Perché tutti siano una cosa sola

assisi arcobalenoIl documento della Commissione teologica internazionale sulla sinodalità   -  di ALENKA ARKO *

Il “cammino insieme” (in greco sýnodos ) è il paradigma della storia della salvezza, il paradigma dell’alleanza che Dio stipula con l’umanità. Dio infatti crea l’essere umano, uomo e donna, a sua immagine, a immagine della comunione trinitaria, perché vuole che egli e in lui tutto il creato partecipi alla pienezza della sua vita.
Poi lungo la storia e in tutte le sue traversie egli lo accompagna con amorosa premura. Raggiungere il traguardo finale del cammino tracciato è infatti sempre grazia. L’Antico Testamento testimonia che Dio convoca Abramo e la sua discendenza, il popolo eletto, perché sia il primo frutto e il lievito della comunione da espandersi su tutta l’umanità. Il cammino del Popolo di Dio è però tortuoso, ed è tale per la durezza del cuore umano che si oppone in tanti modi alla comunione. Sono soprattutto i profeti che di continuo richiamano alla conversione e allo stesso tempo incoraggiano a proseguire il cammino perché Dio è fedele. Egli nella sua misericordia è sempre disposto a rinnovare il cuore umano, a risanarlo. Egli prepara una nuova alleanza, non più incisa sulle tavole di pietra, ma nei cuori che lui stesso trasformerà (cfr. G e re mia , 31, 31-34), l’alleanza che sarà sigillata dallo Spirito del Signore effuso su tutti (cfr. Gioele, 3, 1-4). La nuova alleanza viene stipulata in Gesù, Figlio prediletto del Padre, nella sua Pasqua. Dalla croce egli attira tutti a sé (cfr. Giovanni , 12, 32) e risorgendo riprende la vita per donarla quale vita filiale e fraterna a coloro che credono in lui. Per questo Gesù si identifica come “via” ( hodós ). Egli — il mistero della sua persona — è il rapporto stretto con il Padre a cui lo Spirito conduce quando dona la possibilità di entrare nella dimora di Dio, il compimento del cammino di ogni singolo e di tutta l’umanità (cfr. Ap o c a l i s s e , 21, 3). I suoi discepoli — il nuovo Popolo di Dio, la Chiesa — infatti vengono chiamati discepoli della “via” (cfr. At t i degli apostoli , 9, 2; 18, 25; 19, 9). Un’altra immagine biblica per la Chiesa e significativa per il tema della sinodalità è quella paolina del corpo. Il corpo è una realtà compaginata e ordinata. In esso tutte le membra sono necessarie, e nessuna di esse è superiore o inferiore. Tutte le membra godono della stessa dignità che scaturisce dal battesimo (cfr. Galati, 3, 28; 1 Corinzi , 12, 13) e tutte sono responsabili per la vita della comunità secondo il proprio dono ( chárisma ) gerarchico o carismatico ricevuto «secondo la misura di Cristo» ( Efesini , 4, 7) in vista dell’utilità di tutti. È significativo che Paolo tra i doni ricevuti metta sempre al primo posto il carisma degli apostoli, di cui Simon Pietro è il capo (cfr. 1 Corinzi , 15, 5) e considera che il dono più alto sia quello della carità (cfr. 1 Corinzi, 12, 31). La Chiesa Corpo di Cristo viene costituita dalla partecipazione a un unico pane (cfr. 1 Corinzi , 10, 17), alla sinassi eucaristica. L’immagine usata dall’ap ostolo non a caso fin dall’epoca patristica ispirò la riflessione sulla comunione ecclesiale. Perciò ci è lecito dire che l’eucaristia, il sacramento dell’unità, è il luogo ordinario della sinodalità — come evento, processo, ma anche compreso nell’aspetto di soggetti riuniti, mettendo in risalto la partecipazione strutturata al mistero di Cristo — celebrata dai ministri ordinati e distribuita a tutti «nell’attesa della sua venuta», fino alla fine dei tempi. La Chiesa ha una chiara coscienza di questo — la comunione sacramentale è il segno della comunione ecclesiale, ma anche l’invio alla missione affinché fosse adempiuta la preghiera di Gesù: «Perché tutti siano una cosa sola» ( Giovanni, 17, 21). La sinodalità nel suo dispiegarsi storico ha una struttura istituzionale, normativa, canonica. La forma originaria in cui si manifesta la vocazione sinodale del popolo di Dio nell’Antico Testamento è quahal / eda , il primo termine spesso tradotto in greco con ekklesía . È significativo che essa non sia costituita solo dagli uomini, ma pure dalle donne, dai bambini e dai forestieri (cfr. Giosuè, 8, 33.35). Il Nuovo Testamento invece ci presenta un vero e proprio evento sinodale — il cosiddetto concilio apostolico di Gerusalemme (cfr. Atti degli apostoli, 15 e anche Galati, 2, 1-10) che tratta una questione riguardante l’identità della Chiesa — e quali condizioni imporre ai gentili per essere ammessi tra il popolo di Dio. Ed è significativo che il discernimento di una questione così importante venga fatto dagli apostoli alla presenza di tutta la comunità di Gerusalemme. La storia della Chiesa dopo questo incipit testifica un susseguirsi di sinodi e concili sia a livello di Chiesa locale che universale, convocati per trattare questioni teologiche, liturgiche, canoniche e pastorali. Vediamo che tale strumento ecclesiale conosce periodi di attuazione molto intensa seguiti da periodi caratterizzati da un affievolirsi della prassi sinodale. La storia testimonia anche che, nonostante le divisioni che hanno ferito e feriscono la comunione ecclesiale, i processi e gli eventi sinodali sono tanto significativi per la vita della Chiesa che si conservano anche nelle Chiese e comunità ecclesiali ora separate dalla Chiesa cattolica. Per questo non sorprende che negli ormai duemila anni della storia della Chiesa si sia costantemente riproposta la prassi sinodale, sia da parte dei sinodi e concili stessi che prescrivevano una certa regolarità della convocazione, sia da parte della vita consacrata (monaci di Cluny e gli ordini mendicanti) e dai capitoli delle chiese cattedrali nel medioevo, sia dai singoli vescovi (san Carlo Borromeo a Milano, san Toribio de Mogrovejo a Lima) nel periodo di controriforma, o da alcuni teologi (John Henry Newman, Antonio Rosmini, Johann Adam Möhler) nell’intento di valorizzare il sensus fidei fidelium e quindi la partecipazione attiva di tutti i battezzati alla vita della Chiesa nel XIX secolo. Il concilio Vaticano II ha tracciato poi importanti presupposti teologici della sinodalità: la concezione misterica e sacramentale della Chiesa; la sua natura di popolo di Dio pellegrinante nella storia verso la patria celeste; la dottrina della sacramentalità dell’episcopato e della collegialità in comunione gerarchica con il vescovo di Roma. I Pontefici a loro volta negli ultimi cinquant’anni promuovendo l’ecclesiologia della comunione hanno proposto strumenti specifici per saldarla e continuano a ricordare nel loro magistero che una Chiesa sinodale è ciò che il Signore desidera e si aspetta.

*Docente del seminario maggiore Maria Regina degli Apostoli a San Pietroburgo

© Osservatore Romano - 6 maggio 2018