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Come ama Dio

bibbia-studio-1di ARISTOTLE PAPANIKOLAOU

Nelle tradizioni ortodossa e cattolica, un’antropologia della pace è definita, semplicemente, come théo- sis , deificazione o, come preferisco dire, quale comunione divino-uma- na. Se ricordiamo il nome fondamentale di Dio per i cristiani, cioè che Dio è amore — cosa che tutti i cristiani condividono — la théosis deve essere vista come capacità di amare come Dio ama, vedendo tutte le creature, anche quelle che sembrano meno amabili, così come Dio le vede. È questa la sfida del più grande comandamento: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente e amare il prossimo come se stesso (cfr. Ma t t e o , 22, 37-39).
Nella misura in cui l’amore im- plica la volontà, l’amore stesso è anche affettivo, cioè coinvolge le nostre emozioni e i nostri desideri. In questo senso l’amore abbraccia la persona umana nella sua inte- rezza, anima e corpo. L’amore è un apprendistato che richiede un esercizio per plasmare le nostre emozioni e i nostri desideri, e, in questo modo, accresce la capacità della volontà di amare. L’e s e rc i z i o comporta che si comprenda ciò che impedisce l’amore, ciò che fa entrare nella via dell’amare come ama Dio. Uno degli ostacoli sulla via dell’amore identificato dagli spirituali è l’orgoglio. Gli spirituali comprendono bene che, a causa della nostra finitezza, gli esseri umani sono afflitti dal turbamento della paura. Siamo davvero terro- rizzati dalla morte, ma questa pau- ra della morte maschera un’altra paura che io credo più fondamen- tale ed è ciò che fonda il nostro orgoglio, è la paura di non avere una qualche importanza nel mon- do. Il metropolita Ioannis Ziziou- las esprime questo concetto con maggior eleganza come il deside- rio di unicità e singolarità. La no- stra paura di non aver importanza nel mondo ci porta ad affermare noi stessi in una modalità “divi- na”. Ciò che appare come amore di sé, orgoglio, in realtà è una for- ma di disprezzo di sé che que- st’apparente amore di sé cerca di mascherare. E a causa di questo disprezzo di sé come amore di sé, cerchiamo di distruggere o negare chiunque o qualunque cosa minac- ci la nostra identità, minacci ciò che percepiamo come un aiuto a sentirci importanti. Questo tentativo di distruggere o negare l’altro che minaccia la nostra importanza si realizza nel confronto faccia a faccia con i ge- nitori, i figli, gli amici, ma special- mente con lo straniero e il nemico. Lo vediamo anche a livello di gruppi; gli ortodossi stessi sono ben noti per quest’autoidentifica- zione negativa contro l’altro, spe- cialmente nei confronti del cosid- detto “o ccidente”, la cui ultima forma è il tentativo di negare o di- struggere il cosiddetto occidente ateo, antireligioso, liberale con- trapponendogli i valori tradiziona- li e conservatori dell’orto dossia. La sfida per imparare ad amare è apprendere a coltivare le nostre emozioni, i nostri desideri e, quin- di, la nostra volontà in modo tale che avvertiamo di aver minor pau- ra e collera nei confronti dei nostri genitori, figli, fratelli e sorelle, amici e, ancor più provocatoria- mente, nei confronti dello stranie- ro e del nemico. La violenza che si abbatte su di noi o che noi commettiamo man- da in frantumi un’antrop ologia della pace poiché rende difficile l’a m o re . Negli scritti di Massimo il Con- fessore la comunione con Dio, che è una concreta presenza del divi- no, è simultanea con l’acquisizione della virtù. La virtù è una concreta théosis o deificazione. Per Massimo l’essere umano è creato per impa- rare ad amare ed è in lotta costan- te contro ciò che indebolisce la ca- pacità d’amore. L’acquisizione del- le virtù è la condizione prelimina- re per attivare l’umana capacità d’amore. La chiave ermeneutica per la complessa descrizione della relazione tra virtù e vizi nella vita interiore dell’essere umano e nell’agire umano è «progredire nell’amore di Dio», che viene mi- surato in definitiva dal modo in cui ci si relazio- na con gli altri, specialmente con quelli verso i quali proviamo ostilità o collera. La guerra è l’annientamento della virtù ma gli effetti della violenza sull’es- sere umano sono anche chiara- mente visibili nei quartieri poveri delle grandi cit- tà. Essere circondati dalla violenza o sperimentarla direttamente può plasmare il cer- vello in modo tale da creare vizi di paura e di collera, due dei vizi che fanno giungere alla via dell’amore. Se seguiamo Massimo il Confessore, allora l’antrop ologia della pace è un’antropologia che afferma la capacità umana di co- munione con Dio. Il movimento verso tale comunione con Dio — la théosis — è identico all’umano ap- prendimento dell’amore, a vedere l’altro come Dio lo vede, perfino lo straniero e il nemico. La parola di verità detta in Ge- sù rende possibile una nuova rela- zione di intimità tra l’increato e il creato. La pratica ascetica della narrazione della verità ha il potere di formare un nuova via di rela- zioni di intimità e di fiducia anche per quelli che hanno sperimentato la violenza. E sarà particolarmente importante per elaborare il perdono, esso stesso manifestazione della virtù dell’amore.

© Osservatore Romano - 4 settembre 2014