Appello del patriarca Sako per i siti religiosi iracheni

patrimonio da tutelareABU DHABI, 7. «L’escalation di conflitti religiosi ed etnici in tutta la regione dimostra la necessità urgente di un’azione da parte della comunità internazionale per proteggere e preservare il patrimonio culturale dell’Iraq». È l’appello lanciato dal patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, nel corso della Conferenza internazionale sulla conservazione dei beni culturali a rischio nelle zone di conflitto che si è svolta in questi giorni ad Abu Dhabi, su iniziativa di Emirati Arabi Uniti e Francia in collaborazione con l’Unesco. Affermazione in sintonia con quanto affermato da Papa Francesco nel corso dell’udienza generale del 30 novembre scorso, il quale, proprio in vista di tale conferenza, ha rilevato come questo tema sia «purtroppo drammaticamente attuale». Nella convinzione, ha aggiunto il Pontefice, «che la tutela delle ricchezze culturali costituisce una dimensione essenziale della difesa dell’essere umano, auguro che questo evento segni una nuova tappa nel processo di attuazione dei diritti umani».
In questi ultimi anni, come è noto, le milizie del cosiddetto stato islamico hanno distrutto gran parte del patrimonio artistico e culturale dell’Iraq, l’antica Mesopotamia. Prima il saccheggio di manoscritti e reperti dal museo nazionale iracheno di Baghdad e dal museo di Mosul, e successivamente tanti altri siti di importanza storica sono stati oggetto di depredazioni a opera dei «jihadisti dello stato islamico — ha ricordato durante il suo intervento il patriarca caldeo — che hanno avviato una vera e propria strategia per cancellare tutto ciò che non ha a che fare con l’epoca islamica e che non si adatta con la loro ideologia. A causa della distruzione totale delle moschee di Nabi Younis e Nabi Jarjees, così come di altri importanti siti archeologici (Nimrud e Hatra) e del rogo di centinaia di manoscritti conservati in molte altre chiese e monasteri, la comunità internazionale dovrebbe impegnarsi con il governo iracheno e con altri governi della regione — ha aggiunto — per assicurare e garantire la conservazione e la protezione di questo patrimonio multimillenario e il suo restauro con un team di esp erti». Tuttavia, il patriarca ha ricordato l’immenso lavoro svolto dal domenicano Najib Mussa, che ha fondato il Centre numérique des Manuscrits Orientaux a Mosul, dove fin dal 1990 ha iniziato a documentare e catalogare i manoscritti conservati nelle chiese e nei monasteri, a registrare con telecamere altri 7500 manoscritti e a restaurare alcuni tra quelli danneggiati recentemente dai jihadisti. A Erbil, presso il centro domenicano, sono disponibili cd e cataloghi grazie al lavoro svolto in questi anni. «Ci auguriamo inoltre — ha proseguito il patriarca di Babilonia dei Caldei — che questi luoghi antichi e sacri come le chiese, i monasteri e le moschee siano presto ricostruiti rispettando le loro caratteristiche di un tempo». A oggi, ha ricordato ancora Sako nel suo intervento, la situazione in Iraq è abbastanza instabile e insicura, e nonostante lo stato islamico sia stato respinto in alcune città, «la sua ideologia continuerà a vivere generando nuovi conflitti». Pertanto, ha aggiunto «vorrei proporre tre importanti progetti da attuare prima possibile: innanzitutto occorre creare un luogo sicuro per la conservazione e lo stoccaggio del patrimonio culturale in via di estinzione, con l’accordo o con la convenzione del governo iracheno e la supervisione di un ufficio di monitoraggio delle Nazioni Unite; inoltre, è necessario far arrivare in Iraq degli esperti per la formazione di gruppi di studiosi iracheni per affrontare e gestire al meglio questo immenso patrimonio culturale che è qui da migliaia di anni. In particolare, catalogare, proteggere e ripristinare i manoscritti, i siti storici, gli oggetti antichi, le chiese, i monasteri, le sinagoghe e le moschee. Infine — ha concluso il patriarca di Babilonia dei Caldei — occorre fornire le attrezzature e gli strumenti adeguati alle squadre di esperti irachene al fine di permettere loro di svolgere la loro attività in maniera adeguata e con strumenti moderni e sofisticati».

© Osservatore Romano - 8 dicembre 2016