Sotto lo stesso tetto con lo sguardo rivolto al futuro

ecumenismo vegliadi ALOIS LÖSER

Il seminario di questa settimana è uno degli eventi che segnano il 2015, anno anniversario per Taizé. Ma, come ho detto in diverse occasioni, celebrare un anniversario non significa celebrare il passato. Fratel Roger invitava i fratelli a vivere l’oggi e aveva lo sguardo rivolto al futuro. Noi vorremmo conservare questo spirito.
Porgo il benvenuto a ognuno e a ognuna di voi. Noi fratelli siamo lieti che questa settimana sia dedicata a mettere in evidenza il contributo di fratel Roger al pensiero teologico e a discernere le sue possibili implicazioni. La riflessione di fratel Roger era piena di temi biblici e ricordo come, mentre ero ancora tra i più giovani fratelli della comunità, ci chiese di mettere la lettura della Parola di Dio al centro degli incontri dei giovani che si moltiplicavano sulla nostra collina. Tra l’altro, in gioventù, aveva anche imparato a conoscere i padri della Chiesa e, fino alla fine della sua vita, ha amato trarre da loro citazioni per ispirare i propri scritti. È stato lui a volere che preparassimo una raccolta di testi patristici, il libretto Soyons l’âme du monde, per invitare i giovani a mettersi all’ascolto di quei testimoni dei primi secoli. Fratel Roger cercava le parole che potessero far comprendere alle nuove generazioni l’essenziale della fede. Lo faceva soprattutto attraverso le preghiere che scriveva ogni giorno per recitarle nella chiesa durante la celebrazione di mezzogiorno: «Dio amore, tu guardi ogni essere umano con infinita tenerezza e profonda compassione. Gesù Cristo, se tu non fossi risorto, da chi andremmo per scoprire un raggio del volto di Dio? Santo Spirito, che riempi l’universo, tu fai crescere in ognuno di noi una vita di comunione con D io». Per quanto riguarda il percorso ecumenico, fratel Roger invitava i cristiani ad andare al di là dello scontro tra le loro visioni diverse. Proponeva a ognuno di amare i doni degli altri cristiani, di accettare dentro di sé il loro pensiero e di imparare ad amarlo. Il significato di tale appello verrà certamente approfondito in questi giorni. Egli ha portato la nostra comunità ad anticipare con la sua vita la riconciliazione dei cristiani, a viverla in anticipo. Oggi ci sembra di poter estendere questo invito a molte altre persone. Ecco perché mi capita spesso di dire: mettiamoci subito sotto lo stesso tetto. Una famiglia abita una casa comune. Se tutti i cristiani formano una stessa famiglia, non è forse la cosa più normale abitare sotto uno stesso tetto, senza attendere che tutti i punti di vista siano pienamente armonizzati? In questi giorni siamo tutti sotto lo stesso tetto della chiesa della Riconciliazione. Che questa settimana possa allora essere un segno della comunione visibile di tutti coloro che amano Cristo, alla quale aspiriamo profondamente.

© Osservatore Romano - 31 agosto - 1 settembre 2015