Apertura dell’anno accademico del Pontificio Istituto Orientale - Roma, venerdì 12 novembre 2021

pio liturgiaProlusione del Gran Cancelliere Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali per l’apertura dell’anno accademico del Pontificio Istituto Orientale - Roma, venerdì 12 novembre 2021 A.D.

Reverendissimo Padre Delegato del Vice Gran Cancelliere e Preposito Generale della Compagnia di Gesù,

Reverendissimo Padre Rettore,

Eccellenze Reverendissime

Autorità Accademiche, Docenti, Personale non Docente, 

Cari Studenti,

1.Il primo saluto va proprio a voi, che tornate più numerosi in presenza a questo atto solenne, che vede ancora una volta radunata la comunità accademica del Pontificio Istituto Orientale per iniziare il cammino: lo abbiamo fatto in due tempi, dapprima con la Divina Liturgia secondo la tradizione alessandrina ge’ez, qualche settimana fa, ed oggi con la nostra assemblea. Nel mezzo, un arco di preghiera, preparazione ed avvio dei corsi e dei seminari, con il rinnovarsi della componente degli studenti ed in parte anche di alcune figure di formatori: ai partenti e agli entranti va l’attestazione della nostra gratitudine e il nostro augurio, perché qui come altrove cresca la nostra appartenenza al Signore Gesù e la nostra dedizione alla missione che la Chiesa ci affida ad ogni livello. Il rendimento di grazie al Signore si è levato con la lingua e la liturgia di popoli, quali quelli dell'Etiopia e dell’Eritrea, che vivono mesi di angoscia per l’aggravarsi del conflitto nel Tigray, realtà tragica che sembra dimenticata dai media internazionali e dai governi del mondo; oggi siamo qui radunati nella memoria di san Giosafat, e il nostro cuore palpita col ritmo di quello dei fratelli e delle sorelle di quelle zone dell’Europa orientale che furono visitate dal suo ministero. Tutti ci stringiamo in preghiera perchè si realizzi il desiderio del Signore nell’Ultima Cena “Ut unum sint!”. 

2. La fedeltà al Successore dell’Apostolo Pietro ci chiede di confermare l’impegno ad un cammino sinodale che in quest’aula abbiamo più volte evocato negli anni scorsi: non si tratta come ricorda spesso Papa Francesco di una questione tecnica o di potere, ma di una dimensione anzitutto spirituale e di uno stile proprio dell’essere della Chiesa, che preveda come elementi ineludibili quello dell’ascolto e del discernimento, prima di ogni decisione. L’imminenza del centenario dell’affidamento alla Compagnia di Gesù della direzione di questo Pontificio Istituto sprona anzitutto i discepoli di Sant’Ignazio a mettere in atto la sapienza che storicamente viene loro riconosciuta nel guidare il processo verso l’unificazione tra Università Gregoriana, Istituto Orientale ed Istituto Biblico: in questo modo si darà piena attuazione a quanto stabilito in partenza dal chirografo di Papa Francesco,  ma se non si curano attentamente i singoli passi, le dinamiche umane e professionali, gli aspetti contrattuali per i lavoratori, lo stile di ascolto e collaborazione, la stima gli uni per gli altri, quello che era in potenza nell’esistente Consorzio Gregoriano, forse non sempre creduto e attuato da tutti, potrebbe restare tale anche con l’unificazione giuridica. Ci vuole pertanto una quotidiana pazienza, come di artista, che resta in ascolto della propria opera, e la sa mettere a punto e perfezionare perché resti nel tempo a testimonianza della sua passione e della sua creazione. In questo caso però parliamo non del prodotto dell’estro umano, ma di un’opera comune che custodisce e trasmette il tesoro della sapienza che viene dall’Oriente e con essa prepara le giovani generazioni e il futuro delle Chiese di quei territori e di quelli tradizionalmente latini.

