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Il patriarca Bartolomeo per la grande Quaresima. La comune lotta del digiuno

bartolomeo agnellinoDentro a un mondo di molteplici turbamenti, l’esperienza ascetica dell’ortodossia costituisce un preziosissimo capitolo spirituale, una fonte inesauribile di conoscenza di Dio e dell’uomo: a sottolinearlo è il patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, che nel discorso catechetico per l’inizio della santa e grande Quaresima ricorda che «l’ascesi benedetta, il cui spirito impregna l’intero nostro modo di vivere, non costituisce un privilegio di pochi o di eletti, ma è un atto ecclesiastico, un bene, una benedizione, una chiamata comune per tutti i fedeli, senza eccezione».

E cita la prima lettera ai Corinzi: «Nessuno cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri» (10, 24). Tale è lo spirito che predomina durante tutto il lungo corso storico dell’ortodossia. Spirito che si esalta in periodo quaresimale, «stadio delle lotte ascetiche, per purificare noi stessi, con la collaborazione del Signore, in preghiera, digiuno e umiltà, e per apprestarci a vivere con entusiasmo la Passione e a festeggiare la Resurrezione di Cristo Salvatore». Bartolomeo cita il Nuovo Meterikon (Nuovi detti delle Madri del deserto) per descrivere «l’ethos di rinuncia dal “mio” in nome dell’amore». L’uso sacrificale della libertà «è estraneo allo spirito della nostra epoca, che identifica la libertà con rivendicazioni personali e con il legittimismo». Invece, nella visione ortodossa, la libertà «non esige ma condivide, non reclama ma si sacrifica. Il fedele ortodosso sa che l’indipendenza e l’autosufficienza non affrancano l’uomo dal giogo dell’io, dell’autorealizzazione e dell’autolegittimazione. La libertà per la quale Cristo ci ha liberati (Galati, 5, 1) attiva le forze creative dell’uomo, si realizza come negazione dell’autosegregazione, come amore non prestabilito e comunione di vita». L’ethos ascetico ortodosso «non conosce divisioni e dualismi, non rifiuta la vita ma la trasfigura. La visione dualistica e il rifiuto del mondo non sono cristiani. L’autentico ascetismo è luminoso e amico degli uomini» ed è «caratteristico dell’autocoscienza ortodossa che il periodo del digiuno sia impregnato di gioia della croce e della resurrezione».
Inoltre, prosegue il patriarca ecumenico, «le lotte ascetiche degli ortodossi, come anche complessivamente la nostra vita spirituale e liturgica, effondono il profumo e la luce della Resurrezione. La Croce si trova al centro della devozione ortodossa; non è tuttavia il punto finale di riferimento della vita della Chiesa. Questo è l’ineffabile gioia della Resurrezione, e la Croce costituisce la via verso di essa». Pertanto, anche durante il periodo della grande Quaresima, «la quintessenza vitale degli ortodossi rimane il desiderio della “comune Resurrezione”». L’invito dell’arcivescovo di Costantinopoli è quindi a pregare «di essere resi degni» di percorrere, in obbedienza alla regola della tradizione ecclesiastica, la “comune lotta” del digiuno che «sopprime le passioni», aiutando coloro che soffrono e che hanno necessità, «perdonandoci gli uni gli altri e “rendendo grazie in ogni cosa” (1 Tessalonicesi, 5, 18)».
Il discorso sarà letto nelle chiese durante la Domenica dei latticini, il 10 marzo, subito dopo il Vangelo. Quella domenica è chiamata così perché la settimana precedente gli ortodossi non mangiano carne, ma solo prodotti lattiero-caseari, uova e pesce.


© Osservatore Romano - 7 marzo 2019