Il Patriarca Twal e l'arcivescovo Franco sull'esito del pellegrinaggio di Benedetto XVI

Gerusalemme, 23. Come pellegrino in Terra Santa, Benedetto XVI ha voluto incoraggiare i cristiani del mondo intero a seguire il suo esempio, "a venire qui, per pregare ed entrare in contatto con le comunità locali". Come pastore, ha rivolto il suo messaggio alle popolazioni cristiane incontrate, fermandosi ad ascoltarle. Come Capo di Stato, ha ribadito la posizione della Chiesa sui diritti degli israeliani e dei palestinesi, "spronando verso la soluzione dei due Stati". Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, e l'arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e in Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, hanno riassunto così i principali contenuti del viaggio del Papa in Terra Santa. In una conferenza stampa tenutasi mercoledì scorso al Centro Notre Dame di Gerusalemme, i due presuli hanno sottolineato il successo di questo pellegrinaggio, "persino nelle difficoltà", poiché "il Santo Padre ha così potuto fare esperienza della realtà concreta nella quale viviamo, qui in Terra Santa". Il messaggio lasciato da Benedetto XVI va ora studiato, recepito, trasformato in azione:  "I risultati non saranno totalmente visibili oggi - hanno spiegato Twal e Franco - e nemmeno domani. Abbiamo bisogno di più tempo, di dar tempo alla Provvidenza, ma questo messaggio di dialogo, di pace, di riconciliazione porterà i suoi frutti". Di certo "dipenderà dalla buona volontà di ognuno di noi di ascoltarlo veramente e di confrontare i nostri atteggiamenti con le indicazioni lasciateci dal Santo Padre". Una di queste - ha detto il nunzio apostolico - "è che si riconosca il diritto di Israele a vivere in sicurezza nel proprio Paese e il diritto dei palestinesi ad avere una patria, uno Stato, in modo che si giunga a una pace stabile in questa parte del mondo". Ma il ruolo della Chiesa nella risoluzione del conflitto israelo-palestinese - ha aggiunto monsignor Franco - "non è certamente diretto. A essa spetta di rendere le persone capaci di accettarsi a vicenda, di perdonarsi, di creare delle nuove possibilità, in modo da originare le precondizioni alla pace, sostenendo gli sforzi positivi e tentando di vincere la rassegnazione e la passività".
L'arcivescovo ha sottolineato anche l'importanza del discorso pronunciato da Benedetto XVI allo Yad Vashem:  "Vi invito a riprendere le parole del Papa nel loro insieme, e specialmente quelle pronunciate al suo arrivo all'aeroporto, al memoriale e nel discorso conclusivo. Se ci addentriamo veramente nel pensiero del Papa, non possiamo desiderare di più del messaggio che egli ci ha lasciato sulla Shoah. Ha detto "Mai più!"". E la "riflessione sul nome", allo Yad Vashem, "è la più bella che poteva fare per parlarci del dovere della memoria".
Il Patriarca Twal ha approfondito l'aspetto del viaggio legato al dialogo ecumenico e interreligioso:  "Il Santo Padre - ha affermato - è stato felice di constatare che esiste una volontà di dialogo fra tutte le religioni, di trovare una buona disposizione. E, in un certo senso, è stato felice di toccare con mano la complessità della nostra situazione. Per il Papa, una cosa è leggere dei rapporti, un'altra è vedere la realtà nella sua concretezza".
Di tappa importante per il cammino del dialogo interreligioso parla anche l'arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, nunzio apostolico in Giordania e in Iraq, che in un'intervista al Sir sottolinea che la scelta della Giordania, come "prima sosta del suo pellegrinaggio", e la visita alla moschea di Amman "sono stati gesti molto apprezzati" dalla comunità musulmana giordana e dai reali. Gesti che hanno fatto "ulteriormente migliorare l'atteggiamento dei musulmani nei riguardi dei cristiani". Il dialogo interreligioso - dice Chullikatt - "ha ricevuto, dalla visita papale, uno stimolo in più. Da questo incontro ci attendiamo frutti positivi".
Apprezzamento per il "valore" e la "forza" della visita di Benedetto XVI in Terra Santa è stato manifestato inoltre dall'istituzione interreligiosa "Pave the way foundation" che, in un comunicato firmato dal suo fondatore e presidente, l'ebreo Gary Krupp, sottolinea l'importanza del messaggio di pace portato dal Papa "in una regione divisa da differenze politiche, religiose e culturali". Allo stesso tempo la fondazione lamenta le critiche che "da settori contrapposti sono state mosse al Santo Padre", spiegando che si tratta di persone o istituzioni "con ideologie opposte o con finalità di partito".

(©L'Osservatore Romano - 24 maggio 2009)