INTERVISTA CON P. EDWARD FARRUGIA DECANO DELLA FACOLTA' DI TEOLOGIA DEL PIO

edward-farrugia-1.jpg28 gennaio 2009


Padre Farrugia, è complicato fare il Decano di Teologia?

E' un lavoro molto intenso e faticoso. Sono al mio secondo (e ultimo) mandato, e dopo quattro anni devo dire che è un incarico che richiede molta pazienza e molta coerenza: bisogna saper offrire a tutti un servizio coerente e chiaro, essere come il buon pastore e pascere tutte le pecore del gregge, proteggere i più deboli, sostenere i colleghi. Bisogna saper essere giusti, tenendo conto che tutti possiamo sbagliare, ed essere sempre equilibrati, rappresentando l'istituzione e accogliendo le persone con grande umanità.


Quindi non è un solo un freddo lavoro scientifico?

Anzi, è un lavoro pastorale di grande importanza, in cui avere cura di tante persone che vengono affidate, certamente per un lavoro accademico, ma con tante esigenze. Bisogna preparare bene i corsi, avere cura degli studenti, e ci sono tante preoccupazioni da tenere sempre presenti. Ovviamente non si può inventare o cambiare molto, ma anche in un lavoro amministrativo si cerca l'aspetto pastorale, la premura. Non si tratta solo di aumentare il numero degli studenti o il successo dei corsi, ma di stabilire un ordine complessivo, armonizzando tutte le realtà in modo democratico.


Che tipo di studi propone la Facoltà di Teologia?

All'inizio della sua esistenza, il PIO era soltanto una facoltà di teologia, anzi di scienze ecclesiastiche orientali, in cui teologia, liturgia, storia e diritto canonico erano unite, come discipline sorelle che devono rimanere insieme. Poi si è creata una facoltà di diritto canonico a se' stante, ma il diritto e la teologia hanno comunque bisogno l'uno dell'altra. In assoluto esiste un primato della teologia; è il diritto canonico che è «uscito» dalla teologia, e non viceversa.

La teologia orientale ha un respiro particolare?

In Occidente distinguiamo molto i vari settori degli studi teologici, mentre in Oriente la dogmatica, la spiritualità, la liturgia, i canoni, sono molto più legati tra di loro. Certo la storia può essere più indipendente come argomento (lo dico anche pensando ai miei studi di Tubinga). Deve sempre rispettare l'unità del sapere teologico, ma è meno legata nel suo svolgimento. Per questo promuoviamo una maggiore indipendenza del settore storico, che in futuro potrebbe diventare una facoltà a sè stante, per avere maggiore respiro. Infatti una facoltà di storia potrebbe essere più accessibile anche ai laici, che non hanno la possibilità di seguire tutto il curriculum degli studi teologici; il Concilio Vaticano II ha fatto una grande apertura alla missione dei laici nella Chiesa, ma non si sono create molte opportunità per dare loro spazi di servizio adeguato. Fatte salve le regole e le procedure per i titoli accademici, potremmo invitare i laici a studiare la storia, dando allo stesso tempo la possibilità di fare molta teologia e spiritualità; perlomeno è un'ipotesi che si può valutare. I decreti di fondazione del PIO riflettono questo tipo di duttilità, quando appunto si afferma che non si tratta semplicemente di un Istituto teologico, ma di scienze ecclesiastiche, che è un concetto più ampio.


Qual'è oggi il messaggio che trasmette la teologia orientale?

