Prove di dialogo sulla Siria

iraq 2DAMASCO, 29. Prove di dialogo sulla Siria. A Vienna si incontrano oggi il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, il segretario di Stato americano, John Kerry, i capi della diplomazia saudita, Adel Al-Jubeyr, e turca, Feridun Sinirlioglu, e l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini. L’obiettivo è arrivare a un accordo quadro per la fine dei combattimenti e la transizione politica. Al vertice parteciperanno — ma si uniranno alla discussione solo in un secondo momento — anche i rappresentanti di Egitto, Iraq, Libano e Iran. La Coalizione nazionale siriana, principale alleanza di gruppi di opposizione al presidente siriano, Bashar Al Assad, ha fatto sapere di non essere stata invitata ai colloqui. In alcune dichiarazioni citate questa mattina dalla Reuters, Kerry ha sottolineato l’urgenza di trovare una soluzione che possa «far uscire la Siria dall’inferno». Il segretario di Stato ha inoltre confermato che gli Stati Uniti stanno valutando un possibile rafforzamento della loro presenza nell’area mediorientale. Il punto nodale dei colloqui è il futuro del presidente siriano. Su questo aspetto, infatti, Washington e Mosca hanno posizioni diametralmente opposte: per gli Stati Uniti, Al Assad se ne deve andare, perché non ha alcuna legittimità, mentre per Mosca non si può in alcun modo escludere il regime attuale dal futuro del Paese, perché di fatto questo sarebbe un’intromissione negli affari della Siria. Va detto che nelle ultime settimane queste due posizioni hanno subìto notevoli smussamenti: gli Stati Uniti hanno accettato di assumere come linea guida delle trattative la dichiarazione di Ginevra del 2014, dove si faceva esplicitamente riferimento a una transizione politica che includesse tutti gli attori siriani, e quindi anche il Governo di Al Assad. Dal canto suo, il Cremlino ha ottenuto l’apertura da parte di Assad al dialogo con l’opposizione in vista di possibili elezioni. L’altro grande tema sul tavolo dei negoziatori a Vienna sarà quello delle operazioni militari. In primo piano la lotta al cosiddetto Stato islamico (Is) che occupa al momento buona parte del territorio siriano. Più volte, nelle ultime settimane, Washington ha criticato i raid russi nell’area di Homs e Aleppo, accusando il Cremlino di colpire non solo i miliziani dell’Is, ma anche i gruppi dell’opposizione ad Al Assad. Mosca ha respinto tutte le accuse, affermando che le operazioni stanno avendo successo e che i jihadisti stanno ripiegando. Un progresso concreto, su questo punto, è stato raggiunto: i vertici militari statunitensi e russi stanno già cooperando per cercare di coordinare le operazioni. E intanto, oggi, il Governo di Mosca ha reso noto che i miliziani dell’Is hanno le tecnologie per produrre armi chimiche. Il ministero degli Esteri russo ha parlato di «molti casi» di uso di queste armi in Iraq e in Siria, e ha chiesto l’intervento delle Nazioni Unite.

© Osservatore Romano - 30 ottobre 2015