Incontri ecumenici negli Stati Uniti promossi dal Wcc. Non c’è più spazio per il razzismo

arcobaleno fill 333x187Un incontro ecumenico e una liturgia per la settimana santa ortodossa hanno dato il via, mercoledì scorso, a tre giornate di impegno delle Chiese negli Stati Uniti nell’ambito della persistente realtà del razzismo nella vita del paese. Alla liturgia nella cattedrale ortodossa di Santa Sofia a Washington hanno preso parte diversi leader religiosi, tra cui l’arcivescovo Demetrius d’America, la moderatrice del World Council of Churches (Wcc), Agnes Aboum, e numerosi rappresentanti del National Council of Churches of Christ (Ncc) negli Stati Uniti.
Razza e razzismo sono questioni di vecchia data negli Stati Uniti che hanno generato e generano ancora oggi frequenti episodi di violenza. Intitolato «Agire ora per porre fine al razzismo», l’evento, promosso dal Wcc, volge uno sguardo duro, ma pieno di speranza, al razzismo nella nazione americana, presente anche, in modo sorprendente, nelle stesse Chiese. «L’America — ha sottolineato il reverendo Darin Moore, presidente del National Council of Churches of Christ — si trova nel bel mezzo di una crisi dell’anima. Eppure continuo a credere a ciò che Martin Luther King ha affermato con forza cinquant’anni fa: che, come popolo, arriveremo alla terra promessa. È il pentimento — ha aggiunto Moore facendo riferimento al concetto biblico di metanoia — che allontanerà il peccato del razzismo e il privilegio dei bianchi». Agnes Aboum, nel suo intervento, ha tenuto a ricordare che il World Council of Churches continua ad accompagnare le Chiese statunitensi nell’impegno verso l’abolizione del razzismo nella società: «Continuiamo a definire il razzismo come un peccato. Come pellegrini, ci pentiamo della nostra incapacità di essere all’altezza della chiamata a essere i discepoli trasformatori di Gesù Cristo». Un appello affinché si ponga fine al razzismo negli Stati Uniti è stato lanciato dalla reverenda Sharon Watkins, coordinatrice della campagna Act Now. Nel chiedere alle Chiese di esaminare la propria complicità, la reverenda ha sposato la metodologia dell’iniziativa: «Risvegliare, confrontare, trasformare». Siamo chiamati — ha detto — a testimoniare qualcosa che il mondo non crede sia possibile: «Possiamo unirci per porre fine al razzismo. Possiamo farlo. È la visione di Dio fin dall’inizio dei tempi». Nella sua omelia, l’arcivescovo ortodosso Demetrius, nel ricordare l’anniversario dell’assassinio di Martin Luther King, ha detto che occorre «continuare a lottare per l’uguaglianza. Siamo chiamati a lavorare insieme, senza distinzione di razza, genere, credo o colore, per porre fine al razzismo perché Gesù Cristo rappresenta ognuno di noi e tutti sulla terra in qualità di prototipo umano straordinario. Tre quarti degli americani si dicono cristiani: così, per fare una vera differenza, dobbiamo partire con la nostra comunità». E il segretario generale dell’Ncc, Jim Winkler, osservando che «abbiamo vissuto troppo a lungo sotto il flagello del razzismo», ha sottolineato che «per iniziare il processo di guarigione della società noi cristiani dobbiamo unirci alle persone di tutte le fedi nel ritenerci responsabili della nostra complicità e impegnarci a riparare i torti. Possiamo essere gli agenti di trasformazione e porre fine al razzismo».

© Osservatore Romano - 7 aprile 2018