L'Oriente cristiano spesso si identifica con la parola ortodossia, cioè la verità del dogma: la teologia è il dogma vissuto, celebrato, sperimentato. La verità cristiana è sempre una, quella di Cristo, non c'è una verità orientale contrapposta a una occidentale; tuttavia, in Oriente essa assume una dimensione più integrale e integrativa. In Occidente il dogma è trattato un po' come il peccato mortale, con dei criteri rigidi: questo è peccato, questo non lo è. E' un approccio un po' limitato, quasi infantile, mentre l'idea di dogma è estremamente ricca. La spiritualità è il dogma vissuto, il dogma è la spiritualità meditata e riflessa. Ricevere i Sacramenti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo vuol dire articolare nella propria vita la fede trinitaria. Prima di tutto si fa esperienza di Dio; le formule dogmatiche sono elaborazioni di questa esperienza nelle parole sintetiche che la Chiesa sceglie per comunicare la rivelazione ricevuta. In Occidente c'è un approccio più rigido, in Oriente più comprensivo al riguardo. Così i Concili sono considerati anzitutto delle testimonianze della Chiesa alle verità perenni, a cui non serve anzitutto una struttura filosofica e apologetica, anche se la riflessione filosofica non viene certo negata, fin dai grandi Padri della Chiesa.


Si può dire che le teologia orientale è più legata alla spiritualità?

In Occidente diamo molto sostegno alla teologia con la filosofia, che è comunque importante; in Oriente le verità di fede vengono anzitutto celebrate. La Pasqua, il Natale coinvolgono i fedeli con le loro lunghissime liturgie; le categorie filosofiche servono prevalentemente per l'apologetica, per spiegare la fede agli estranei o agli avversari, mentre ai fedeli si presentano con «l'innocenza amorosa dello sposo per la sposa» (Isaia). Possiamo dire che i due approcci sono comunque complementari, sono davvero due "i polmoni" della fede cristiana.


La teologia orientale è essenzialmente studio della patristica?

Ci sono due direttive di questo studio, che tradizionalmente sono significate dai due termini «patrologia» e «patristica» (oggigorno spesso identificate). La patrologia è una disciplina storica, che muove dal periodo della Chiesa primitiva, quello dei «padri apostolici», mentre la patristica è lo studio del dogma nell'espressione dei Padri. I due aspetti sono strettamente legati, anche i dettagli della vita dei Padri spesso rivelano elementi di profondo significato teologico. Non intendo solo la curiosità storiografica, tipo se S. Atanasio era calvo, ma episodi e storie rivelatrici. Per esempio, proprio nella vita di S. Antonio scritta da S. Atanasio si parla del governatore Nestore, che voleva distruggere le prime comunità monastiche, e venne ucciso dal morso di un cavallo: una versione parla del cavallo di un vicino, un'altra del suo stesso cavallo (come è rappresentato in una immagine che sta al Collegio Russicum), esprimendo in questo diverse interpretazioni della giusta fine del persecutore. Nell'esperienza si descrivono le verità della fede, come nei testi di Diadoco di Foticea sul discernimento spirituale, in cui si sviluppa una fondamentale riflessione antropologica. La questione riguarda il Battesimo: come mai nel battezzato sussistono le tentazioni della carne? Diadoco spiega che il demonio prima si trovava dentro l'anima dell'uomo, ora tenta di penetrarvi da fuori, ma la grazia battesimale impedisce la coabitazione con lo Spirito Santo. Così l'evento del Battesimo è presentato non come un fatto a sè stante, quasi un incidente di percorso, che capita e poi scompare, ma come un itinerario di profonda elevazione della grazia. I Sacramenti si comprendono in una prospettiva ecclesiale ampia ed efficace, non individuale e giuridica. Nella teologia proclamiamo la vicinanza di Dio con parole semplice ed immediate, che raggiungono e illuminano gli uomini assai più della teologia «dotta». Le scienze ecclesiastiche sono, insomma, una visione complessiva che ci fa conoscere la tradizione dei santi padri in modo molto più completo ed incisivo.


Accanto alla patristica si dà quindi grande importanza alla liturgia.

