Come rispondere alla sfida dell’islam in Egitto · ​Intervista al gesuita Henri Boulad ·

Henri Boulad gesuitaHenri Boulad, un gesuita che ha trascorso la sua vita in Egitto al servizio degli ultimi, ancora oggi, a quasi novant’anni, non smette di servire e di essere una guida per la comunità egiziana tutta, musulmana e cristiana. In occasione di un

viaggio al Cairo, ho avuto la fortuna d’incontrarlo. L’appuntamento è al Collegio dei Gesuiti al numero 151 di via Ramses. Il Collegio è un austero edificio con un giardino curato con grande dedizione. Si respira un’aria serena. Nell’ingresso, una statua di sant’Ignazio. La fisso e so che tra poco vedrò un uomo che quotidianamente lavora per aiutare i bambini di strada, i drogati, le donne e per costruire dispensari, asili nido e lebbrosari in tutto l’Egitto, dai più piccoli villaggi sperduti fino ad Alessandria e Il Cairo. Segue anche le vocazioni: oggi nel Paese ci sono 40 gesuiti, 12 sono al Cairo. Nato ad Alessandria nel 1931 da una famiglia melchita siriana, sfuggita ai massacri del 1860, entra nei gesuiti a 16 anni. Il suo sogno è cambiare il mondo con l’aiuto di Dio. 

Padre Boulad

Padre Boulad, è riuscito a realizzare il suo sogno?
Per cambiare il mondo bisogna cambiare il cuore dell’uomo. Il futuro dell’umanità dipende da noi, dalla nostra conversione, dal cambiamento di vita della nostra persona.

Le leggi, la politica non bastano: finché non cambieremo l’essere umano dall’interno non avremo fatto nulla. L’unica vera opportunità che abbiamo è la possibilità di cambiare il nostro cuore. E il mio scopo è bruciare il cuore della gente. Risvegliando la fiducia in Dio pieno di misericordia che sempre si china sull’umanità con amore. Abbiamo bisogno di santi e di profeti. I profeti che sono capaci di cambiare la società, che non hanno paura di niente e che hanno il coraggio della verità. Dobbiamo costruire il mondo di domani sulla verità e la verità ci renderà liberi. C’è una lotta quotidiana tra il bene e il male nella società e dentro di noi, che può essere nella mia famiglia, tra la mia gente, nella mia chiesa, nel mio popolo; penso a Gesù che ha affrontato la sua famiglia a dodici anni dicendo «chi sono i miei fratelli? chi è mia madre? Coloro che fanno la volontà di Dio». Già i profeti prima di Gesù, penso soprattutto a Ezechiele, a Geremia, ad Amos, hanno chiamato alla conversione del cuore. E per cambiare il cuore c’è bisogno di educazione a tutti i livelli: umana, spirituale e religiosa.

Ha trascorso gran parte della sua vita in Egitto e conosce a fondo questo Paese. Quale è il ruolo della Chiesa cattolica in Egitto?

La Chiesa cattolica è un’istituzione molto bella e necessaria, ma ha bisogno di un rinnovamento dello spirito. Purtroppo il cristianesimo è diventato soltanto riti, messe, comandamenti e morale. Non basta rinnovare riti e tradizioni, ci deve essere un cambiamento spirituale. La Chiesa ha bisogno di maggiore impegno e di una presenza più forte legata al cambiamento del cuore, testimone dell’amore e della dedizione a Dio pieno di misericordia. E allora il cambiamento della società avverrà di conseguenza. Bisogna ricordare che la Chiesa è per il mondo e non il mondo per la Chiesa. Ma intendo la Chiesa intesa come corpo mistico di Cristo e non come Chiesa istituzionale. Un salto di coraggio e la sua sola presenza sono sufficienti per cambiare. Ripeto: abbiamo bisogno di santi e di profeti per il cambiamento. Tutto si gioca a livello spirituale e morale. Siamo in una fase di grandi rivolgimenti sotto molti aspetti: sociali, familiari, religiosi, politici. Un eccesso di tradizione senza un’autentica visione spirituale può uccidere la religione, ma quando noi rigettiamo le tradizioni anche questo può uccidere la religione. In Europa hanno gettato via tutte le tradizioni, per reinventare la Chiesa, il mondo, la società, ma è un disastro: senza radici l’albero è fragile. La tragedia dell’Europa e dell’Occidente in generale è che vuole reinventare l’uomo e la famiglia, per creare di testa sua e rigettare tutte le leggi e le tradizioni, per reinventare l’uomo e le strutture profonde della società: il risultato è che la situazione della famiglia è drammatica e senza la famiglia tutto si sgretola. Questo avviene perché a muovere la società è un principio edonista e non un principio morale. C’è poi un grande fraintendimento tra la legge e la libertà. In realtà la vera libertà è in schemi molto precisi.

Quale è il rapporto tra le Chiese in Egitto?

Le Chiese in Egitto stanno lavorando insieme a un riavvicinamento. La maggioranza dei cristiani in Egitto è ortodossa e il nuovo Papa Teodoro ii è molto aperto, ma incontra una resistenza terribile dentro la sua Chiesa come accade a noi, per la stessa ragione, ma penso che i giovani vogliano una Chiesa unita, che non significa omologata, uguale, ma diversa; sono stanchi di conflitti teologici che non hanno senso per la vita e non interessano nessuno. La divisione tra le Chiese è una lotta per il potere e la Chiesa è sì santa in teoria, ma deve essere santa anche nel concreto e quando i capi della Chiesa avranno la possibilità di lavare i piedi ai popoli concretamente e di essere servitori allora qualcosa cambierà. I giovani sono la speranza della Chiesa e del mondo, ma spesso la Chiesa e molti sacerdoti sono distanti dai giovani. Però sono ottimista e penso che la sfida dell’islam potrebbe spingere la Chiesa a unirsi, a diventare una Chiesa diversa: una nella carità e a non dare più tanta importanza soltanto al dogma. La storia dei Concili è molto lontana dai giovani. Papa Francesco ha sentito questo e parla un altro linguaggio. 

di Rossella Fabiani

©  http://www.osservatoreromano.va/it/news/   12.4.2017