Infuocati nello Spirito

spirito cdi MANUEL NIN

Nella tradizione liturgica sirooccidentale vi è un abbondante patrimonio di anafore eucaristiche, preghiere di invocazione dello Spirito santo, solo in parte pubblicate. Filosseno di Mabbug, vescovo siriaco del VI secolo, scrive che «i misteri appaiono agli occhi degli uomini come semplici cose, ma per l’irruzione dello Spirito santo ricevono una forza soprannaturale. L’acqua, da una parte, diventa grembo materno che genera dei figli alla vita dello Spirito. L’olio riceve la forza santificatrice che unge e consacra allo stesso tempo corpo e anima. Il pane e il vino diventano il corpo e il sangue del Figlio di Dio fatto uomo.
Il tema dell’acqua come grembo e del battesimo come nascita è tipico della teologia siriaca. Ci troviamo di fronte a una forza e a una presenza misteriosa che agiscono nell’eucaristia. Efrem in un’omelia sulla settimana santa afferma: «Voi mangerete una Pasqua pura e immacolata, un pane lievitato e perfetto che lo Spirito santo ha preparato e ha fatto cuocere, un vino mescolato di fuoco e di Spirito: il corpo e il sangue di Dio, che fu vittima per tutti gli uomini». Dopo la narrazione dell’istituzione dell’eucaristia nelle anafore il sacerdote invoca lo Spirito santo sui doni e sulla comunità: «Ancora ti chiediamo, Signore di tutto e Dio delle potenze sante, prostrandoci davanti a te sul nostro volto, di mandare il tuo Spirito santo su queste offerte qui poste. E rivela che questo pane è il corpo prezioso del nostro signore Gesù Cristo. E che questo calice è il sangue del nostro signore Gesù Cristo. Perché questi santi sacramenti siano per tutti coloro che ne prenderanno: vita, risurrezione, remissione dei peccati, guarigione dell’anima e del corpo, illuminazione dello spirito, giustificazione davanti al tremendo tribunale del tuo Cristo». Nell’anafora attribuita a san Giacomo troviamo tutta la teologia dello Spirito santo sviluppatasi nella seconda metà del IV secolo, in tre aspetti ben concreti. Innanzi tutto in quello che lo Spirito santo è: «Il tuo Santissimo Spirito, che è Signore e dà la vita, assiso sul trono insieme con te, Dio e Padre, e con l’unigenito Figlio tuo, che regna con te, della stessa sostanza, coeterno, che ha parlato nella Legge, nei Profeti e nel Nuovo Testamento». Poi in quello che lo Spirito fa, cioè la santificazione dei doni: «Affinché per la sua venuta faccia di questo pane il corpo di Cristo. E di quello che è mescolato in questo calice il sangue di Cristo». Infine in quello che i santi doni diventano per i fedeli e per la Chiesa: «Affinché questi misteri diano a coloro che li ricevono e ne partecipano santità dell’anima e del corpo, e producano in essi frutti di buone opere, raffermino la tua santa Chiesa preservandola da ogni eresia e degli scandali di coloro che trasgrediscono la fede». Bisogna sottolineare la dimensione ecclesiologica della teologia dello Spirito santo nelle anafore siriache: la santificazione adoperata dallo Spirito sui santi doni è in vista della santificazione dei fedeli, della purificazione delle loro mancanze e del perdono dei loro peccati. Inoltre, nell’anafora attribuita a san Giovanni Evangelista, lo Spirito santo è il fuoco nascosto che avvolge il sacerdote che opera il sacrificio, sorvola l’altare e discende sui doni. Gli autori siriaci parlano del calore, della lievitazione, dell’incandescenza come simboli di realtà spirituali. Descrivendo lo Spirito santo come fuoco, sottolineano l’opera divina per mezzo dei santi doni: infuocati nello Spirito Santo, i fedeli sono vivificati e ricevono i doni dell’immortalità. All’invocazione del sacerdote, lo Spirito santo, datore di vita, scende sulle offerte sull’altare che rappresentano Cristo nella tomba. Si può dire che egli invoca lo Spirito santo affinché renda presente la risurrezione di Cristo sull’altare, dando al suo corpo messo nella tomba l’immortalità, l’incorruttibilità e trasformandolo in «corpo datore di vita, corpo che dà la salvezza alle nostre anime e ai nostri corpi».

© Osservatore Romano 24 maggio 2015