Con Cristo diviso in verità siamo morti

il-buon-pastoredi GENNADIOS ZERVOS*

Celebriamo con solennità la Settimana per l’unità dei cristiani che costituisce una felice occasione per rinnovare l’impegno continuamente, pregare con serietà e dedizione per il ristabilimento dell’unità e collaborare serenamente per affrontare alla sua radice la questione, in quanto la comunità divisa nega di fatto che Gesù Cristo sia l’unico Signore. Vorremo ribadire che questa terribile e triste realtà della negazione di Gesù Cristo come unico Signore, costituisce per noi un motivo di preghiera, affinché Dio mandi il P a ra -klitos — lo Spirito Santo — per illuminare i nostri cuori e le nostre anime in modo da vivere in perpetuo la verità secondo cui “Gesù Cristo non può essere diviso” e vivendo in questo modo riconosciamo e adoriamo Gesù Cristo come un unico Signore e unico nostro Salvatore.
E dobbiamo sapere molto bene che Gesù Cristo non viene più a farsi crocifiggere; è venuto una volta per tutte, per la nostra salvezza. Tocca a noi adesso prendere il posto di Cristo sulla Croce e, crocifiggendo le nostre passioni, la nostra mentalità mondana, sacrificarci per realizzare la volontà di Dio: «Che tutti siamo una cosa sola» (Giovanni, 17, 21). In questo anno ricorre il cinquantesimo anniversario dell’incontro a Gerusalemme tra PaoloVIe Atenagora, di eterna e gloriosa memoria. È una tappa storica. Costituisce il principio di un nuovo cammino: il pensiero di tutto il mondo cristiano e i cuori degli uomini di buona volontà erano rivolti alla città dell’amore e della riconciliazione, nei luoghi dove il grande maestro e pacificatore Gesù Cristo è diventato uomo, è vissuto, è stato crocifisso ed è risuscitato per dare all’uomo la salvezza e la gloria. Lasciamo parlare il patriarca Atenagora: «L’umanità cristiana da secoli vive la notte della divisione. I suoi occhi sono appesantiti per aver troppo guardato le tenebre. Sia questo nostro incontro l’alba di un luminoso e santo giorno in cui le future generazioni Cristiane comunicando dal medesimo Calice del prezioso corpo e sangue del Signore in amore e pace e unità canteranno e glorificheranno l’unico Signore e Salvatore di tutti». Identiche e di grandissima importanza sono anche le parole rivolte da Paolo VIad Atenagora: «Sia questo nostro incontro l’alba di un giorno luminoso e santo in cui le generazioni che vengono comunichino del medesimo calice del corpo e del sangue del Signore, nell’amore e nella pace e nell’unità cantino e glorifichino l’unico Signore e Salvatore di tutti». Di speciale rilevanza anche la risonanza che ha avuto lo storico incontro: «Tutto il mondo, cristiani e non cristiani, si sono meravigliati di questo incontro e l’hanno considerato come “segno dei tempi” che ha svegliato l’opinione pubblica del mondo ed ha aperto una nuova strada verso la benedetta unità, che è l’unica volontà del nostro Signore Gesù Cristo». È verità incontestabile che «non tutto è compiuto. Ma con questo avvenimento è stata compiuta la più grande offerta da parte dei nostri contemporanei. Ciò che seguirà in questo settore sarà la continuazione e la conseguenza della benedizione del Monte degli Ulivi. La preghiera in questo era tanto calda, interpretando il desiderio di milioni di anime, cosicché il Padre celeste ascolterà la voce delle sue creature per l’ulteriore benedetto cammino comune». Lo storico incontro di Gerusalemme tra Paolo VIe Atenagora, a cinquanta anni dalla sua ricorrenza, sarà solennemente celebreto con manifestazioni e preghiere dai loro successori, Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo, uomini di amore, di pace, di pazienza, di unità, di umiltà e di sacrificio. Senz’altro anche l’abbraccio a Gerusalemme tra Francesco e Bartolomeo sarà storico: due pellegrini di preghiera presso il Santo Sepolcro pregheranno e celebreranno il cinquantesimo anniversario del “dialogo dell’a m o re ”, perché soltanto esso e la preghiera possono cambiare l’odierna realtà: “Cristo è diviso”, e come dice il Patriarca Bartolomeo «ci incontreremo non solo per ricordare e onorare il loro gesto (quello di Paolo VIe Atenagora) ma come capi spirituali abbiamo il dovere di fare appello e invitare tutti gli uomini di buona volontà, indipendentemente dalla loro fede e virtù, al dialogo e di far conoscere loro l’importanza del messaggio di Gesù Cristo, veramente utile per la rinascita dell’esistenza umana». Dunque pensiamo ai poveri, agli ammalati, ai carcerati, agli immigrati; pensiamo a tutti quelli che vengono nei nostri territori e allargano i nostri confini culturali e spirituali. Pensiamo a tutti quelli che hanno bisogno della libertà e della giustizia, del nostro aiuto e della nostra protezione. Tutti questi bisogni umani che incontriamo non si guariscono e non si formano in una comunità sana in Cristo, in quanto abbiamo Cristo diviso. La comunità invano cerca la sua forma ideale, la sua identità in Cristo. Con Cristo diviso viviamo una crisi spirituale, morale e sociale; siamo vuoti, senza fraternità e amore. In verità, siamo morti, malgrado i nostri beni terrestri e la nostra provvisoria prosperità. La nostra salvezza e il nostro bene divino ci fanno riflettere e ascoltare il messaggio, l’invito di san Paolo: «Cristo non può essere diviso». I nostri padri e le nostre guide spirituali ci invitano alla preghiera e al dialogo dell’amore nella fede e nella verità, nella pazienza e nella speranza di seguire e realizzare la volontà del nostro salvatore Gesù Cristo: «che tutti siano una cosa sola» (Giovanni, 17, 21).

*Metropolita, arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta ed esarca per l’Europa meridionale

© Osservatore Romano - 25 gennaio 2014