Messaggio di Bartolomeo. Sulla testimonianza dei martiri

atenagora paolo VIDi seguito una nostra traduzione italiana del messaggio di Bartolomeo consegnato al Pontefice dalla delegazione del patriarcato.
Santità, Oggi celebriamo insieme a lei la venerabile memoria dei santi, gloriosi ed encomiabili capi degli apostoli, Pietro e Paolo, che hanno ricevuto la loro corona del martirio nella città imperiale. Partecipiamo alla gioia di questa solennità, perpetuando la benedetta tradizione dello scambio di visite ufficiali attraverso delegazioni in occasione delle nostre rispettive feste del Trono. I nostri auguri fraterni in questa solennità, Santità, le vengono trasmessi ed espressi personalmente dalla nostra delegazione patriarcale guidata da sua Eccellenza l’arcivescovo Job di Telmessos, co-presidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra le nostre due Chiese sorelle, dal reverendissimo Ambrosios Chorozidis, gran sincello del Patriarcato ecumenico, e dal reverendissimo archimandrita Agathangelos Siskos, bibliotecario del Patriarcato ecumenico e segretario della venerabile delegazione inviata quest’anno. La commemorazione dei santi apostoli Pietro e Paolo ci ricorda la loro testimonianza comune e il loro ministero nel nome di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, che alla fine li hanno condotti al martirio. La Chiesa è stata istituita su Cristo, attraverso la confessione, la testimonianza e il sangue dei santi apostoli, come aveva annunciato il Signore: «avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (Atti, 1, 8). Dopo che san Pietro ebbe professato Gesù Cristo come il Messia, Figlio del Dio vivente, nostro Signore disse: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Matteo, 16, 18). Per questa stessa ragione san Paolo parlò così della sua missione: «Ma l’aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null’altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani» (Atti, 26, 22-23). Tertulliano riconobbe il sangue degli apostoli e poi quello dei martiri cristiani come seme della Chiesa. Rivolgendosi a coloro che perseguitavano i cristiani, disse: «Più numerosi diventiamo, ogni volta che da voi siamo mietuti: è semenza il sangue dei cristiani» (Apologetico, 50). La morte dei martiri è una testimonianza della morte di Cristo sulla croce e della sua gloriosa risurrezione dal sepolcro il terzo giorno, che ci conducono entrambe alla vita eterna nel suo Regno. Per questa ragione, celebriamo con letizia la festa dei santi martiri, con la gioia della Risurrezione e nella gioiosa anticipazione della gloria del Regno che verrà, come testimoniato dal primo martire, l’arcidiacono Stefano, al momento del suo martirio: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio» (Atti 7, 56). La Chiesa è stata perseguitata durante tutta la sua storia, in epoche e in tempi diversi; ma il sangue dei suoi martiri è stato fonte di forza nella fede e testimonianza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Come sposa di Cristo, ancora oggi la Chiesa è chiamata a martyria, mentre affronta nuove forme di persecuzione e oppressione. Negli ultimi anni abbiamo assistito con grande tristezza agli attacchi contro i cristiani e i loro luoghi di culto. Le nostre Chiese sorelle sono solidali con tutti i cristiani perseguitati e oppressi del presente, e in questo momento richiamiamo alla memoria «quanti sono nelle miniere, in esilio, nel duro lavoro, e quanti vivono ogni genere di afflizione, oppressione, bisogno o angoscia». Oggi richiamiamo alla mente la gioia che abbiamo provato due mesi fa stando con lei, Santità, in Egitto, una terra costantemente irrigata dal sangue di martiri cristiani. Abbiamo pregato con lei per il popolo dell’Egitto, per l’unità, la pace e la giustizia nel mondo, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo al Cairo, vicino alla cattedrale ortodossa copta di San Marco, che alcuni mesi fa è diventata un sacro martyrion. È stato un momento importante per noi e per il mondo. È al Cairo che, insieme a lei, Santità, abbiamo parlato in una conferenza internazionale sulla pace, condividendo la convinzione che non può esserci nessuna violenza, né alcuna giustificazione del terrorismo, nel nome della religione. Insieme a lei, abbiamo sottolineato che la violenza è la negazione delle credenze religiose fondamentali e della dottrina, che la vera fede non esime gli esseri umani dalla loro responsabilità per il mondo, e abbiamo evidenziato l’importanza di rispettare la dignità umana e la necessità di sostenere le lotte volte a ottenere giustizia e pace. Abbiamo ricordato al nostro mondo contemporaneo che l’umanità esige oggi dalla religione onestà e apertura a coltivare l’amore, la solidarietà e la compassione. Ciò può essere realizzato anche attraverso il dialogo interreligioso, che ha come fine quello di vincere il fondamentalismo religioso e dimostrare che le religioni possono e devono servire come ponti tra le persone, come strumenti di pace e di comprensione reciproca, nonché di rispetto tra gli esseri umani. Questo dialogo interreligioso è ulteriormente rafforzato attraverso un maggiore riavvicinamento dei cristiani divisi. Pertanto, siamo convinti che la nostra testimonianza comune dinanzi alle numerose sfide del nostro mondo contemporaneo costituisca una testimonianza positiva per la Chiesa di Cristo e per avvicinarci di più all’unità. È questo, di fatto, il comandamento del nostro Signore e Salvatore: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Giovanni, 13, 35). Più di cinquant’anni fa, le nostre Chiese sorelle hanno intrapreso un dialogo di amore che ci ha condotti dentro un dialogo di verità. Tenendo presente questo, poniamo grande enfasi sul dialogo teologico che viene condotto da quasi quarant’anni tra le nostre Chiese sorelle. Siamo particolarmente lieti di apprendere che il quattordicesimo incontro della Commissione internazionale per il dialogo teologico dello scorso settembre, a Chieti, si è svolto in un clima di collaborazione fraterna e scambio teologico reciproco, producendo con successo un importante documento comune sul primato e la sinodalità nel primo millennio. Così, questa commissione ha proposto nuovi passi sul nostro cammino comune verso l’unità. Ora la commissione entrerà in una nuova fase del dialogo. Preghiamo perché il comitato di coordinamento, previsto a settembre nell’isola di Leros, sia fecondo, proponendo un tema comune e una metodologia per la prossima fase del nostro dibattito. Santità, carissimo fratello Francesco, mentre oggi celebriamo la festa del Trono della Chiesa di Roma, ribadiamo il nostro profondo desiderio di avanzare insieme nel cammino verso l’unità. Preghiamo perché il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo le conceda salute, forza e pace, di modo che possa continuare la sua diakonia alle preziose anime affidate alla sua cura primaziale e alla sua saggezza. Trasmettendo a lei, Santità, alla venerabile gerarchia e ai fedeli amanti di Cristo della sua Chiesa i nostri più cordiali saluti, l’abbracciamo fraternamente con un “bacio santo” e restiamo con grande amore e venerazione in Gesù Cristo, l’Agnello ucciso che vive in eterno.

Dal Patriarcato Ecumenico, 29 giugno 2017
Suo amato fratello in Cristo

© Osservatore Romano - 28 giugno 2017

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