Italia I temi del sinodo metodista e valdese. Tra servizio e predicazione - L'Osservatore Romano

valdesi metodisti«La diaconia non può essere confessionalismo, ma non può neanche rendersi completamente autonoma dalla predicazione, diventando un servizio che è compito dello stato e di altri soggetti pubblici»: parole del
pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, che anticipano il tema centrale — il rapporto cioè fra diaconia e predicazione — del sinodo delle Chiese metodiste e valdesi in Italia in agenda dal 26 al 31 agosto a Torre Pellice (Torino). L’appuntamento si aprirà con un culto solenne nel tempio di via Beckwith. La predicazione è stata affidata al pastore Emanuele Fiume. Sono attesi numerosi ospiti e autorità religiose e istituzionali, che come ogni anno giungono dall’Italia e da diversi continenti.
Fra i temi all’attenzione dei centottanta membri sinodali (pastori e laici in numero uguale), ci saranno, rende noto l’agenzia Nev, il ruolo della Chiesa fra presenza pubblica e vita comunitaria, il bilancio sociale, migrazioni e accoglienza, l’ecumenismo. E, appunto, la diaconia fra servizio e predicazione. Perché, rileva in un’intervista pubblicata sull’ultimo numero di «Riforma» il moderatore Bernardini, «il rapporto fra predicazione e diaconia è centrale nella comprensione che la Chiesa ha di sé in tutto l’Occidente: cattolici e protestanti sanno che sono due facce dello stesso servizio».
Il leader valdese spiega come tradizionalmente «noi rifuggiamo dal confessionalismo della diaconia perché l’abbiamo subìto, dalle scuole agli istituti di beneficenza; ma non possiamo dimenticare d’altra parte che il servizio d’aiuto per il prossimo viene svolto da una comunità di fede, e quindi ha delle prospettive e dei contenuti che non sono solo quelli del servizio sociale; deve avere le medesime competenze e la stessa efficacia, ma deve portare con sé in modo chiaro il fatto di essere diaconia della Chiesa, frutto della predicazione». Si tratta di un “equilibrio” che la comunità valdese e metodista — circa 25.000 fedeli distribuiti in Italia in 150 comunità locali — sta «cercando anche faticosamente e che dobbiamo trovare: c’è chi contesta una certa autonomia del servizio, che si stacca dalla predicazione, che io ritengo sia un timore comprensibile e anche valido, ma proprio per questo abbiamo la sede giusta nel sinodo, che si occupa non solo delle chiese e della loro testimonianza spirituale, ma ha anche il controllo e la guida delle strutture di servizio diaconale».
In tale prospettiva diventa essenziale la figura del pastore. «Un ruolo riconosciuto come centrale — osserva Bernardini — e tuttavia messo in discussione da tutti». Infatti, «oggi svolgere il ministero pastorale è sicuramente più complesso di un tempo, perché ciò che ci si aspetta dal servizio pastorale è più diversificato, tante e diverse sono le attese. E, allo stesso tempo, l’autorevolezza che ci si aspetta viene giudicata in base alla qualità della persona». In questo senso — rileva ancora il moderatore della Tavola valdese — «abbiamo nelle nostre Chiese modelli di servizio pastorale (orientali, latinoamericani, africani) diversi da quelli occidentali a cui eravamo abituati, e questo ci mette in discussione. Ma se c’è una cosa di cui abbiamo bisogno è proprio il servizio di mediazione che queste persone possono svolgere: di atteggiamenti estremistici ne abbiamo a sufficienza».
Il contesto sociale è anche troppo surriscaldato: «Dopo anni di grave crisi economica è logico trovarci di fronte a ricadute in termini di rabbia, aggressività e mancanza di volontà di confrontarsi. Un vero “si salvi chi può”: ci sono giovani che vanno all’estero, ci si arrabatta, si esprime la propria rabbia sui social network e in azioni verbali o addirittura fisiche nei confronti di chi viene preso come bersaglio». In tal senso Bernardini si dice preoccupato perché «alcuni disvalori si sono trasformati in valori, per esempio il nazionalismo, tipico dell’Europa, che ha portato a due guerre mondiali e alla guerra nella ex Jugoslavia. Siamo preoccupati di un imbarbarimento generale e, nel nostro specifico, lo siamo per l’utilizzo della simbologia religiosa».
L'Osservatore Romano, 18-19 agosto 2018.