(cinema-TV) La serie turca Ethos mette in scena due universi in cui niente è come sembra

turchia by Emma NeriSorpresa. Chi si fosse stancato di Bridgerton e di Lupin, due tra le serie top di Netflix, può rovistare tra le pieghe del network e trovare un piccolo gioiello dal titolo retro, Ethos. Piccolo solo dal punto di vista quantitativo – una stagione, otto puntate da quaranta minuti circa –, perché come qualità è un gigante. Prodotto in Turchia per il web nel 2020, è diretto da un autore di teatro, Berkun Oya, e interpretata dalla crème dello spettacolo turco. Nomi di star che a noi dicono poco o niente (Öykü Karayel, Fatih Artman, Funda Eryiğit, Defne Kayalar, Tülin Özen) ma che, alla prova dei fatti, lasciano a bocca aperta. Il titolo originale, tradotto con il termine Ethos sul mercato occidentale, suona Bir Başkadir, che significa “è altro” o “è un’altra cosa”: un’espressione tratta dal verso di una canzone celebre in Turchia negli anni ’70.
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