La primula rossa in tonaca

giuseppe-morosinidi Giovanni Preziosi 

Il 3 aprile di sessantanove anni fa, all'alba del Lunedì Santo, veniva barbaramente trucidato presso il Forte Bravetta, tra la via Aurelia e la via Portuense a Roma, un giovane sacerdote vincenziano di appena 31 anni, caduto in un'imboscata, accusato di "aver esercitato traffico d'armi e spionaggio" a beneficio degli anglo-americani, il suo nome era don Giuseppe Morosini.
Proprio in quel periodo, infatti, molti religiosi diedero il loro contributo alla Resistenza nascondendo prigionieri alleati, disertori tedeschi, ebrei e partigiani di ogni colore politico. Neanche don Morosini si sottrasse a quest'opera encomiabile tant'è che, come racconterà negli anni successivi padre Giuseppe Menichelli, da una piccola porta del Collegio Leoniano dove risiedeva, "faceva passare dall'ospedale militare" allestito in un'ala del Collegio "patrioti, ebrei e persone da nascondere ai tedeschi". Inoltre, il 21 ottobre 1943, pochi giorni dopo l'ignobile rastrellamento del ghetto ebraico di Roma ad opera dei nazisti, don Giuseppe, con l'aiuto dell'amico Marcello Bucchi, avendo appreso che nella chiesa di Santa Maria in Campitelli si erano rifugiati una sessantina di ebrei per sfuggire alla retata, corse immediatamente a prelevarli con due camioncini, per condurli a Monte Mario e nello stesso Collegio Leoniano al riparo da occhi indiscreti.

(©L'Osservatore Romano 4 aprile 2013)

 

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http://www.30giorni.it/articoli_id_19173_l1.htm