Articoli

Ortodossi e battesimo

ortodossi-3MOSCA, 2. Fra i documenti approvati dal sinodo della Chiesa ortodossa russa svoltosi il 25 e 26 dicembre a Mosca ne figura uno dedicato al battesimo dei bambini nati — in caso di surrogazione di maternità nella fecondazione assistita — dalle cosiddette “madri p ortanti”. Nel testo, riportato in sintesi dal blog «Parlons d’orthodoxie», si ricorda che ogni bambino può essere battezzato nella fede di coloro che chiedono tale sacramento per lui: «Un bambino non è responsabile delle azioni dei suoi genitori e non è colpevole del fatto che la sua venuta al mondo derivi da tecnologie riproduttive condannate dalla Chiesa». Il patriarcato di Mosca, pur ribadendo la sua contrarietà a tale pratica oggi autorizzata in Russia, non nega dunque il battesimo ma raccomanda di procedere al rito solo a un’età in cui il minore possa prendere e assumersi gli impegni sacramentali davanti a Dio.
Nel documento si aggiunge tuttavia che il bambino può ricevere il battesimo anche in tenera età a condizione che i suoi genitori facciano atto di conversione e si impegnino a educare il piccolo nella fede cristiana e in obbedienza alla parola del Vangelo. Agli occhi della Chiesa ortodossa russa la surrogazione di maternità è un metodo riproduttivo inaccettabile: si sottolinea «il lato snaturato» di tale pratica che «avvilisce la dignità umana della donna e la sua nobile vocazione di madre, in quanto il suo corpo non è considerato che una sorta di incubatrice, una macchina». Com’è noto, infatti, nell’ambito della fecondazione assistita, la “madre portante” è quella donna che si assume l’imp egno di portare avanti la gravidanza e di partorire per conto di una coppia sterile, alla quale consegnerà il nascituro. Ma il bambino — osserva il sinodo — non è responsabile di tutto questo e può dunque essere battezzato secondo la fede dei suoi genitori e padrini. Tuttavia, «se i genitori non confessano espressamente la loro azione e i padrini si mostrano di fatto d’accordo con tale atto peccaminoso, non è più solo una questione di educazione cristiana del bambino. Il rifiuto di battezzarlo corrisponde allora alla tradizione ortodossa che prevede l’adesione alla dottrina della Chiesa del battezzato o dei suoi genitori e padrini, quando si tratta di un bambino. Un tale rifiuto avrà anche un significato pastorale, poiché la società riceverà chiaramente il segnale da parte della Chiesa che la pratica delle “madri portanti” è inaccettabile dal punto di vista cristiano». Tutta la pratica deve essere seguita dal vescovo del luogo e se un prete decidesse per la dispensa rischierebbe sanzioni canoniche. Unica eccezione è il pericolo di morte del nascituro: in tal caso il sacramento sarebbe amministrato senza impedimenti. In conclusione, se i genitori non confessano il loro peccato, il battesimo va rinviato fino a quando non cambieranno atteggiamento oppure fino a quando il bambino non sarà in grado di scegliere la propria fede.

© Osservatore Romano - 2-3 gennaio 2014