L’appello del Papa - Il Libano rischia il collasso

libano collassoPer assicurare un Medio Oriente plurale, tollerante e diversificato, è assolutamente necessario che il Libano mantenga la sua identità unica nella regione. Questo l’accorato appello per la Terra dei Cedri lanciato da Papa Francesco durante il discorso dell’8 febbraio al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il Paese, a poco più di sei mesi dalla terribile esplosione che ha distrutto il porto e vari quartieri di Beirut, è sull’orlo del

fallimento finanziario e ha bisogno più che mai di stabilità politica per avviare un urgente processo di riforme che permettano una ripartenza dell’economia e la ricostruzione, anche per evitare, come dichiarato dal Santo Padre stesso, la «possibile conseguenza di pericolose derive fondamentaliste».

In questo momento la crisi interna, politico-istituzionale ed economica, è talmente forte che il Paese corre il serio rischio di perdere la propria identità multi-confessionale, delineata anche dalla Costituzione. Per questo, secondo il Pontefice, sono due gli obiettivi da perseguire per favorire la stabilità del Libano ed evitare di abbandonarlo nella sua solitudine con il pericolo di una rischiosa implosione: da una parte un rinnovato impegno politico nazionale e internazionale; dall’altra, allo stesso tempo, è di importanza fondamentale che la presenza cristiana possa continuare a offrire la propria opera per il bene del Paese, contribuendo al suo sviluppo «attraverso le molteplici opere educative, sanitarie e caritative», e non sia ridotta a una minoranza da proteggere. «I cristiani costituiscono il tessuto connettivo storico e sociale del Libano» ha sottolineato Francesco e per questo motivo, ha spiegato, «indebolire la comunità cristiana rischia di distruggere l’equilibrio interno e la stessa realtà libanese».

L’esplosione del 4 agosto al porto di Beirut ha aggiunto l’elemento finale, distruttivo e dirompente allo stesso tempo, sulla città simbolo del Paese, la capitale, e sulla sua popolazione, già da tempo esposta a un impoverimento tangibile e psicologicamente sempre più fragile per la perdita di ogni speranza. Circa trecentomila furono le persone sfollate durante le prime ore dell’emergenza seguita all’esplosione, che andarono ad aggiungersi al drammatico bilancio di oltre duecento vittime e 7.500 feriti. Tuttavia, secondo gli analisti, già prima di questo tragico evento il Libano stava attraversando la peggiore crisi degli ultimi 30 anni, aggravata dall’arrivo della pandemia di covid-19, con un debito pubblico che nel 2020 ha raggiunto i 93 miliardi di dollari, pari al 170 per cento circa del prodotto interno lordo e con tassi di disoccupazione, povertà e suicidi mai così alti.

Troppe volte negli ultimi cento anni di storia, da quando cioè il 1° settembre 1920 nacque lo Stato del Grande Libano, si è vissuta la sensazione che il Paese dei Cedri fosse ingovernabile e in equilibrio precario nonostante fosse luogo di incontro di religioni e culture e di rifugio per i più vulnerabili dell’intera regione mediorientale, in particolare siriani e palestinesi. Ora la prospettiva, purtroppo, è quella di una sempre maggiore frammentazione, che unita alla grave crisi morale, sta conducendo il Paese alla deriva.

Simbolo di tale rovinoso processo il ritorno degli omicidi a sfondo politico. Giovedì 4 febbraio è stato ritrovato morto nel sud di Beirut, Lokman Slim, noto attivista politico, intellettuale, fondatore e direttore di Umam, una delle più importanti organizzazioni non governative libanesi. Slim, proveniente da famiglia sciita, da anni era fortemente critico con Hezbollah, il movimento sciita libanese, e per questo più volte aveva ricevuto minacce. L’uccisione è stata condannata dall’Onu e dall’Unione europea, così come dal presidente della repubblica libanese, Michel Aoun, da Hasan Diab, il primo ministro dimessosi dopo l’incendio di Beirut, e dal neo premier, Saad Hariri, che da quando è stato nominato, il 22 ottobre scorso, non è ancora riuscito a formare un governo. Anche Hezbollah, tramite un comunicato, ha condannato l’assassinio di Slim.

di Fabrizio Peloni

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