I colori del cristianesimo orientale

cretien d orientProprio nei giorni in cui si celebra il triste anniversario del barbaro attentato del 13 novembre 2015 perpetrato dai sedicenti discepoli di Deach, Parigi non ha paura di rivelare un’anima cristiano-orientale. Sì, non avrei altri termini per definire questo movimento culturale che investe la

capitale francese se non quello di un desiderio di ritrovare le radici di un legame storicamente fondato, quello della “protezione” dei cristiani d’oriente. In molte altre occasioni Parigi ha dato prova di questa attenzione, ma stavolta c’è di più. 

Sì, perché quando è l’Institut du Monde arabe che organizza una mostra sui cristiani d’oriente in stretta collaborazione con l’Œuvre d’Orient, allora la prospettiva diventa molto più interessante e può addirittura essere il segnale di un cambiamento di visione. L’Institut du Monde arabe è una espressione della volontà politica francese di dare spazio al mondo arabo in Francia. Inaugurato nel 1987, questo stesso anno celebra il trentesimo anniversario dalla sua apertura. E non è un caso che proprio alla fine di questo anno sia dato uno spazio particolare ai cristiani d’oriente, che parlano arabo e sono profondamente legati alla cultura araba.
La mostra e le iniziative associate vedono il concorso in particolare dell’Œuvre d’Orient, associazione nata all’indomani del trattato di Parigi (1856) per venire in aiuto dei cristiani d’oriente, all’epoca sotto la protezione della Francia. Monsignor Pascal Gollnisch, attuale direttore generale si prodiga per sensibilizzare il mondo francese, cattolico e non, alle spinose questioni legate a una presenza tanto fondamentale quanto sospesa tra vita e morte nelle regioni vicino e mediorientali. Il segnale è talmente chiaro che come se non bastasse alla collaborazione tra l’Institut du Monde arabe e l’Œuvre d’Orient, è stato associato anche il prestigioso Collège des Bernardins.
Questi ha ospitato, martedì 14 novembre, nei luminosi spazi del Collège des Bernardins un ricco dibattito. Il convegno ha visto la partecipazione di Yousif Thomas Mirkis, arcivescovo caldeo di Kirkouk, invitato d’onore della serata. È una voce potente perché senza rinunciare alla denuncia della situazione di estrema difficoltà nella quale si trova questa parte di mondo, non cede alla tentazione della rassegnazione, ma invita alla speranza e la infonde con grande efficacia.
Il tema della serata è la distruzione della memoria come arma di guerra e monsignor Mirkis è evidentemente un testimone privilegiato di quella che sembra un’inesorabile realtà: la pianificata cancellazione delle tracce cristiane dalla carta geografica in tali regioni. Interviene anche monsignor Pascal Gollnisch che gli fa eco senza aver paura di lanciare parole forti nei confronti di politiche che non rivolgono alcuna attenzione a intere popolazioni — o meglio minoranze — che subiscono di continuo esazioni e persecuzioni. Intervengono anche Bernard Heyberger, eminente specialista della questione d’oriente e dei cristiani orientali, e la scrittrice musulmana Karima Berger che mostra il sostegno ai cristiani d’oriente condannando la distruzione della cultura giudeo-cristiana nelle terre mediorientali, affermando che l’ebraismo e il cristianesimo debbono essere considerati come le sorelle maggiori dell’Islam. Si tratta di un’idea emozionante da accogliere con grande attenzione in un’epoca di conflitto, reale o apparente tra le tre religioni monoteiste.
A questo proposito, un’altra mostra in corso fino al 21 gennaio al museo dell’immigrazione di Parigi, Lieux saints partagés. Coexistences en Europe et en Méditerranée (catalogo omonimo a cura di Dionigi Albera e Manoël Pénicaud, Arles, Actes Sud, 2017, pagine 128, euro 22), racconta dei luoghi santi condivisi. Che dire delle croci fatte con i legni delle barche zattere della salvezza che approdano a Lampedusa e che qui si possono ammirare? E della devozione comune al monastero di San Giorgio nell’isola dei Principi al largo di Istanbul? Il percorso merita la riflessione sulla ricchezza di una spiritualità condivisa nella pratica a cui non sempre si vuole prestare attenzione.
È allora quanto mai suggestivo attraversare Parigi e osservare locandine gigantesche dedicate alle mostre sui cristiani d’oriente o sui luoghi santi condivisi. Che forse la luce dei cristiani d’oriente possa aiutare il paese delle Lumière a riscoprire una sua vocazione particolare? C’è da augurarselo per la figlia maggiore della Chiesa e soprattutto per i cristiani d’oriente.

da Parigi Alberto Fabio Ambrosio

© Osservatore Romano   22.11.2017