Invocazione e giudizio per il bene di tutti

gerusalemme alba fill 333x236Nei primi dieci giorni di ogni nuovo anno ebraico, secondo la tradizione, l’Eterno giudica ogni persona, ogni popolo, ogni nazione, e l’umanità nel suo insieme. Sono gli Yamin Noraim, giorni tremendi, pieni di supplica e preghiera, per il benessere individuale e di tutti.

Una delle frasi più significative che s’intercala nella liturgia degli Yamin Noraim si può tradurre così: «Ricordaci per la vita, re che desidera la vita e iscrivici nel libro della vita, per il tuo proposito, Signore della vita». Questa frase ha in sé uno dei motivi più importanti di queste festività, in quanto, essendo il momento in cui Dio giudica l’umanità e il destino della sua esistenza, a livello sia individuale sia collettivo, l’invocazione delle preghiere è che il suo giudizio sia misericordioso e che continui a rinnovare le nostre possibilità di esprimerci nella vita con pienezza.

La concezione biblica dell’esistenza è un cantico alla vita, dove il termine si ritrova concatenato con ciò che è spirituale, giusto e misericordioso; una vita che sa dell’amore, dell’affetto.

Mosè, in una delle ultime lezioni rivolte al suo popolo, quale messaggio che riassume tutti gli insegnamenti per i presenti e per tutte le generazioni a venire, esclamò: «Ho posto come testimoni i cieli e la terra, la vita e la morte ho posto davanti a te, la benedizione e la maledizione, e sceglierai la vita, perché possa vivere tu e la tua discendenza» (Deuteronomio, 30, 19). Qui “vita” si deve interpretare come l’esistenza in cui l’individuo si manifesta in accordo con i principi che Dio ha rivelato al popolo.

Nei Salmi (115, 17) si evidenzia: «I morti non lodano Dio, né quelli che sono discesi nel sepolcro. Ma noi benediremo Dio da ora per sempre, lodate Dio». La vita è, secondo questi versetti, un’opportunità per rendere degna l’esistenza. Ciò che ci unisce a Dio è che lui è il creatore della vita e in essa si trovano scintille, per così dire, della sua divinità.

Dio è definito in molti versetti della Bibbia come «Dio vivente» (Giosuè, 3, 10; Osea, 2, 1; Salmi, 42, 3 e 84, 3). L’esistenza, in dimensioni infinitamente diverse, serve da tetto comune tra l’uomo e il suo Creatore. In Geremia, 10, 10 il profeta definisce Dio con queste parole: Dio il Signore è la Verità, è il Dio vivente e il Re eterno.

È questa la quintessenza delle preghiere di questi giorni di invocazione, giudizio, supplica di misericordia e di pietà. Chiedere per continuare ad avere la possibilità di offrire qualcosa d’importante e di significativo alle nostre esistenze, e così facendo onorare colui che insieme ai nostri progenitori ci ha donato la nostra vita. «Ricordaci per la vita, re che desidera la vita e iscrivici nel libro della vita, per il tuo proposito, Signore della vita». Ricordaci in mezzo alle miserie nostre e altrui, in mezzo alle nostre cecità spirituali e a quelle dei nostri vicini; ascolta il nostro grido affinché il mondo in cui si svolge la vita abbia come valori comuni tra tutti i popoli e le nazioni la pace, la giustizia e la misericordia che ognuno sa trovare nella sua ricerca del senso dell’esistenza.

di Abraham Skorka

© Osservatore Romano - 9 settembre 2018