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A Varsavia il segretario di Stato ricorda i venticinque anni di relazioni diplomatiche tra Polonia e Santa Sede

2-giugno-35-anni-fa-varsaviaC’è l’amore per la libertà e per la solidarietà sociale dei polacchi alla base dei grandi cambiamenti politici che, venticinque anni fa, portarono allo stabilimento delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Lo ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, nell’incontro commemorativo svoltosi il 2 giugno a Varsavia.
«I nuovi rapporti istituzionali tra la Santa Sede e la Polonia si collocavano in un contesto di radicali cambiamenti politici avvenuti non solo in Polonia, ma in tutta l’Europa centro-orientale» ha ricordato il porporato, portando il saluto del Papa. E quei cambiamenti in Polonia erano, ha affermato, «frutto del grande amore per la libertà e la solidarietà sociale che, poco dopo, condussero al crollo del muro di Berlino». Iniziò così, ha detto, «una nuova era, in qualche modo una tabula rasa su cui scrivere un nuovo inizio». Questi venticinque anni di relazioni, ha spiegato, sono stati «un periodo interessante e creativo». E «la prima novità in questo contesto è stata la libertà di religione, espressa in diverse leggi, attuata e consolidata sui parametri dei rapporti tra la Santa Sede e i Paesi democratici». In Polonia, ha rilevato il cardinale, «essa è inoltre ben sincronizzata, essendo stata scritta non solo in un accordo internazionale, cioè nel Concordato, ma anche nella Costituzione, assetto fondamentale di questa comunità politica». È evidente, ha quindi riconosciuto, che «la storia polacca è attraversata da un costante e insopito anelito di libertà, anche sotto il profilo religioso». Nel mondo di oggi, ha proseguito, «si è consolidata la convinzione che il diritto alla libertà religiosa appartenga alla ratio naturalis, cioè alla comunanza delle norme vigenti presso tutti i popoli e le società moderne». E «oggi sappiamo bene che la libertà è una delle prerogative più nobili dell’uomo. Se così è, anche nella sfera delle convinzioni personali ogni essere umano ha il diritto di possedere e fruire dei beni spirituali derivanti dai valori da esso professati, tra cui quelli riguardanti l’esercizio, individuale e comunitario, della religione». «Per di più — ha affermato — risalta con sempre maggiore e condivisa cogenza l’intrinseco legame tra democrazia e libertà religiosa. Ciò non significa, purtroppo, che nella società moderna e nelle sue forme organizzate si sia posto fine a ogni forma di violazione di questa libertà, a ogni manifestazione di intolleranza, di discriminazione o di violenza perpetrata contro chi professa un credo religioso o addirittura stimolata dalla religione. Il nostro mondo non è ideale ed è urgente che tali fenomeni vengano esplicitamente percepiti e giudicati come negativi, inaccettabili, e siano neutralizzati nel futuro». «Nel pensiero che la Chiesa ha sin qui maturato circa la libertà di religione — ha spiegato — i rapporti Chiesa-Stato non si basano su privilegi convenuti reciprocamente, ma traducono in una concreta realtà giuridica e sociale il diritto stesso alla libertà religiosa. Assicurare spazi e modalità adeguate alla realizzazione della propria missione non costituisce per la Chiesa una rivendicazione fuori luogo, quanto semplicemente la realizzazione del consenso e degli impegni internazionali a rispettare l’impianto dei diritti umani. Il pieno rispetto del diritto alla libertà religiosa diventa così garante della pace sociale e criterio base per valutare in quale misura vengano rispettati gli altri diritti umani». Inoltre, ha aggiunto, «il rispetto del diritto alla libertà religiosa esige sussidiarietà e solidarietà». Nel quadro della sua visita in Polonia, domenica 1° giugno, alla presenza delle massime autorità polacche, il cardinale ha celebrato la messa per la festa del ringraziamento nel santuario della divina Provvidenza a Varsavia. Come per Gesù, «anche le vostre vittorie sono giunte attraverso la croce: conosco la storia delle vostre lotte per la libertà» ha detto ai fedeli polacchi, parlando espressamente di «via crucis polacca verso la libertà». Alla gente ha raccomandato di non aver paura, nonostante «disoccupazione, emigrazione, timore del futuro, cultura della precarietà» che mettono in discussione le basi delle famiglie. E ha incoraggiato tutti ad affidarsi a san Giovanni Paolo II. Nella certezza, ha detto, che «l’ultima parola non appartiene a chi annuncia la fine della famiglia tradizionale, ma alla Provvidenza che realizza i suoi piani attraverso la famiglia». Proprio Papa Wo j t y ła, ha affermato, ci ricorda «che il cristiano deve essere coerente nelle proprie scelte senza riserve e limitazioni». Anche per questo il Pontefice polacco «potrebbe essere chiamato il “patrono” della vostra libertà!».

© Osservatore Romano - 2-3 giugno 2014