Cristiani esemplari

000 Nic621125pSOFIA, 22. Per il ruolo di primo pia-no svolto durante la seconda guerra mondiale contro le leggi razziali e per salvare la comunità ebraica dalla deportazione: è la motivazione con la quale Lachezar Toshev, vicepresi-dente della delegazione bulgara all’assemblea parlamentare del Con-siglio d’Europa, ha proposto la can-didatura della Chiesa ortodossa bul-gara al Premio Nobel per la Pace 2013, la cui assegnazione avverrà in ottobre. «Le iniziative per salvare gli ebrei bulgari dalla Shoah — ha spiegato Toshev — non sono molto conosciute in ambito internazionale sebbene esista un numero sufficiente di documenti che lo provano». No-nostante la Bulgaria fosse sotto il controllo del regime nazista, la Chiesa ortodossa si oppose pubbli-camente alle leggi razziali e alla de-portazione degli ebrei verso i campi di concentramento: una scelta che ha rappresentato «un precedente a livello mondiale», un gesto corag-gioso in quanto la Chiesa ortodossa bulgara «ha messo a repentaglio il proprio futuro nel nome della difesa di una minoranza appartenente a un’altra religione». Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario di quello storico avve-nimento: era infatti il marzo 1943 quando quarantatré parlamentari — su pressione del vicepresidente dell’Assemblea nazionale, Dimităr Pe šev — votarono contro la deporta-zione di quarantottomila ebrei, spin-gendo lo zar Boris III a omologare la decisione. Si trattò di una vittoria civile, che coinvolse gran parte della società bulgara, numerosi intellet-tuali e appunto la Chiesa ortodossa, allora guidata dall’esarca Stefan e dal metropolita Kiril, futuro Patriar-ca. «Preghiamo il re — scrisse Stefan in un memorandum a nome del si-nodo — di annullare il provvedi-mento e di impartire un ordine im-periale per l’abolizione definitiva della legge antiebraica. Con questo nobile gesto, vostra maestà rimuove-rà il sospetto che la Bulgaria sia pri-gioniera della politica antiebraica di Hitler e permetterà alla nostra pa-tria di non macchiarsi di un orrendo crimine contro l’umanità». Durante la seconda guerra mon-diale, «la Bulgaria fu l’unico Paese europeo a preservare interamente dalla deportazione la propria comu-nità ebraica», ha raccontato a Mo-ked (portale dell’ebraismo italiano) Zhelyu Zhelev, presidente della Re-pubblica bulgara dal 1990 al 1997, ricordando quanto Pešev, i respon-sabili della Chiesa ortodossa, intel-lettuali e tante persone comuni con-tribuirono a salvare dallo sterminio quasi cinquantamila ebrei bulgari. Secondo Zhelev, dissidente sotto il regime comunista ed eroe naziona-le, la Bulgaria è storicamente un buon esempio di tolleranza, rispet-to, convivenza e dialogo tra le fedi, altrimenti non sarebbe stato «l’uni-co Paese europeo» a salvare quasi tutti i suoi ebrei. «I rappresentanti della Chiesa ortodossa — afferma l’ex capo dello Stato — dissero al Governo collaborazionista “se de-portate gli ebrei bulgari noi ci sdraieremo sulle rotaie per impedir-velo”. E molte dimostrazioni e pres-sioni, in particolare il 24 maggio (festa della cultura bulgara), furono fatte perché venisse revocato l’o rd i -ne di far partire i treni della morte» verso Auschwitz. Va ricordato che anche la Santa Sede — tramite Angelo Giuseppe Roncalli (futuro Papa Giovanni XXIII), all’epoca arcivescovo titolare di Mesembria e delegato apostolico in Grecia e in Turchia — fece sentire la sua voce, esercitando pressioni su Boris III e sul Parlamento bulgaro affinché si opponessero al diktat tedesco, come raccontato del resto da numerosi storici citati dall’Inter-national Raoul Wallenberg Founda-tion nel «The Roncalli Dossier» (documentazione sottoposta all’at-tenzione dello Yad Vashem per il conferimento a Giovanni XXIII del titolo di Giusto tra le nazioni).

 

© Osservatore Romano - 23 marzo 2013