Il contributo delle Chiese alla lotta contro la povertà

Bruxelles, 10. "Il contributo delle Chiese alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale". Questo il titolo del convegno svoltosi venerdì a Bruxelles promosso dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) nell'ambito dell'Anno europeo.
All'incontro hanno preso parte numerosi rappresentanti dell'Ufficio dei consiglieri politici della Commissione europea, i membri della commissione "Chiesa e società" della Conferenza delle Chiese europee (Kek), il segretario della Comece.
Tra i relatori il presidente di Caritas italiana e vescovo di Lodi, monsignor Giuseppe Merisi, l'arcivescovo Jukka Paarma della Comunità evangelica finlandese e il commissario europeo per il lavoro e gli affari sociali, László Andor.
"Siamo molto soddisfatti di questo incontro - ha spiegato a "L'Osservatore Romano" monsignor Merisi - perché abbiamo percepito uno straordinario interesse da parte dell'Unione europea alle problematiche della povertà e dell'esclusione sociale. Un unico fronte comune composto da cattolici, ortodossi e protestanti per arginare l'aumento della popolazione povera. Solidarietà, sobrietà e sussidiarietà sono gli elementi essenziali per far fronte a questa emergenza che coinvolge milioni di persone. Solo grazie alla collaborazione fra le realtà sociali e alle Chiese in Europa potremo ottenere risultati confortanti. Al momento - ha sottolineato il vescovo di Lodi - le aree dove gli interventi sono maggiori sono quelle relative all'Europa dell'Est e anche in Africa. Vaste zone dove la povertà e l'esclusione sociale sono un vero e proprio fardello. Dobbiamo stare al fianco dei poveri e Benedetto XVI ce lo ha ribadito ancora una volta con la visita all'Ostello Caritas della Stazione Termini di Roma, lo scorso 14 febbraio".
Nel mese scorso il Consiglio europeo aveva stabilito come obiettivo primario quello di far uscire definitivamente dalla povertà venti milioni di persone da qui al 2020.
Tuttavia gli Stati membri sono stati lasciati liberi di decidere autonomamente il proprio obiettivo nazionale a partire dagli indicatori più appropriati tenendo conto delle priorità e dei contesti nazionali. Anche se questa decisione politica è già di per sé un significativo passo avanti verso la riduzione della povertà e dell'esclusione sociale, la mancanza di motivazione politica da parte degli Stati membri dell'Unione europea potrebbe tuttavia ostacolare l'effettiva attuazione di tale strategia.
Sebbene i sistemi di sicurezza sociale nell'Ue siano tra i più avanzati del mondo, troppi europei vivono ancora oggi in condizioni di estremo disagio e di povertà. Il sedici per cento della popolazione, circa settantanove milioni di persone, infatti, è sotto la soglia della povertà. Un europeo su dieci vive in una famiglia in cui nessuno dei componenti lavora; il diciannove per cento dei bambini (poco più di diciotto milioni di persone) è a rischio povertà.
Durante l'incontro si è cercato di capire quali fossero le cause della povertà, ma si sono anche analizzati i programmi concreti da avviare nell'immediato. La solidarietà non può limitarsi semplicemente a prese di posizioni o a estenuanti discussioni sulle modalità di intervento.
I vescovi europei hanno suggerito ai responsabili politici di allargare gli strumenti attuali per misurare la povertà, affinché non vengano considerati solo i parametri economici, ma anche quelli relazionali.
"La solidarietà - ha concluso il direttore di Caritas italiana - ci impone di stare al fianco dei poveri per poter capire più da vicino le loro difficoltà e prendersi carico dei loro problemi. Speriamo entro dieci anni di strappare alla povertà milioni di persone".

(©L'Osservatore Romano - 11 luglio 2010)