge il rapporto di fiducia che il leader russo ha con il principe ereditario saudita, ex ministro della Difesa, Mohammed Bin Nayef, un’ottima leva per convincere il sovrano Salman a sedersi allo stesso tavolo con gli storici avversari di Teheran. Se il presidente russo intensificherà la sua offensiva diplomatica, come sembra essere intenzionato a fare, potrebbe profilarsi all’orizzonte uno scenario del tutto inedito, con Mosca a mediare tra sciiti e sunniti in vista di un nuovo assetto politico dell’area. Secondo molti analisti internazionali, una partita tuttavia Putin l’ha già vinta: quella di portare la Russia al centro della politica internazionale.

© Osservatore Romano - 2 ottobre 2015