In Iraq tacciano le armi e si dia voce agli artigiani della pace
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- Creato: 06 Marzo 2021
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Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, in Iraq e ovunque! Cessino gli interessi di parte, spesso esterni, che non sono quelli della popolazione locale, e si dia invece voce agli artigiani della pace: i piccoli, i poveri, la gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace.
Con un accorato “basta” a violenze, estremismi, fazioni, intolleranze Papa Francesco si è presentato al popolo iracheno e alle autorità del Paese venerdì 5 pronunciando nel Palazzo presidenziale di Baghdad, poco dopo il suo arrivo, il primo discorso dello storico viaggio.
Ad ascoltarlo c’erano il presidente della Repubblica, membri del Governo e del corpo diplomatico, autorità e rappresentanti della società civile, incontrati all’inizio della visita apostolica, a lungo attesa e desiderata, in questa terra, culla della civiltà, strettamente legata — attraverso il patriarca Abramo e numerosi profeti — alla storia della salvezza e alle grandi tradizioni religiose dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam. Ringraziando il presidente Salih per l’invito e per le cortesi parole di benvenuto, che gli ha rivolto anche a nome del suo amato popolo, il Pontefice ha salutato vescovi, presbiteri, religiosi e religiose e i fedeli della Chiesa cattolica — incoraggiandoli nella testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società — e anche i membri delle altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane, gli aderenti all’islam e i rappresentanti di altre tradizioni, con l’auspicio che Dio conceda di camminare insieme, come fratelli e sorelle, nella forte convinzione, espressa nel Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace, della reciproca conoscenza, e della convivenza comune.
Una visita, questa di Francesco, che avviene nel tempo in cui il mondo intero sta cercando di uscire dalla crisi della pandemia da covid-19, la quale non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità, e per tale motivo richiede sforzi comuni per fare i passi necessari, a cominciare da un’equa distribuzione dei vaccini.
Un auspicio particolarmente attuale per l’Iraq, che negli ultimi decenni ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse. Le conseguenze sono tuttora visibili, e non solo a livello materiale: morte, distruzione, macerie; e danni ancora più profondi se si pensa alle ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni per guarire. E, tra quanti hanno sofferto, Francesco non poteva non ricordare gli yazidi, vittime innocenti di insensata e disumana barbarie, perseguitati e uccisi a motivo della loro appartenenza religiosa, e la cui stessa identità e sopravvivenza è stata messa a rischio. Pertanto, solo se riuscendo a guardarsi come membri della stessa famiglia umana, ma rispettando le differenze che caratterizzano ogni gruppo, è possibile per il Pontefice avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo più giusto e umano. E in tale contesto la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, costituisce una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare.
Insomma oggi l’Iraq è chiamato a mostrare, specialmente in Medio oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile, e che la coesistenza fraterna ha bisogno del dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto. Il Papa sa che non è un compito facile, anzi richiede fatica e impegno nel superare rivalità e contrapposizioni, a partire dall’identità più profonda che hanno gli uomini, quella di figli dell’unico Dio e Creatore, come rimarcato dalla Dichiarazione conciliare Nostra aetate (n. 5). Sulla base di questo principio la Santa Sede, in Iraq come altrove, non si stanca di appellarsi alle autorità perché concedano a tutte le comunità religiose riconoscimento, rispetto, diritti e protezione. Apprezzando gli sforzi già intrapresi in questo senso, il Papa ha chiesto che proseguano a beneficio del Paese.
Altro tema affrontato è stato quello della solidarietà, virtù che aiuta a vedere l’altro come prossimo, compagno di strada, e porta a compiere gesti concreti di cura e di servizio, con particolare riguardo per i più vulnerabili e bisognosi. Anzitutto verso quanti, a causa della violenza, della persecuzione e del terrorismo, hanno perduto familiari e persone care, casa e beni primari; ma anche a tutta la gente che lotta ogni giorno in cerca di sicurezza e di mezzi per andare avanti, mentre aumentano disoccupazione e povertà.
Rivolgendosi ai responsabili politici, il Papa li ha chiamati a promuovere uno spirito di solidarietà fraterna, contrastando la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità, e ad edificare al contempo la giustizia, far crescere l’onestà, la trasparenza e rafforzare le istituzioni. Solo così può crescere la stabilità e svilupparsi una politica sana, capace di offrire specialmente ai numerosi giovani di questo Paese la speranza di un avvenire migliore.
Presentandosi come penitente che chiede perdono al Cielo e ai fratelli per tante distruzioni e crudeltà, e come pellegrino di pace, in nome di Cristo, Francesco ha ricordato quanto si è pregato in questi anni, per la pace in Iraq. San Giovanni Paolo ii non ha risparmiato iniziative, offrendo anche le proprie sofferenze. Del resto, ha assicurato Francesco, Dio ascolta sempre! Sta agli uomini ascoltare Lui, camminare nelle sue vie. Come? facendo tacere le armi e limitandone la diffusione e dando spazio ai cittadini che vogliono edificare insieme questo Paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione ed è disposto a mettere da parte i propri interessi. Visto che in questi anni l’Iraq ha cercato di mettere le basi per una società democratica, è ora indispensabile assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini, in modo che nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Da qui l’incoraggiamento per i passi compiuti finora con la speranza che essi rafforzino la serenità e la concordia.
Appellandosi anche alla comunità internazionale, che ha un ruolo decisivo nella promozione della pace, il Pontefice ha fatto notare come durante il lungo conflitto nella vicina Siria — ricorrono in questi giorni i dieci anni dall’inizio — le sfide interpellino sempre più l’intera famiglia umana. E in proposito ha ringraziato gli Stati e le Organizzazioni internazionali, che si stanno adoperando in Iraq per la ricostruzione e per assistere rifugiati, sfollati interni e chi fatica a ritornare nelle proprie case, rendendo disponibili cibo, acqua, alloggi, servizi sanitari e igienici, come pure programmi volti alla riconciliazione. E il suo pensiero è andato alle tante agenzie, tra cui diverse cattoliche, che assistono le popolazioni civili. Venire incontro ai bisogni essenziali di tanti fratelli e sorelle è atto di carità e di giustizia, e contribuisce a una pace duratura, per questo Francesco ha auspicato che le nazioni non ritirino la mano tesa dell’amicizia e dell’impegno costruttivo, ma continuino a cooperare con le autorità locali, senza imporre interessi politici o ideologici.
Infine il Papa ha sottolineato come la religione debba essere al servizio della pace e della fratellanza, perciò il nome di Dio non può essere usato per giustificare atti di omicidio, esilio, terrorismo e oppressione. Al contrario Dio ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti. Perciò anche in Iraq la Chiesa cattolica desidera attraverso il dialogo, collaborare con le altre religioni, per la causa della pace. L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare. La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire all’armonia del Paese.
Nel concludere il primo discorso del viaggio il Papa ha espresso ai presenti gratitudine per quanto fatto al fine di edificare una società improntata all’unità fraterna, alla solidarietà e alla concordia, definendone il servizio al bene comune un’opera nobile e invocando l’Onnipotente affinché li sostenga nelle responsabilità e li guidi sulla via della sapienza, della giustizia e della verità.
© Osservatore Romano - 6 marzo 2021
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