3. Nel parlare di formazione dei giovani mi torna nel cuore il recente viaggio nell’amata e martoriata Siria, come la definisce Papa Francesco: ripenso ai volti e alla condivisione di molti di loro, che a Damasco mi hanno confidato i loro sogni e i loro dolori, insieme alle attese sulle rispettive Chiese di appartenenza, capaci queste ultime certo di sostenere, ma pure con alcune tensioni e contro-testimonianze. Non posso dimenticare però anche “i posti vuoti”, quelli lasciati dalle centinaia di virgulti della terra siriana, che in questi dieci anni di conflitto sono stati portati via dal servizio militare, dalla violenza o sono stati rapiti e di loro non si sa più nulla, come Padre Michele, il giovane sacerdote armeno che fu borsista a Roma, e del quale ho incontrato e consolato la famiglia ad Aleppo. Molti altri sono partiti e partono, raggiungendo spesso dopo itinerari pericolosi l’Europa, le Americhe o l’Australia: sono certamente anche siriani quelli intrappolati nella foresta e nella morsa del gelo al confine tra Bielorussia e Polonia. Alla vita di stenti e al freddo, qualcuno potrebbe commentare, sono già abituati da troppo tempo, perché per molti versi la situazione non era diversa nella madrepatria, ma imperdonabile resta il rischio di rimanere indifferenti alla loro sorte ovunque essi si trovino. 

4. Tornano alla mente le parole del Pontefice Benedetto XV, Fondatore della nostra Congregazione come pure di questo Pontificio Istituto: il 5 agosto 1921 egli rivolgeva al Cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato, una epistola “Le notizie” sulla condizione di miseria in cui versava il popolo russo. Sono parole di un padre, di una Autorità morale del mondo che sente il gemito di coloro che soffrono e fa appello a tutti, a cominciare dai popoli cristiani: valgono oggi per tante crisi, alcune delle quali in territori che ho già citato e da cui provengono anche alcuni studenti “ci troviamo di fronte ad una delle più spaventose catastrofi della storia… questo grido, signor Cardinale, ci ha ferito profondamente. Si tratta di un popolo già sommamente provato dal flagello della guerra; di un popolo, sui cui brilla il carattere di Cristo e che ha sempre voluto fortemente appartenere alla grande famiglia cristiana…Noi sentiamo il dovere di fare tutto il possibile nella Nostra povertà per soccorrere i figli lontani. Ma la vastità della rovina è tale che tutti i popoli debbono unirsi per provvedere; e nessuno sforzo, per quanto grande, riuscirà di troppo dinanzi all’immensità del disastro. Perciò la invitiamo, Signor Cardinale, a mettere in opera i mezzi che sono a sua disposizione per far presente ai Governi delle varie Nazioni la necessità di una pronta ed efficace azione comune. Il Nostro appello innanzitutto va ai popoli cristiani... e poi a tutti gli altri popoli civili, perché ogni uomo, degno di questo nome, deve sentire il dovere di accorrere dove muore un altro uomo”.

