Migliaia in fuga da Aleppo

Civili siriani in fuga dai combattimenti ad Aleppo 1DAMASCO, 6. Almeno trentamila siriani sono fuggiti da Aleppo, dove è in corso la battaglia tra i governativi del presidente Assad e le forze dei ribelli. Si dirigono verso il confine turco, ma Ankara ha deciso di chiudere le frontiere.
Intanto gli Stati Uniti hanno chiesto alla Russia di sospendere i bombardamenti. A tracciare un primo bilancio delle conseguenze umanitarie della battaglia di Aleppo è l’Ufficio dell’Onu per il coordinamento dell’azione umanitaria (Ocha), secondo il quale circa ventimila persone sono ferme al valico di frontiera di Bab El Salam, in attesa di passare in Turchia. Altre diecimila sono arrivate nella città di Asas, a pochi chilometri dalla Turchia. Ankara mantiene per ora chiusi tutti i valichi del confine in prossimità di Aleppo. Secondo il premier turco, Ahmet Davutoğlu, sono in tutto settantamila gli sfollati diretti verso il confine. Sul piano militare, le forze di Assad stanno guadagnando terreno. Gli scontri si concentrano nel settore settentrionale della città; i governativi, supportati dai bombardieri russi, stanno cercando di tagliare le linee di rifornimento dei ribelli. Nelle ultime ore i governativi hanno preso il pieno controllo della città di Ratyan — sobborgo a nord di Aleppo — da più di un anno nelle mani dei ribelli. E intanto, le truppe di Damasco avanzano anche nella regione di Daraa, al confine con la Giordania. L’agenzia ufficiale siriana Sana e siti dell’opp osizione hanno riferito della conquista del villaggio di Atman, alle porte di Daraa. La città, divisa (come Aleppo) tra zone in mano ai governativi e zone in mano ai ribelli, era stata nel 2011 l’epicentro delle proteste antiregime e teatro dei disordini che hanno, in una certa misura, contribuito a innescare la guerra civile. Più di 250.000 siriani sono morti da allora e ben oltre la metà dei 21 milioni di abitanti hanno dovuto abbandonare le loro case, come profughi all’estero o come sfollati in patria. Sul piano politico, il segretario di Stato americano, John Kerry, ha nuovamente esortato Mosca «a non colpire l’opposizione e i civili in Siria, attuando un cessate il fuoco». Kerry ha avuto ieri un colloquio con il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, al quale ha sottolineato la necessità di una immediata cessazione delle ostilità per permettere lo svolgimento dei nuovi colloqui di pace a Ginevra. Medesimo appello è giunto dal segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che ha accusato i russi di aver «sabotato» i colloqui. Il Cremlino, dal canto suo, ha respinto le accuse, affermando di avere «nuove idee» per risolvere la crisi. L’a m b a s c i a t o re russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin, ha detto che i raid in Siria sono del tutto «legittimi» perché è legittimo sostenere gli sforzi del presidente Assad contro i «terroristi » . A Ginevra, intanto, i colloqui di pace sono fermi. Riprenderanno il prossimo 25 febbraio. L’inviato speciale Onu per la Siria, Staffan de Mistura, ha presentato ieri la sua relazione al Consiglio di sicurezza. Non è però soltanto il conflitto civile siriano a impensierire la diplomazia internazionale. Agli scontri tra governativi e ribelli si mescola l’offensiva dei jihadisti dell’Is, che in Siria e in Iraq controllano diverse regioni. Il Pentagono ha accolto ieri con favore l’imp egno dell’Arabia Saudita di inviare truppe di terra in Siria per fermare l’Is. «Accogliamo con favore l’annuncio dell’Arabia Saudita sul fatto che intendono intensificare i loro sforzi contro l’Is», ha detto il portavoce del comando centrale statunitense, Pat Ryder. «Andranno avanti i colloqui con i sauditi e gli altri partner — ha aggiunto — sulle modalità migliori per intensificare gli sforzi della coalizione». Carter vedrà i responsabili della Difesa della coalizione internazionale la prossima settimana a Bruxelles: un summit dove saranno decise le prossime mosse contro i jihadisti.

© Osservatore Romano - 7 febbraio 2016