Offensiva dei governativi ad Aleppo

damascoDAMASCO, 14. Non c’è tregua alle violenze in Siria. Le forze governative siriane hanno riconquistato tutti i quartieri di Aleppo che i ribelli erano riusciti a espugnare durante l’ultimo contrattacco, quello lanciato alla fine di ottobre, con l’obiettivo prioritario di rompere l’assedio al settore orientale della città, tuttora nelle loro mani. Secondo diverse fonti, nelle ultime ore i governativi hanno preso il controllo di importanti aree strategiche come il sobborgo occidentale di Dahiyet Al Assad e il villaggio di Minyan.
In pratica, dicono gli analisti, sono stati azzerati tutti i progressi militari compiuti dagli insorti, tra cui si annoverano anche formazioni di matrice terroristica legate ad Al Qaeda. I combattimenti sono costati la vita complessivamente a oltre 450 persone. Quasi cento i civili uccisi, di cui 29 erano bambini. Tra i governativi, i morti sono stati 143, tra gli insorti oltre duecento. Intanto, in alcune dichiarazioni rilasciate a margine di un convegno tenutosi ieri a Roma al Pontificio Istituto orientale, il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ha sottolineato che la situazione in Siria «è drammatica e ha bisogno di trovare una via di uscita». È troppo tempo, ha detto, «che la Siria è in preda al conflitto. Si spera che con questi cambiamenti che ci sono stati con il voto negli Stati Uniti si trovi quella soluzione negoziata che sempre la Santa Sede ha invocato». Il segretario di Stato ha poi insistito sul fatto che «non c’è possibilità di risolvere la crisi siriana attraverso le armi. La soluzione militare non fa altro che provocare maggiore sofferenza e dolore alle persone. Invochiamo una soluzione negoziata». La Chiesa, d’altra parte, continuerà a fare la sua parte. Il cardinale Parolin ha spiegato che la creazione a cardinale nel prossimo Concistoro del nunzio a Damasco, Mario Zenari, darà ancora più impulso all’azione diplomatica della Santa Sede. «La scelta del Santo Padre — ha affermato il cardinale — si riferisce innanzitutto alla persona, che ha voluto rimanere e condividere una situazione di grande sofferenza, il momento drammatico che sta vivendo la Chiesa in Siria e il popolo tutto. Nello stesso tempo è un rinnovato segnale di interesse per la situazione. Che sviluppi potrà avere? Non possiamo dirlo, speriamo che anche questo possa facilitare una soluzione negoziata». Il porporato ha poi rivolto una parola di vicinanza ai cristiani del Medio oriente: «Diciamo che siamo loro vicini. La Santa Sede cerca tutti i modi che le sono permessi per aiutarli a uscire da questa situazione. Esprimiamo loro la vicinanza e la preghiera della Chiesa e naturalmente il suo impegno ». Sul terreno, la situazione umanitaria resta critica, soprattutto ad Aleppo. Pochi giorni fa l’Onu ha lanciato il suo ultimo appello: sono state distribuite le ultime razioni di cibo disponibili nella zona orientale della città stretta nella morsa dei combattimenti tra governativi e ribelli. Se non arriveranno nuovi aiuti e non saranno garantite le condizioni di sicurezza adeguate per il passaggio dei camion, migliaia di civili allo stremo rimarranno senza nulla. Sono circa 300.000 i civili intrappolati nei quartieri orientali di Aleppo, ancora sotto il controllo dei ribelli. Numero che sale a due milioni se invece si guarda all’intera area che va da Aleppo al confine nord tra Siria e Turchia. Intanto, in Iraq, l’esercito ha annunciato di aver riconquistato Nimrud, l’antica città assira irachena finita sotto il controllo dei jihadisti del cosiddetto stato islamico (Is) e il cui patrimonio archeologico era stato devastato dai jihadisti. La notizia arriva sullo sfondo dell’offensiva ancora in corso per cercare di strappare Mosul al controllo dell’organizzazione di Al Baghdadi. «Unità della nona divisione corazzata hanno totalmente liberato Nimrud e hanno issato il drappello iracheno sugli edifici» si legge in un comunicato del comando delle operazioni militari. I soldati — riporta sempre il comunicato dell’esercito di Baghdad — hanno anche riconquistato il villaggio di Numaniya, ai margini della città, che un tempo era la capitale dell’impero assiro che si estendeva dall’Egitto a quelli che ora sono Iran e Turchia. L’anno scorso il governo iracheno denunciò che Nimrud era stata rasa al suolo dall’Is. La conferma era arrivata da riprese video diffuse dai jihadisti in internet: le immagini mostravano i miliziani mentre distruggevano la città piazzando cariche di esplosivo. Nimrud si trova sulla riva orientale del fiume Tigri, a circa 30 chilometri a sud di Mosul, nel nord dell'Iraq.

© Osservatore Romano - 14 - 15 novembre 2016