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DIMANE (Libano), 12. «È tempo di lanciare un appello profetico a testimonianza della verità. Siamo invitati a restare attaccati alla nostra identità orientale e a restare fedeli alla nostra missione. Assumendo la cura del piccolo gregge, noi patriarchi orientali siamo afflitti nell’assistere all’emorragia umana dei cristiani che abbandonano le loro terre natali in Medio oriente».
È uno dei passaggi più significativi del comunicato diffuso ieri dal Consiglio dei patriarchi cattolici d’oriente al termine della sessione annuale svoltasi a Dimane, in Libano, sede estiva del patriarcato maronita, e al quale ha partecipato il nunzio apostolico in Libano, arcivescovo Gabriele Giordano Caccia. A una sessione ecumenica erano presente anche i patriarchi greco-ortodosso Giovanni X Yazigi, siro-ortodosso Ignazio Efrem II , il catholicos della Chiesa apostolica armena Aram I e il presidente della comunità evangelica in Siria e in Libano, Salim Sahyouni. «Restiamo radicati nella terra dei padri e degli antenati — è l’appello — sperando contro ogni speranza in un avvenire in cui, come componenti di un patrimonio autentico e specifico, saremo compresi come delle fonti di arricchimento per le nostre società e per la Chiesa universale in Oriente e in Occidente». I patriarchi esortano a non cessare di proclamare «la verità nella carità, la legittimità della separazione fra stato e religione nella costituzione delle nostre patrie, l’uguaglianza di tutti per diritti e doveri, senza badare all’appartenenza religiosa o comunitaria». Nella nota, ripresa da AsiaNews, il Consiglio rimprovera la comunità internazionale di assistere allo spegnersi, a causa dell’insicurezza e dell’emigrazione, l’una dopo l’altra, delle Chiese orientali in Iraq, Siria, Palestina, Libano, Egitto, senza che la sua reazione sia all’altezza della tragedia. Essi avvertono che, se questo stato di cose continuerà, si tratterà di un vero «progetto di genocidio» e di un «affronto contro l’umanità». Alle Nazioni Unite e ai paesi interessati in modo diretto dai conflitti nella regione «noi domandiamo di fermare le guerre, i cui obiettivi sono ormai chiari: distruggere, uccidere, spingere all’esodo, rilanciare le organizzazioni terroriste, diffondere lo spirito d’intolleranza e di conflitto fra le religioni e le culture. Il prosieguo di questa situazione e l’incapacità a stabilire una pace giusta, globale e duratura nella regione, assicurando il ritorno dei rifugiati e degli sfollati al loro focolare nella dignità e nella giustizia, rimarranno come uno stigma di vergogna per tutto il ventunesimo secolo». I patriarchi cattolici si rivolgono anche a Papa Francesco: «Non siamo una nazione con larghe frontiere, o che attiri l’attenzione dei giganti della finanza; noi siamo ormai un piccolo gregge pacifico. Un piccolo gregge che non conta su nessun altro che voi per invitare i grandi che presidiano ai destini del mondo». Il messaggio coincide con la pubblicazione di cifre eloquenti sulla diminuzione dei cristiani nei vari paesi del Vicino oriente, in particolare in Iraq, Siria e Terra santa (dove rappresentano ormai solo l’1,2 per cento della popolazione); in Siria, a causa della guerra scoppiata nel 2011, il loro numero è in caduta (da 250.000 a 100.000, secondo statistiche recenti). E in Iraq i rappresentanti della comunità cristiana stanno facendo fatica a convincere la popolazione della piana di Ninive a tornare a casa. Fra i partecipanti alla riunione, il cardinale patriarca di Antiochia dei maroniti, Béchara Boutros Raï, il patriarca di Antiochia dei siri, Ignace Youssif III Younan, il patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, Joseph Absi, il patriarca di Alessandria dei copti, Ibrahim Isaac Sedrak, il patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphaël I Sako, e il patriarca di Cilicia degli armeni, Grégoire Pierre XX Ghabroyan.

© Osservatore Romano - 13 agosto 2017

©   https://www.ilcattolico.it/rassegna-stampa-cattolica/dal-mondo/un-piccolo-gregge-pacifico.html