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«Sì, gli ortodossi amano Papa Francesco»

mgr job representera dorenavant patriarcat aupres conseil oecumenique eglises geneve25/06/2016  Intervista con l’arcivescovo Job of Telmessos, rappresentante permanente a Ginevra del Patriarcato di Costantinopoli presso il Consiglio ecumenico delle Chiese. Grande affetto e rispetto per Bergoglio, anche se il dialogo è bloccato: «La Commissione internazionale di dialogo tra cattolici e Chiesa ortodossa che stava discutendo sul primato è arrivata a un punto su cui è difficile andare avanti. Dal lato della Chiesa cattolica romana vescovi e teologi non vogliono esplorare il secondo millennio, perché la Chiesa di Roma è preoccupata di rivedere o correggere ciò che è successo in quel periodo».

Splende il sole sul santo e grande Concilio ortodosso. Sia in senso letterale che spirituale. Nel lembo più occidentale dell’isola di Creta, le dieci delegazioni convenute per l’assise delle Chiese ortodosse (14 quelle che dovevano partecipare, ridotte a dieci dopo la defezione last minute di Bulgaria, Georgia, Antiochia e Mosca), fanno i conti con i 40 gradi che picchiano senza tregua, ma anche con il gusto tutto nuovo di ritrovarsi faccia a faccia a parlare. E’ la prima volta che accade dopo migliaia di anni. Così, nonostante il disagio provocato dalle defezioni e la consapevolezza che i nodi da sciogliere sono tanti e intricati – per problemi accumulati nei secoli, per l’intreccio tra religione e politiche nazionali, per la difficoltà di far quadrare la tradizione con le domande della contemporaneità – predomina la voglia di considerare questo evento come un primo passo verso un cammino che farà dei Concili degli appuntamenti sistematici, probabilmente uno ogni dieci anni. 

 

In questi giorni le 290 persone radunate all’Accademia ortodossa di Creta, hanno discusso, si sono confrontate sui testi preparatori (la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, la diaspora ortodossa, l’autonomia delle Chiese e il modo di proclamarla, l’aggiornamento delle norme sul digiuno, i rapporti con le altre Chiese cristiane, gli impedimenti per la celebrazione del matrimoni) e ora stanno procedendo alla firma dei documenti e alla stesura dell’enciclica e del messaggio che verranno diffusi alla fine del Concilio, il 25 giugno prossimo. Con l’arcivescovo Job of Telmessos, rappresentante permanente a Ginevra del Patriarcato di Costantinopoli presso il Consiglio ecumenico delle Chiese (l’organismo fondato nel 1948 che raggruppa 345 Chiese tra Protestanti, Ortodossi, Anglicani, e altre Chiese in rappresentanza di oltre 550 millioni di cristiani in oltre 120 paesi) proviamo a capire i temi più interessanti emersi in questi giorni.

In generale a suo parere quali sono state le luci e quali le ombre?

Naturalmente l’ombra è data dal fatto che quattro Chiese hanno deciso di non venire, sebbene avessero partecipato alla preparazione di questo Concilio fino all’ultimo momento. E’ stata una sorpresa, non abbiamo capito questo cambiamento improvviso. È molto triste per noi. Doveva esserci più discussione hanno detto, ma avevamo deciso di parlarne al Concilio, per questo siamo qui. E’ sicuramente stata una grande esperienze di luce la gioia di discutere insieme, la presenza dello Spirito Santo che ci unisce e ci aiuta a prendere decisioni nello spirito del consenso. Tutti noi presenti abbiamo percepito la necessità di continuare questo Concilio con sessioni regolari.

 

Cosa si farà con le Chiese che non sono venute?

Le Chiese che non sono venuto non hanno deciso di fare uno scisma, sono ancora in comunione e in comunicazione con noi. Vedremo cosa succederà. Ma sicuramente continueremo a essere in contatto.

Sono emersi altri temi di discussione che non erano in agenda?

Per esempio l’arcivescovo Anastasio di Albania ha chiesto di cambiare il metodo per prendere le decisioni che oggi è basato sul consenso… Abbiamo discusso solo quello che avevamo in agenda, non potevamo cambiare quello che era stato deciso. Il metodo del consenso, se il Concilio lo deciderà, come hanno suggerito molti primati , sarà nell’agenda futura. Questo Concilio non credo possa approvare l’agenda futura, che va decisa dalle future sinaxi (cfr incontri) dei primati.

 

Uno dei temi caldi è stato quello della diaspora. Qual è la situazione oggi tra le antiche Chiese e le giovani Chiese sorelle?

