Ecumenismo del sangue

ecumenismo nel sangueEcumenismo del sangue.

L’espressione si sta facendo strada. E per ovvi motivi. La realtà che traduce s’impone con la forza. Il sangue dei cristiani scorre senza alcuna distinzione di confessione. Ecumenismo del sangue. E poi? Cosa accadrà una volta passato il momento di commozione? In nome di questo sangue versato, i cristiani s’impegnano di più nel cammino dell’unità? Là dove i persecutori non fanno differenze, i cristiani non continuano forse a farne di molto sottili, così lontano dall’essenziale? Il sangue dei martiri ha fecondato la Chiesa, feconderà la sua unità? C’è il sangue che scorre, c’è anche la lenta agonia di queste popolazioni private di tutto, che vivono nel terrore, di questi esiliati, di questi rifugiati, di questi migranti. Anche lì c’è una testimonianza. È il primo significato della parola “martire ”.
Non muoiono tutti, ma tutti soffrono. La persecuzione può assumere molte forme: vessazioni, molestie, divieti di ogni sorta, in breve, discriminazione che può giungere fino al sangue. L’India e il Pakistan, per citarne alcuni, hanno fornito molti esempi di ciò in questi ultimi mesi. Se l’Iraq e la Siria attirano maggiormente l’attenzione è per le dimensioni dell’“ op erazione” che tende a sopprimere ogni presenza cristiana da quei luoghi che sono stati la culla del cristianesimo. Ed è anche indubbiamente per la pubblicità che i carnefici le fanno, il che non avviene dappertutto. Ma la persecuzione si declina sia al singolare sia al plurale, e sempre senza distinzione. E ci riconduce sempre a quella constatazione tanto incomprensibile quanto dolorosa: «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo». E Pascal aggiunge: «Non bisogna dormire durante questo tempo». «Non bisogna dormire». L’ecumenismo del sangue non dispensa dagli sforzi ecumenici, li incoraggia. Uno stesso sangue fa la fraternità, e non si parla infatti della chiamata del sangue? Quel sentimento più forte di tutto che può tendere all’impossibile per ritrovare il fratello da cui si è separati. E a maggior ragione quando questo sangue è ossigenato dalla fede in Cristo. Ecumenismo del sangue. La storia è costellata di esempi dove la prova invita al superamento e crea la comunione al di là delle frontiere confessionali. Fraternità delle trincee nella grande guerra di cui si commemora il centenario, fraternità dei campi di concentramento nazisti, fraternità dei gulag sovietici, e fraternità di ogni altro luogo di sofferenza noto o ignoto, dove l’uomo spinto all’estremo ritrova nel volto tumefatto del fratello — chiunque egli sia — il volto del Dio della gloria. Sono altrettanti addentellati che hanno permesso progressi, riavvicinamenti. Non lo dimentichiamo. Giovanni Paolo II — come i suoi successori Benedetto XVI e Francesco, ma anche altri al di fuori della Chiesa cattolica — era particolarmente consapevole di questa realtà. Non ha forse scritto che nel XX secolo «la testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti» (Tertio millennio adveniente, n. 37)? E durante una celebrazione ecumenica dei “testimoni della fede”, il 7 maggio 2000 (terza domenica di Pasqua), non ha forse detto con un tono quasi profetico che «l’eredità preziosa che questi testimoni coraggiosi ci hanno tramandato è un patrimonio comune di tutte le Chiese e di tutte le comunità ecclesiali. È un’eredità che parla con una voce più alta dei fattori di divisione. L’ecumenismo dei martiri e dei testimoni della fede è il più convincente; esso indica la via dell’unità ai cristiani del ventunesimo secolo. È l’eredità della Croce vissuta alla luce della Pasqua: eredità che arricchisce e sorregge i cristiani, mentre si avviano nel nuovo millennio»? E con il cuore pieno di “intensa emozione” auspicava: «Resti viva, nel secolo e nel millennio appena avviati, la memoria di questi nostri fratelli e sorelle. Anzi, cresca. Sia trasmessa di generazione in generazione, perché da essa germini un profondo rinnovamento cristiano. Sia custodita come un tesoro di eccelso valore per i cristiani del nuovo millennio e costituisca il lievito per il raggiungimento della piena comunione di tutti i discepoli di Cristo». La storia è lì che ci parla, quando ne trarremo l’insegnamento finale? I testimoni c’incalzano ad agire. «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo: non bisogna dormire durante questo tempo».

© Osservatore Romano - 1 agosto 2015