Il saluto del Patriarca Twal al centro «Regina Pacis»

All'inizio dell'incontro di venerdì 8 maggio Sua Beatitudine Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, ha rivolto al Papa un indirizzo di saluto a nome del personale e dei volontari che operano nel Centro. "Il suo arrivo - ha detto tra l'altro - è per noi l'apice delle nostre speranze, della nostra opera e della nostra esperienza qui".
I giovani di qualunque luogo, ha aggiunto, hanno particolarmente bisogno di un Buon Pastore, che li guidi lungo i giusti sentieri, che li richiami, attraverso il pentimento e il perdono, ai verdi pascoli di vita vera. "Lei, Santità, è il nostro Buon Pastore. La sua sollecitudine nel guidare i giovani è ben nota. Ad esempio, possiamo tutti ricordare con piacere il successo che ha avuto durante la Giornata Mondiale della Gioventù, a Sydney, ed è con orgoglio, che oggi i giovani si sono riuniti qui, intorno a Lei, per porgerle il benvenuto". Dopo aver ripercorso brevemente la storia del centro ed averne sottolineato l'importanza per i giovani disabili della regione, accolti tutti "gratuitamente e indipendentemente dall'appartenenza religiosa, politica o sociale", ha evidenziato l'effetto dell'opera di questo centro non solo dal punto di vista umano e spirituale, ma anche nazionale e sociale "perché qui, con il sincero incoraggiamento delle autorità, tutti i settori della società giordana, si incontrano e cooperano, condividendo la propria vita e aiutando. Inoltre, il centro opera per accrescere la dignità intrinseca delle persone che devono affrontare disabilità. Aiutiamo le famiglie a riconoscere questa dignità e a promuovere e difendere i diritti di questi individui nell'ambito della famiglia e della società". "Quanti servono gli infermi - ha detto ancora il Patriarca- scoprono gioiosamente quanto tale servizio arricchisce il loro cuore umano. Le testimonianze di coloro che, pur essendo stati sfidati in tal modo, sono ancora così gioiosi, può rendere umile chiunque di noi. Possono farci percepire che tutta la nostra intelligenza, la nostra forza e la nostra ricchezza sono  nulla  rispetto a un cuore pronto a sperare di fronte a così tante avversità. Molti che vengono qui per dare scoprono di essere quelli che ricevono".
"I volontari del Centro "Regina Pacis", musulmani e cristiani, ricevono veramente molto. L'opera comune d'amore fra i nostri volontari, basata su principi religiosi, sia cristiani sia musulmani, suscita in loro un apprezzamento profondo della nostra comune umanità. Inoltre è un'esperienza concreta di dialogo costruttivo, basato sul lavorare fianco a fianco, aperti verso l'altro senza riserve o pregiudizi". "La nostra opera qui - ha concluso - è edificata sul rispetto reciproco. Il nostro servizio comune ci spinge a svelare gli uni agli altri i nostri cuori, colmandoci di fiducia per l'umanità reciproca. Questa fiducia è la base di qualsiasi società umana degna di questo nome".

(©L'Osservatore Romano - 10 maggio 2009)