Corea del Sud Messaggio del cardinale Tauran a cristiani e confuciani. C’è bisogno di una nuova solidarietà

foto da frammentidipaceitIn un mondo disumanizzato, nel quale la «cultura dell’indifferenza e dell’avidità ha inghiottito i nostri rapporti», c’è bisogno «di una solidarietà nuova e universale e di un nuovo dialogo per modellare il nostro futuro». Lo scrive il cardinale Jean-Louis Tauran nel messaggio inviato ai partecipanti al Christian-Confucian Consultation che, su iniziativa del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), si svolge il 27 e il 28 ottobre al Luce Center for the Global Church di Seoul, in Corea.
Il saluto del presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso è stato letto dal sottosegretario del dicastero, padre Indunil Kodithuwakku, in apertura dei lavori. Il porporato, esprimendo apprezzamento e gratitudine per «l’impegno a promuovere comprensione reciproca, rispetto e collaborazione tra cristiani e confuciani», ha richiamato gli insegnamenti di Gesù e di Confucio. I quali, vivendo anch’essi in un tempo «di caos e di disordine» e pur proponendo «vie diverse per la liberazione dell’uomo», hanno «entrambi favorito il rispetto come pietra angolare per la pace e l’armonia nella società». A tale riguardo il cardinale Tauran ha anche richiamato le parole usate recentemente da Papa Francesco nell’incontro con i leader religiosi coreani: «Il dialogo di cui abbiamo bisogno non può che essere aperto e rispettoso al tempo stesso; solo così sarà fruttuoso. Aperto, cioè cordiale e sincero, portato avanti da persone che accettano di camminare insieme con stima e franchezza. Rispettoso, perché il rispetto reciproco è la condizione e, allo stesso tempo, il fine del dialogo interreligioso: infatti è rispettando il diritto alla vita, all’integrità fisica e alle libertà fondamentali, come quella di coscienza, di religione, di pensiero e di espressione, che si pongono le basi per costruire la pace, per la quale ciascuno di noi è chiamato a pregare e agire».
Un atteggiamento, scrive il presidente del dicastero, fondamentale in un mondo che «è in grande difficoltà», nel quale «a causa della povertà dei rapporti sociali, non ci si vede come fratelli e sorelle, ma come stranieri e nemici». Un mondo privato della sua umanità «dalla ricerca a tutti costi del profitto, dalla deplorevole corsa agli armamenti, dalla povertà, dalla crisi ecologica, dal terrorismo e dal fondamentalismo». In questa situazione, aggiunge, «siamo convinti che le cose possono essere cambiate perché Confucio e Gesù, così come i loro veri seguaci, lo hanno fatto nel corso della storia umana». Oggi «spetta a noi riscoprire i nostri rispettivi tesori spirituali per portare una speranza nuova nel nostro mondo».
L'Osservatore Romano, 27-28ottobre 2017