Mi viene in mente l'opera del nostro compianto p. Arranz, che era così legato da rapporti di amicizia con il nuovo patriarca di Mosca Kirill.. Anche la liturgia in Occidente spesso viene trattata come una questione tecnica di apprendimento e riproduzione dei riti, anche se Prospero di Aquitania era l'autore del famoso detto lex orandi, lex credendi. In Oriente si sente di più che l'asse della teologia passa attraverso la liturgia, come mostrava mirabilmente il nostro p. Hausherr, forse il più grande tra i maestri della teologia orientale al PIO. Egli affermava che se un dogma non promuove la spiritualità, probabilmente è stato formulato male. Al PIO abbiamo avuto grandi specialisti degli studi liturgici: proprio di recente abbiamo pubblicato nella collana degli Orientalia Christiana Analecta un'altra opera imponente di p. Taft, ma penso anche al p. Mateos, da molti considerato il fondatore di una vera e propria scuola di liturgia comparativa. Del resto le tradizioni liturgiche dell'Oriente sono molto varie, e gli specialisti che da noi le hanno studiate e le studiano sono molto numerosi; i testi di p. Arranz oggi sono pubblicati anche in russo, tra i docenti attuali molto importanti sono gli studi di p. Giraudo sulle anafore, e in particolare sull'anafora di Addai e Mari. Dopo questi grandi maestri c'è stata come una pausa, ma ora ci sono dei giovani gesuiti pronti a continuare la loro opera. Così il nostro Istituto cerca di non venire mai meno alla sua missione, producendo sempre nuove generazioni di specialisti.


Le sembra che tutte le discipline siano oggi sufficientemente coperte?

Noi abbiamo sempre moltissimi indirizzi da seguire, e non sempre emergono in tutti dei maestri di pari livello. Agli inizi abbiamo avuto dei grandi dogmatici come l'assunzionista Jugie, che ha lasciato un'opera monumentale, ma poi sono venuti tanti altri. Il lavoro di p. Hausherr sulla spiritualità è stato portato avanti magnificamente dal p. Spidlik, oggi cardinale, dando alla spiritualità orientale un carattere completo e sistematico, ma c'era anche il prof. Kologrivoff, che studiava la spiritualità russa con un approccio un po' diverso, e anche questa è una ricchezza. Il diritto canonico ha preso una sua strada autonoma, ma sempre radicata nella teologia; sarebbe un peccato dividerli totalmente e cedere alla tentazione di dimenticare la natura teologica del diritto, come se i canoni fossero dei segnali del traffico. Con p. Zuzek il diritto canonico orientale ha fatto un grande balzo in avanti, diventando una realtà codificata, una disciplina propria che esprime una sintesi originale delle varie tradizioni dell'Oriente cristiano. Prima di lui c'era stato il p. Herrmann, un grande canonista del periodo della guerra. Potremmo parlare a lungo degli studi di storia e di archeologia, con percorsi molto specifici e diversi da quelli delle facoltà occidentali. Come ho già detto, in campo liturgico dopo aver raggiunto le vette sembrava che ci fosse una certa stasi, ma ora comincia, speriamo, una nuova fioritura di giovani liturgisti.

In realtà, abbiamo bisogno di ripensare e riformulare il nostro programma, per renderlo più attuale e adeguato a nuove esigenze, che in Oriente vuol dire per lo più tornare alle fonti. P. Arranz diceva che se il PIO non fosse esistito, si sarebbe dovuto inventare, e forse bisogna reinventarlo anche oggi. L'Oriente cristiano ha ancora molti tesori da scoprire, e il momento presente è favorevole a una nuova ondata di grazia per aprire questi scrigni.

La facoltà di Diritto Canonico ha tratto grande giovamento dai nuovi regolamenti che si è dato di recente, dopo l'approvazione del Codice, con l'obbligatorietà dei tre anni di studi, compiendo grandi progressi. Con il nuovo rettore p. Vasil' si sta impostando una revisione simile anche per gli studi della facoltà di Scienze Ecclesiastiche. Un giorno forse arriveremo a fare una vera università dell'Oriente cristiano, sempre per un gruppo ristretto di studiosi (non potrebbe certo diventare di massa), ben preparati a comprendere ed esprimere pienamente la cattolicità della Chiesa di Cristo.


Intervista raccolta da p. Stefano Caprio


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