Qui si adora satana, grazie ai cristiani

In Iraq gli yazidi sono liberi di esercitare il culto dell’“angelo ribelle” in una sola città. Bozan, protetta dai caldei curdi di Alqosh
di Rodolfo Casadei
Riuscite a immaginare una comunità cristiana che protegge e difende una comunità di adoratori di Satana? In Iraq, paese dove tutto il bene e tutto il male sono possibili, anche questo può succedere. Siamo ad Alqosh, storica cittadina sul bordo orientale della piana di Ninive, sede del monastero antoniano di Sant’Hormisda, il luogo dove, alla metà del Cinquecento, monaci e popolo cristiano di questa regione che oggi corrisponde all’Iraq settentrionale decisero che era venuto il momento di rientrare in comunione con la Chiesa di Roma. Nacque qui quella che una bolla del papa Giulio III nel 1553 avrebbe chiamato la Chiesa caldea, cattolici di rito orientale e liturgia in aramaico discendenti degli antichi assiri. A un tiro di schioppo c’è Bozan, villaggio addossato ai contrafforti del monte Baethre. L’unica strada percorribile per raggiungerlo è quella che attraversa Alqosh, 15 mila abitanti tutti cristiani più una caserma della polizia e una dell’esercito. Dentro ad esse soldati e poliziotti solo ed esclusivamente di etnia curda e cristiani. Gli abitanti di Bozan chiamano se stessi yazidi, e se chiedete loro quale divinità venerano vi rispondono immancabilmente “Taus Melek”, che significa l’“angelo di Dio”. Ma uno un po’ particolare: quello che noi consideriamo l’angelo caduto. Per tutti gli abitanti di queste terre da secoli loro e altre decine di migliaia di persone (forse 300 mila in tutto) sparse in villaggi e città che formano un arco proteso tutt’intorno alla piana di Ninive e discendente a oriente verso Erbil altro non sono che gli adoratori di Satana. La cosa, ovviamente, ha creato loro non pochi problemi. Storicamente la convivenza coi cristiani, sia prima che dopo la riunificazione con Roma, è stata poco problematica (anche se la natura esoterica della loro fede e i numerosi tabù matrimoniali, alimentari, eccetera li hanno spinti a vivere appartati dalle altre comunità), mentre invece il consolidamento dei poteri politici musulmani si è tradotto per loro in sciagura. Benché etnicamente curdi, gli yazidi sono stati oggetto di azioni di sterminio soprattutto nel XVIII secolo e nella prima metà del XIX per iniziativa di prìncipi curdi musulmani e dei governatori ottomani della regione a cavallo fra Mosul (il nome arabo di Ninive), la Siria settentrionale e l’attuale Turchia orientale. Il fenomeno è ripreso nell’Iraq post-Saddam in preda alle scorrerie dei fondamentalisti islamici, soprattutto all’indomani di un atroce incidente nel 2007. Una diciassettenne yazida che voleva sposarsi con un giovane musulmano è stata lapidata dai familiari e dalla gente del villaggio mentre la polizia locale se ne stava a braccia conserte e un cellulare riprendeva la raccapricciante scena. Presso gli yazidi non solo i matrimoni interreligiosi sono proibiti, ma ognuno appartiene a una precisa casta (in tutto sono dieci) ed è tenuto a cercarsi il coniuge all’interno della stessa. Quando, alcuni anni fa, una di queste caste in un villaggio si trovò nell’impossibilità materiale di seguire la norma e per avere lumi si rivolse alla massima autorità religiosa, Baba Shieq, costui stabilì che quei fedeli dovevano considerarsi liberi dal vincolo yazida ed erano autorizzati a passare a un’altra religione di loro scelta. La vendetta dei musulmani per la lapidazione della ragazza è stata terribile: una settimana dopo la corriera che trasportava i lavoratori di ritorno da Mosul al villaggio dove era avvenuto il linciaggio è stata fermata da uomini armati. I ventitré passeggeri yazidi sono stati fatti scendere e fucilati sul posto. Qualche mese dopo un camion cisterna e tre autobomba, carichi di due tonnellate di esplosivo, sono stati fatti deflagrare in due villaggi yazidi nei pressi di Sinjar in giorno di mercato: l’attacco, attribuito ad al Qaeda, avrebbe causato 800 morti.

La rivolta e il pentimento di Shaytan
Bozan è al sicuro da simili minacce perché l’unica strada d’accesso attraversa la cristiana Alqosh, all’ingresso della quale è insediato un solido posto di blocco permanente di soldati e poliziotti curdi e cristiani. Anche se nessuno osa allontanarsi troppo dai suoi vicoli medievali, ciottolati o sterrati al centro dei quali corre un rigagnolo che tiene il posto della fogna. «Non abbiamo alcun rapporto col governo centrale, ma solo con quello curdo. Se non ci fossero i loro posti di blocco, saremmo già tutti morti da un pezzo. Andare a Baghdad a fare presente la nostra situazione? Si figuri, non arriverei mai vivo», confessa Barakat, il capo della comunità. La maggior parte degli abitanti di Bozan si accontentano di fare la spola con Alqosh, dove fanno compere o offrono le proprie braccia come manovali. Alcuni sono entrati a far parte della forza di polizia.
Da fuori il tempio di Satana si nota per il tetto conico e a spirale che termina in una piccola sfera. Dovrebbe simboleggiare il sole che scalda e illumina coi suoi raggi la terra. Dentro lo spazio è occupato da due vani: uno grande e illuminato, con una parete tappezzata di orologi a muro di tutti i tipi e il pavimento ricoperto da un tappeto sul quale si procede a piedi scalzi; l’altro è piccolo e tenebroso, e vi si accede da un’apertura nel muro che lo separa dal primo. Nella stanza senza finestre arde perennemente una lucerna con quattro fiamme, simbolo del fuoco eterno.
Lasciassero sapere qualcosa di più della loro misteriosa dottrina, gli yazidi farebbero sicuramente meno paura. Al centro delle loro mitologie e cosmogonie c’è Shaytan, l’angelo ribelle, il nemico di Dio che nel Corano come nella Bibbia corrisponde a Satana. Però gli yazidi raccontano la sua storia in modo molto diverso da cristiani ed ebrei: secondo la loro ricostruzione, il capo degli angeli si pentì e si riconciliò con Dio dopo la ribellione, causata dalla creazione di Adamo e dalla richiesta divina di inginocchiarsi di fronte alla nuova creatura. Dopo settemila anni di lacrime Dio perdonò Taus Melek e gli affidò il compito di creare il mondo terreno, di cui egli è il signore mentre Dio regge il governo del Paradiso. Dunque per le cose del cielo si prega Dio, per quelle terrene l’angelo demiurgo. Insomma, una bella miscela di zoroastrismo, manicheismo, islam sufi ed ebraismo. Un po’ troppo complicato per i tagliatori di teste che si aggirano da queste parti.

© TEMPI - http://www.tempi.it/ - 8 giugno 2010