Sulle rive del Bosforo per l’unità

ecumene 12di HUBERTUS BLAUMEISER

«La Chiesa è la continuazione della Pentecoste sulla terra, è l’immagine della Trinità». «La diversità quindi non è disgiunta dall’unità come l’unità dei discepoli, nella loro diversità, non è disgiunta dalla loro unità». «Come possiamo giungere ad armonizzare le diversità dei carismi delle nostre Chiese oggi, con l’unità dei discepoli di Cristo ed essere typos per l’unità del mondo?». Sono alcuni passaggi delle riflessioni con cui il patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo ha accolto i partecipanti al convegno ecumenico che, per iniziativa del movimento dei Focolari, per sei giornate ha riunito recentemente a Istanbul 35 vescovi di 16 Chiese e 19 nazioni. «Insieme per la Casa comune. L’unità dei discepoli di Cristo nella diversità dei doni: al servizio della famiglia umana» è stato il tema dell’incontro.
Per desiderio dello stesso Bartolomeo l’appuntamento coincideva con la ricorrenza di sant’Andrea, festa patronale del patriarcato ecumenico, per la quale i vescovi si sono ritrovati nella chiesa di San Giorgio al Phanar. Prendendo la parola ai vespri, il patriarca ha ricordato i rapporti che sin dal 1967 avevano unito il suo predecessore Athenagoras e la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, in un’intensa amicizia spirituale. Ha quindi tracciato un parallelo fra Andrea, fratello di Pietro, il “primo chiamato” da Gesù, e la Lubich, la “prima chiamata” al carisma dell’unità. E ha lanciato un appello alla speranza: «Non abbiamo il diritto di scoraggiarci di fronte al rumore di tanti orrori che vengono perpetrati lungo le vie del mondo, abbiamo invece il dovere di annunciare a tutti che solo il dialogo, la comprensione, l’atteggiamento positivo che proviene dalla nostra fede in Cristo può vinc e re » . Per la festa di sant’Andrea, Papa Francesco, a un anno esatto dalla sua visita al Phanar, come è noto aveva inviato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Questi ha recato al patriarca un messaggio che ha profondamente impressionato i presuli del convegno per la consonanza con l’esperienza che stavano facendo. In esso Francesco, ricordando i 50 anni dell’abolizione delle scomuniche fra cattolici e ortodossi, constata che «la logica dell’antagonismo, della diffidenza e dell’ostilità» ha ceduto il posto alla «logica dell’amore e della fratellanza», ribadendo così un deciso impegno che ha trovato ulteriore amplificazione nell’intervento del cardinale Koch sul tema «Il cammino verso l’unità secondo Papa Francesco», anch’esso accolto con grande interesse. I primi giorni dell’incontro si erano svolti nel monastero della Santissima Trinità sull’isola di Halki, sede della celebre scuola teologica del patriarcato che dal 1844 fino al 1971 — quando è stata chiusa per un cambiamento nella legislazione turca — ha formato centinaia di sacerdoti, vescovi e vari patriarchi. Da oltre 40 anni si spera, si prega e si lavora per una riapertura. In quest’oasi di raccoglimento, i vescovi hanno non solo coltivato la comunione fraterna e pregato insieme, ma si sono confrontati pure sulla visione dell’unità della Chiesa e del mondo secondo le diverse tradizioni cristiane: ortodossa, anglicana, luterana, cattolica. Ne è risultato un dialogo ecclesiologico che non ha evitato di guardare in faccia anche punti che suscitano difficoltà, tra cui il divario su alcune questioni morali, ma soprattutto ha introdotto nell’esperienza profonda dello Spirito che si fa nelle diverse Chiese e comunità ecclesiali e che può diventare un dono per gli altri. A guidare il cammino, assieme a un gruppo di vescovi di varie Chiese, è stato il cardinale Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok, che ha riassunto così l’esperienza vissuta: «Gesù fra noi ha fatto di questi giorni un grande arricchimento. Abbiamo potuto conoscere l’uno la Chiesa dell’a l t ro , forse come mai prima. E questo ci ha permesso di amarci di più. Abbiamo sentito pure la diversità, come dono e come sfida. È stato importante ascoltarci profondamente, con amore e senza giudizio. Abbiamo imparato molto». I vescovi hanno esaminato la dolorosa situazione delle Chiese nel Medio oriente, con gli enormi problemi che pone ai cristiani. Su questo sfondo, la coraggiosa esperienza di dialogo e l’impegno per l’unità portato avanti dal movimento dei Focolari nei Paesi del Nord Africa e del Medio oriente sono risultati come importanti segnali di speranza. A illuminare la situazione sono state anche le testimonianze di uno stile di vita ecumenico nel quotidiano a opera di laici, sacerdoti e vescovi. La presidente del Movimento dei focolari, Maria Voce, è intervenuta poi su «L’unità: dono, impegno, traguardo» alla luce del pensiero della Lubich. «Impegno — ha spiegato — vuol dire innanzi tutto offrirci a Gesù perché ci usi come strumenti d’unità, prendendo come modello la vita della Trinità e Gesù crocifisso e abbandonato». Caratterizzando l’esperienza del convegno, la presidente dei Focolari, che dal 1978 al 1988 è vissuta nel focolare femminile a Istanbul e da quei tempi ha un rapporto di amicizia personale con il patriarca Bartolomeo, ha rilevato «la grazia di questi luoghi simbolo del primo cristianesimo, per riportare l’unità al disegno originario».

© Osservatore Romano - 17 dicembre 2015