Mondo Secondi i dati Oxfam le donazioni dei paesi ricchi sono al livello più basso dal 2012. Diminuisce il sostegno ai paesi in via di sviluppo L'Osservatore Romano

poveri nel deserto 112I paesi ricchi donano sempre meno. Nel 2018 gli aiuti complessivi dei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) verso le nazioni in via di sviluppo ha raggiunto la soglia minima dal 2012. Lo denuncia il rapporto diffuso ieri da Oxfam, che mostra come i dati relativi alla spesa complessiva effettuata l’anno scorso dai 30 paesi membri sia scesa del 2,7 per cento rispetto al 2017: l’anno scorso i paesi ricchi hanno destinato in media solo lo 0,31 per cento del proprio reddito nazionale lordo, ben al di sotto dell’obiettivo dello 0,7 per cento previsto dall’Agenda per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Dal 2012, per la prima volta quest’anno, si assiste a una riduzione degli aiuti internazionali in settori e paesi cruciali. «La povertà — sostiene Oxfam — potrà essere sradicata solo se nei prossimi anni saranno finanziati interventi che abbiano al centro strumenti concreti di riduzione delle disuguaglianze nei paesi in via di sviluppo». «L’anno scorso con lo 0,30 per cento di aiuto pubblico, avevamo raggiunto con tre anni di anticipo sulla tabella di marcia l’obiettivo intermedio fissato entro il 2020 — spiega Petrelli — mentre oggi ogni traguardo appare lontano e, soprattutto, rimane puro slogan quell’incitamento ad aiutare i più poveri a casa loro».
Francesco Petrelli, senior advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia ha denunciato: «L’aiuto allo sviluppo proveniente dai paesi ricchi è solo di poco superiore alle fortune dell’uomo più facoltoso del mondo». Un’equivalenza che da sola basta a descrivere le disparità nella distribuzione della ricchezza. «Il drastico calo degli aiuti ai più poveri e vulnerabili è desolante, perché in fondo non si sta facendo altro che voltare le spalle a chi lotta per la sopravvivenza». La riduzione è solo in parte giustificata con il taglio della spesa per l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo.
Un triste scenario in cui emerge una diminuzione del 31,9 verso i paesi dell’Africa sub-sahariana (da 324, 8 milioni di dollari nel 2017 a 221,3 del 2018), meno 17,2 per cento verso i paesi meno sviluppati (da 326,5 milioni di dollari nel 2017 a 270,5 nel 2018), meno 37,7 per cento per i costi dei rifugiati, dovuto in gran parte alla diminuzione dei flussi migratori verso le coste italiane.
Il primato dello 0,7 per cento resta a Svezia, Norvegia, Regno Unito, Lussemburgo e Danimarca. Agli ultimi posti, stando all’Ocse, è l’Italia. Dai 5.858,03 milioni di dollari nel 2017 si è passati ai 4.900,1 milioni di dollari nel 2018, pari allo 0,23 per cento del reddito nazionale lordo e in netto calo rispetto allo 0,30 per cento del 2017. Ai paesi a minore tasso di sviluppo (Ldcs), l’Italia destina lo 0,06, rispetto allo 0,15 per cento raccomandato dall’Onu, pur trattandosi di 22 paesi prioritari per la cooperazione italiana.

L'Osservatore Romano, 12-13 aprile 2019