Le sfide della coesistenza religiosa

La moschea di Gazi Husrev-beg a SarajevoFRIBURGO, 8. Il gruppo di lavoro «Islam» della Conferenza dei vesco-vi svizzeri è da ieri in Bosnia ed Er-zegovina con l’intento — informa un comunicato — di esplorare le diffi-coltà, le sfide e le avanzate della coesistenza religiosa in un Paese po-liticamente e confessionalmente di-viso e di ricavarne spunti per il dia-logo cristiano-islamico e la pastorale della Chiesa cattolica in Svizzera. La delegazione è composta da sette persone guidate dal vescovo di Lu-gano, Pier Giacomo Grampa, presi-dente del gruppo di lavoro. Poiché la maggior parte dei mu-sulmani in Svizzera proviene dai Balcani, la Conferenza episcopale «ritiene importante osservare sul posto quali siano le radici culturali e le relazioni tra cristiani e membri di altre religioni». Sono quindi pre-visti numerosi incontri con rappre-sentanti locali delle comunità isla-miche, cristiane ed ebraiche. Nel corso del viaggio la delegazione vi-siterà la capitale Sarajevo e le città di Srebrenica, Mostar e Banja Luka. Mentre Srebrenica e Banja Luka fanno parte della Repubblica serba di Bosnia, Sarajevo e Mostar appar-tengono alla Federazione croato-musulmana. Le due entità etnico-territoriali formano la Repubblica di Bosnia ed Erzegovina in base agli accordi di pace di Dayton che nel 1995 posero fine al conflitto bo-sniaco. Secondo stime non ufficiali, la Bosnia ed Erzegovina è etnicamente formata per il 48 per cento da bo-sniaci (in gran parte musulmani sunniti), per il 37,1 per cento da ser-bi (in gran parte cristiani ortodossi), per il 14,3 per cento da croati (in gran parte cattolici). Il gruppo di lavoro «Islam» redi-gerà un comunicato sugli incontri dopo il rientro in Svizzera, previsto il 13 aprile. L’organismo è stato isti-tuito nel 2001 dalla Conferenza dei vescovi svizzeri con l’obiettivo di promuovere il dialogo islamo-cristia-no e di aiutare i sacerdoti e le per-sone impegnate nella pastorale a elaborare le questioni rilevanti che si pongono a tale proposito e nel contesto elvetico. Come detto, ne è presidente monsignor Grampa, mentre il segretario è Erwin Tanner, segretario generale della Conferenza episcopale; collabora con loro un gruppo di esperti formato da padre Roman Stäger, Fahrad Afshar, Luisa Orelli, Francis Piccand, Roberto Si-mona e Maroun Tarabay. L’attenzione della Chiesa cattolica in Svizzera è rivolta in questi giorni anche alla Siria, dopo che Papa Francesco, nel suo messaggio pa-squale, ha sollecitato l’aiuto agli in-numerevoli rifugiati e la cessazione delle ostilità in vista di una soluzio-ne politica del conflitto. La Caritas elvetica, che assicura da tempo un concreto supporto a migliaia di rifu-giati siriani (cristiani e musulmani, in gran parte donne, bambini e an-ziani) in Libano e in Giordania, ha lanciato una grande raccolta di fon-di sostenuta dai presuli. Questa campagna — si legge in una nota — «tenta di far fronte a una situazione sempre più drammatica. Affinché Caritas Svizzera possa fornire, nei prossimi mesi, cibo e generi di pri-ma necessità e garantire un aiuto medico e psicologico, i vescovi sviz-zeri invitano i fedeli a dare prova di solidarietà». In Siria la Caritas Svizzera assicu-ra la sopravvivenza di molte persone rimaste senza casa, in collaborazio-ne con squadre locali di volontari. Ad Aleppo, per esempio, vengono distribuiti quotidianamente derrate alimentari e pasti caldi alle famiglie bisognose. In Libano, nella piana di Bekaa, la Caritas ha aiutato migliaia di rifugiati a consolidare le tende per renderle più resistenti durante l’inverno. In Giordania sono stati consegnati alle famiglie vestiti, scar-pe, coperte, oltre ad articoli sanitari, frutto di una precedente campagna.

 

© Osservatore Romano - 8 aprile 2013