Il problema, detto con grande sintesi, è che con la diaspora molti vescovi sono sullo stesso territorio canonico e a volte hanno anche lo stesso titolo. Per esempio c’è il metropolita di Germania per il patriarcato ecumenico e poi il metropolita di Germania per quello di Antiochia. E potremmo continuare. Non è solo un problema dal punto di vista canonico, secondo il quale ci deve essere un solo vescovo in una sola città, ma è anche un problema pratico, crea confusione nei rapporti all’esterno. Il Concilio ha deciso che per il momento - il documento dice fino a quando i tempi saranno più maturi - non c’è soluzione per risolvere questa anomalia canonica e ha deciso di puntare a una soluzione transitoria, con le Assemblee episcopali (consigli dei vescovi presenti sullo stesso territorio). Per il futuro cercheremo almeno di non avere persone con lo stesso titolo.

Papa Francesco è una risorsa in questo momento o un problema per le Chiese ortodosse?

Gli ortodossi amano papa Francesco, perché è molto carismatico, e sin dall’inizio del suo pontificato ha mostrato amore e amicizia per la Chiesa ortodossa. Siamo stati tutti colpiti dal fatto che dopo la sua elezione si è presentato come “il nuovo vescovo di Roma”. Un titolo fedele alla tradizione, che è piaciuto molto agli ortodossi. Speriamo che con lui continui non solo l’amicizia personale ma anche il dialogo teologico.

 

Già, perché il dibattito teologico si è bloccato tra cattolici e ortodossi proprio sulla questione del primato…

La Commissione internazionale di dialogo tra cattolici e Chiesa ortodossa che stava discutendo sul primato è arrivata a un punto su cui è difficile andare avanti. Dal lato della Chiesa cattolica romana vescovi e teologi non vogliono esplorare il secondo millennio, perché la Chiesa di Roma è preoccupata di rivedere o correggere ciò che è successo in quel periodo. Per noi, invece, il primato è una difficoltà non solo per la relazione con Roma, ma per gli stessi ortodossi, in quanto alcuni non accettano la primazia del “primus inter pares…” (cioè il primato d’onore che spetta al patriarca di Costantinopoli). Questa la ragione principale per cui alcune Chiese non sono venute al Concilio, la primazia tra gli ortodossi.

A questo proposito mentre la Chiesa di Costantinopoli ha dalla sua la storia, la dignità e l’onore del primato, dall’altro lato c’è Mosca che ha milioni di fedeli e tanto potere. Come evolverà questa situazione in futuro, visto che gli ortodossi in Turchia sono sempre di meno?

Con numeri e statistiche bisogna essere molti cauti. Perché nella storia della Chiesa mai il numero ha fatto l’autorità. Per esempio sin dall’inizio la missione degli apostoli ha avuto più impatto sui gentile che sul giudaismo, ma non credo che oggi, considerando i numeri, qualcuno possa dire che la cristianità viene dai gentili e non dalla comunità dei giudei. Nessuno può rigettare le radici ebraiche dei cristiani. E’ lo stesso oggi per ragioni storiche ci sono più cristiani a Mosca che a Instambul, anche se non dobbiamo dimenticare il numero dei cristiani in diaspora, che fanno parte del Patriarcato di Costantinopoli. Infine di cosa parliamo quando presentiamo i numeri degli ortodossi russi, o dei paesi dell’ex unione sovietica, visto che la Russia oggi è un paese molto secolarizzato e la partecipazione alla Chiesa è del 5 per cento della popolazione?

 

Lei è osservatore permanente al Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc), che la Georgia e altre Chiese ortodosse contestano. L’ecumenismo è un soggetto di divisione?

Sono il rappresentante permanente del Patriarcato ecumenico al Consiglio ecumenico delle Chiese. Le Chiese ortodosse sono tra i membri fondatori del Wcc e tutte le Chiese autocefale sono diventate membro del Wcc. Poi nel 1997 e nel 1998 due Chiese sono uscite, la Bulgaria e la Georgia. Le encicliche del 1902 e 1904 del patriarca ecumenico Ioachim III hanno sottolineato il tema della nostra relazione con il resto del mondo cristiano. Nell’incontro di Rodi nel 1961 questo tema fu accolto positivamente, per questo le Chiese hanno deciso di non solo di partecipare al Wcc, ma di mandare degli osservatori al Vaticano II. Da questo viene la scelta di parlarne in questo Concilio, non è un tema nuovo preparato in pochi giorni o che viene da Ginevra. Insomma se due Chiese hanno deciso di uscire dal Wcc e ora hanno problemi con il movimento ecumenico, non è per problemi teologici ma perché hanno delle piccole frange di fondamentalisti, che fanno molto rumore, e temono possa esserci uno scisma nelle loro Chiese. Non è un problema esterno, ma interno alle Chiese.


©  http://www.famigliacristiana.it/articolo/si-gli-ortodossi-amano-papa-francesco.aspx    25.6.2016