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Verso il sinodo della Chiesa caldea

Luis R. SakoBAGHDAD, 23. La prossima beatificazione di quattro martiri — padre Ragheed Ganni, sacerdote cattolico caldeo, ucciso il 3 giugno 2007 dopo aver celebrato messa a Mosul assieme ai tre suddiaconi Basman Yousef Daud, Wahid Hanna Isho e Gassan Isam Bidawed —, l’ordinazione di cinque sacerdoti in Iraq nel giro di un solo mese alla quale ne seguiranno delle altre nella diocesi statunitense di Detroit e in Svezia, il ritiro spirituale che si terrà in Iraq dal 4 al 7 giugno a cui parteciperanno sacerdoti, monaci e i vescovi della Chiesa caldea, infine il sinodo che, dal 7 al 13 dello stesso mese, si riunirà per scegliere i nomi dei vescovi per le attuali sedi vacanti e discutere di vari temi: è stata un’omelia ricca di notizie quella pronunciata domenica scorsa dal patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphaël I Sako, nella cattedrale di San Giuseppe a Baghdad. Come riferisce il sito Baghdadhope, ripreso dal Sir, nel giorno dell’annuncio della sua nomina a cardinale ha parlato della Pentecoste come una festa di speranza: «La nostra Chiesa, nonostante tutte le dure circostanze e sofferenze, è aperta alla vita e al rinnovamento.
Ci sono segnali positivi». Tra essi, appunto, «l’annunciata beatificazione di quattro martiri». Il patriarca ha sottolineato il ritorno di oltre ottomila famiglie nella piana di Ninive e parlato delle recenti elezioni che fanno sperare nella formazione di «un forte governo democratico e civile». Un governo che tratti le persone allo stesso modo, capace di aprire una nuova pagina di relazioni equilibrate fra le alleanze politiche, «lontano da clientelismo, pregiudizi e ambizioni ristrette», che sappia puntare a migliorare l’Iraq a ogni livello creando un equilibrio politico tra tutte le forze nazionali attive sul terreno, al fine di raggiungere la maturità desiderata nel considerare opinioni e atteggiamenti diversi. Da parte di Sako anche l’auspicio che il nuovo processo politico porti all’adozione di leggi che salvaguardino allo stesso modo i diritti, le libertà e le dignità dei cittadini, consolidi l’unità del popolo iracheno e usi tutti i mezzi per ricostruire le case distrutte delle famiglie sfollate per accelerare il loro ritorno dopo una così lunga sofferenza. Riguardo al risultato elettorale dei cristiani, il patriarca di Babilonia dei caldei si è congratulato con i cinque nuovi deputati cristiani, esprimendo l’augurio di «un lavoro di squadra per stabilire eccellenti relazioni con i colleghi del Parlamento così da raggiungere gli obiettivi comuni che riguardano tutti noi, a prescindere dalle affiliazioni nazionali, etniche, religiose e politiche». Poche parole poi per descrivere la sorpresa per la sua nomina a porporato (come annunciato da Papa Francesco, il concistoro per la creazione di quattordici nuovi cardinali si terrà il 29 giugno), definita «segno vitale della Chiesa irachena e dello Spirito santo», sottolineando ancora una volta, a conclusione dell’omelia, la bellezza e l’importanza di «tutti questi segni nella nostra terra stanca, proprio come Ezechiele vide speranza e segni di vita nella terra di Babilonia più di duemilacinquecento anni fa. Dobbiamo renderci conto che Dio è una fonte di amore, attenzione e cura per tutti noi, e che non ci lascerà in alcuna circostanza. Invito lo Spirito santo a moltiplicare i segni della vitalità in questi giorni e a fare di questa festa un’occasione per rinnovare il nostro impegno e il nostro grazie a Dio e alla Chiesa per la nostra sicurezza». Giorni fa, in una dichiarazione, il pensiero di Sako era corso a «tutti coloro che sono stati uccisi in odio alla fede», come monsignor Paulos Faraj Rahho (l’a rc i v e scovo di Mossul dei caldei assassinato nel marzo 2008) o appunto padre Ragheed Ganni e i suoi compagni, il cui martirio dona «valori spirituali che riempiono la nostra vita di speranza, dignità umana, tolleranza e pace», valori che «aiuteranno la nostra nazione a rialzarsi e a liberarsi da ogni forma di terrorismo, uccisioni, distruzioni, per godere di sicurezza, stabilità, prosperità economica e sociale». Parole che il patriarca aveva già usato nel messaggio scritto per la commemorazione dei martiri caldei, celebrata il 6 aprile: «Noi cristiani non abbiamo spade ma solo le armi della pace, della preghiera, della convivenza armoniosa. La nostra vocazione è perdonare settanta volte sette, vale a dire sempre. Siamo chiamati a essere artigiani di pace, costruttori di speranza e di dialogo. I nostri fratelli musulmani apprezzano questa nostra cultura di pace». Sako nei giorni scorsi, ad Ankawa (sobborgo cristiano di Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno), ha presieduto l’ordinazione di quattro nuovi sacerdoti, alla presenza del nunzio apostolico in Giordania e in Iraq, arcivescovo Alberto Ortega Martín, dei vescovi caldei Shlemon Warduni, Basel Yaldo, Jacques Ishaq, Thomas Meram, e del corepiscopo Philip Najim. La Chiesa assira d’O riente era rappresentata dal suo patriarca, Gewargis III Sliwa, e dall’a rc i vescovo di Erbil, Abris Youkhana, quella siro-ortodossa dal vescovo di Mosul, Nicodemus Daoud Sharaf. I quattro nuovi sacerdoti ordinati dalla Chiesa caldea sono padre Waeel Ablahad Ayoub Alshaby, dell’arcidiocesi di Mossul, padre Hani Khamis Gargis, dell’eparchia del Cairo, padre Eilram Yunus Aslan, della diocesi iraniana di Urmia, e padre Zahir Abdul Latif Jameel Babaca. «Questa ordinazione ad Ankawa che precede di tre settimane quella di un sacerdote a Baghdad — ha detto il patriarca al termine della sua omelia — è segno di speranza per la Chiesa caldea ma anche un messaggio di sfida in queste difficili attuali circostanze e la prova della vitalità della nostra Chiesa».

© Osservatore Romano - 24 maggio 2018