5. Il Pontificio Istituto Orientale non può sottrarsi al dovere della riflessione, rigorosa e teologicamente strutturata, nel solco delle parole pronunciate da Papa Benedetto XVI nell’omelia di apertura dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, il 10 ottobre 2010: “Dio si rivela così come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (cfr. Es 3,6), che vuole condurre il suo popolo alla “terra” della libertà e della pace. Questa “terra” non è di questo mondo; tutto il disegno divino eccede la storia, ma il Signore lo vuole costruire con gli uomini, per gli uomini e negli uomini, a partire dalle coordinate di spazio e di tempo in cui essi vivono e che Lui stesso ha dato. Di tali coordinate fa parte, con una sua specificità, quello che noi chiamiamo il “Medio Oriente”. Anche questa regione del mondo Dio la vede da una prospettiva diversa, si direbbe “dall’alto”. Più in queste aule si scopriranno le radici delle tradizioni teologiche, liturgiche, disciplinari e spirituali delle Chiese dell’Oriente cristiano, più crescerà la consapevolezza del dovere rendere ragione della speranza che da queste radici scaturisce, per i fratelli e le sorelle di quelle terre, e attraverso di loro per tutti noi. Lo confermano i gesti di Papa Francesco: nell’elenco dei Viaggi Apostolici di questi anni mancano certamente Paesi importanti, mentre sono presenti non pochi territori orientali, come l’imminente Visita a Cipro e Grecia, e nel passato vicino o lontano, l’Iraq, l’Egitto, la Bulgaria, la Macedonia del Nord, la Turchia, la Palestina, Israele, la Giordania, l’Ungheria e la Slovacchia, insieme al vivo desiderio di potersi recare pellegrino in Libano. Il Dicastero insieme alle Agenzie della ROACO ha in animo di organizzare proprio nella Terra dei Cedri una Conferenza per ricordare i dieci anni della promulgazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, firmata da Papa Benedetto XVI il 14 settembre 2012, ma sarebbe auspicabile che anche l’Istituto Orientale possa individuare alcuni focus tematici da riprendere e sviluppare secondo le rispettive competenze delle due Facoltà in cui è suddiviso: sarebbe interessante per esempio riprendere i numeri 29 e 30 su laicità e fondamentalismo, e quelli 60 e 61 sul ruolo della donna specie in relazioni agli statuti personali applicati in molti Paesi del Medio Oriente con le relative competenze dei diversi tribunali ecclesiastici: “nelle vertenze giuridiche che, purtroppo, possono opporre l’uomo e la donna soprattutto in questioni di ordine matrimoniale, la voce della donna deve essere ascoltata e presa in considerazione con rispetto, al pari di quella dell’uomo, per far cessare certe ingiustizie. In questo senso, bisognerebbe incoraggiare un’applicazione più sana e più giusta del diritto della Chiesa. La giustizia della Chiesa deve essere esemplare a tutti i suoi livelli e in tutti i campi che essa tocca. Bisogna assolutamente aver cura che le vertenze giuridiche relative a questioni matrimoniali non conducano all’apostasia. Inoltre, i cristiani dei paesi della regione devono avere la possibilità di applicare nel campo matrimoniale e negli altri campi il loro diritto proprio, senza restrizione”.

6. Quelle citate lungo il mio intervento sono soltanto alcune provocazioni e consegne che sottintendono però un metodo di lavoro: aver presente la storia, con le sue date e i relativi anniversari, anzitutto per ricordare. Senza questa attenzione al cammino che ci ha preceduto, riprendendo e modificando una nota espressione, rimarremo come nani che sono precipitati dalle spalle dei giganti, brancolando feriti nel buio e venendo schiacciati dagli eventi che ci sovrastano. Dall’altro lato però, i cristiani d’Oriente sono definiti i “testimoni viventi delle origini apostoliche”: le radici, dunque, rimanendo innestate nella vite che è Cristo e attingendo allo Spirito santo che è la linfa vitale, crescono e si sviluppano nell’oggi, nei territori di antico e nuovo insediamento, con le domande e le sfide che sono poste ai discepoli di Gesù. Salvaguardando il deposito della fede consegnatoci dagli apostoli e dai Padri della Chiesa, nel loro solco ci poniamo le domande su come esso illumini e sostenga il quotidiano nostro e delle rispettive Chiese di provenienza. Se il cuore dell’accademico e dello studente però non sa inginocchiarsi ogni giorno dinanzi al Verbo fatto carne rimane quello di un funzionario del sapere e non di un teologo, di un rubricista anziché di un celebrante dei misteri che ci danno la salvezza, di un esperto di codici e impedimenti anziché della Legge della Chiesa che è Madre e Maestra. Quando la teologia, la liturgia, il diritto divengono strumenti di lotta partigiana tra fazioni, la tunica di Cristo rimasta intatta prima della Crocifissione viene lacerata dalle discussioni umane, tutte animate da buone intenzioni, ma che ultimamente offuscano l’unico necessario, il Signore Gesù. 

7. Possa il Pontificio Istituto Orientale, la cui missione dovrà permanere intatta pur in nuove modalità operative e di gestione, formare generazioni di sacerdoti, religiosi, religiose, laici, costruttori di ponti di comunione nelle Chiese e tra le Chiese, e sapienti tessitori di tessuti variopinti che ultimamente però restituiscano l’immagine della comunione con Dio e con gli uomini. Gli interventi che abbiamo ascoltato, del Padre Rettore del Pro Decano della Facoltà di Scienze Ecclesiastiche e del Decano della Facoltà di Diritto Canonico Orientale, mi pare garantiscano che si possano realizzare questi nostri sogni. Con questo auspicio e mandato, come Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Orientale, dichiaro aperto l’anno accademico 2021/2022!
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