La venuta del Messia - di ABRAHAM SKORKA

sinai 01La speranza di un mondo di concordia e armonia, in cui gli istinti distruttivi dell’umanità possono essere controllati e il potenziale spirituale insito negli esseri umani si manifesta al massimo grado, ha raggiunto piena espressione in seno al popolo ebraico nella generazione di Isaia, Osea, Michea e Amos. È nei loro testi che l’immagine di un re che avrebbe guidato il popolo ebraico con giustizia e bontà appare per la prima volta in maniera chiara, immaginando una realtà in cui la pace verrà raggiunta dall’intera umanità e in cui Dio sarà pienamente rivelato a tutti i popoli e le nazioni.
Da allora, il concetto del Ma shiach — l’“unto”, in lingua ebraica (perché versare olio sul capo faceva parte del rito di incoronazione di un re) — è diventato un tema centrale nella fede d’Israele. Esso fu collegato con “l’ultimo giorno”, tempo escatologico in cui queste immagini profetiche si sarebbero materializzate diventando reali. Tali concetti sono elementi fondamentali negli scritti di tutti i profeti successivi, fino ai testi di Aggeo, Zaccaria e Malachia, e anche in Daniele, nei rotoli del Mar Morto e negli apocrifi. Sono essenziali per comprendere la vita di Gesù e i libri dei Vangeli, come anche altri scritti nella Bibbia cristiana. La controversia tra i primi seguaci di Gesù e quegli ebrei che non accettavano ciò che veniva detto di lui dopo la sua morte derivava dalle loro diverse interpretazioni di tali testi profetici. Dopo la costituzione delle prime comunità cristiane in Medio oriente, il dibattito proseguì in vari modi. Nel trattato Sanhedrin del Talmud babilonese (99b-99a) appaiono diversi commenti sulla venuta del Messia. Uno dei saggi afferma che il suo nome sarà Menachem, colui che porta consolazione. Altri gli attribuiscono nomi diversi. Nel Talmud di Gerusalemme (Berakhot, capitolo 5, pagina 5, colonna 1, halakhah 4) c’è un racconto, probabilmente del terzo secolo dell’era cristiana, sulla nascita del Messia, che sarebbe avvenuta lo stesso giorno della distruzione del tempio di Gerusalemme, il 9 del mese di Av, il quale sarebbe stato chiamato Menachem. La storia narra le sofferenze della madre, che alla fine perde il figlio perché le viene portato via da venti e tempeste. In un racconto del settimo secolo, lo Sefer Zerubbabel , in cui sono narrate le storie della futura redenzione, la madre del Messia viene identificata con il nome di Hephsibah. Lotta contro le forze del male per aiutare a formare il mondo in cui suo figlio e Dio possono rivelarsi nella pienezza. I racconti in cui questi autori ebrei fanno apparire la figura della madre del Messia, che ricordano i testi dei Vangeli ma erano sconosciuti nei testi della Bibbia ebraica, probabilmente sono dovuti alle antiche dispute tra ebrei e cristiani. Maimonide, nella sua grande codificazione normativa della legge ebraica — Mishneh Torah —descrive quelli messianici come tempi in qui il popolo ebraico non verrà soggiogato da alcun impero. Verrà istituito un mondo di pace e comprensione, e una spiritualità autentica guiderà le azioni di individui, popoli e nazioni. Saranno più vicini al loro Creatore, e il loro Creatore sarà più vicino a loro. Allora, dice Maimonide, un re della stirpe di Davide regnerà su Israele. Sarà l’atteso Messia. Uno dei tredici articoli di fede nei quali Maimonide ha riassunto la fede ebraica è quello di avere piena fiducia nella venuta del Messia (è il dodicesimo), tuttavia va sottolineato che non si riferisce soltanto a un individuo con particolari caratteristiche, ma piuttosto a un tempo in cui ognuno vive con una consapevolezza spirituale dell’esistenza. Per realizzare questa realtà, né la natura umana né quella animale devono subire un cambiamento. Sono le priorità delle persone a dover essere diverse; esse devono cercare giustizia, pace e misericordia. Il Messia è visto da questo grande saggio come un essere speciale che vive in un tempo speciale, costruito dalla qualità della dignità e del coraggio morale da parte dell’umanità. L’imp ortanza del Messia è collegata alla realtà in cui egli vive. I saggi del Talmud hanno discusso su quando il Messia sarebbe venuto. Le opinioni a tale riguardo sono molteplici. Ci viene detto che rabbi Yehosuah ben Levi domandò al profeta Elia — quello che salì in cielo con un carro e in seguito si rivelò alle persone sagge e giuste di diverse generazioni — quando sarebbe venuto il Messia. Elia rispose: vai e chiedi tu stesso, poiché è seduto davanti ai portici di Roma con i poveri e i malati. Rabbi Yehosuah andò e gli domandò quando sarebbe venuto, e questi gli rispose: oggi. Il rabbi disse a Elia: il Messia mi ha mentito, perché mi ha detto che sarebbe venuto oggi e non lo ha fatto. Al che il profeta rispose: non hai capito il messaggio, si stava riferendo al versetto che dice: «Oggi, se udite [i comandamenti della] sua voce» ( Salmi , 95, 8). Nel ventesimo secolo, Martin Buber rielaborò questo racconto, aggiungendovi un elemento molto significativo: «Quando ero bambino, lessi una vecchia favola ebrea che non riuscivo a capire. Diceva questo, e null’altro: “D avanti alle porte di Roma siede un mendicante lebbroso, in attesa. È il Messia”. Allora incontrai un uomo anziano, al quale domandai: “Che cosa sta aspettando?”. E l’anziano mi diede una risposta che all’epoca non riuscii a comprendere, una risposta che imparai a capire solo molto tempo dopo. Disse: “Sta aspettando te”». Ebrei e cristiani stanno attendendo la venuta di un essere speciale in un tempo in cui occorre vincere le miserie umane. Ma l’attesa, sulla base di quanto detto sopra, non deve essere meramente passiva. Sia i cristiani sia gli ebrei sono impegnati nella sfida di lavorare personalmente per la guarigione delle loro miserie umane. Dobbiamo adoperarci per realizzare quel tempo di bontà al quale la gente anela. Magari il Messia è già in mezzo a noi, ma la cecità spirituale ci impedisce di vederlo. Offro queste riflessioni come saluto affettuoso alle comunità cristiane mentre celebrano il Natale. Che le loro celebrazioni siano piene di significato e di arricchimento spirituale.

© Osservatore Romano - 29 dicembre 2018