Alle radici dei popoli europei

cyril1Cirillo e Metodio ancora «oggi insegnano come costruire la comunione della famiglia europea rispettando le particolarità dei singoli popoli e delle loro culture». Per questo a distanza di 1.150 anni dal loro arrivo nei territori della Moravia, Papa Francesco ha voluto ricordare la significativa ricorrenza affidando a due suoi inviati speciali le celebrazioni svoltesi contemporaneamente, venerdì 5 luglio, a Nitra in Slovacchia e a Velehrad, nella Repubblica Ceca. In terra slovacca ha presieduto il rito il cardinale Franc Rodé, che all’omelia ha ricordato come nell’863 i due fratelli di Salonicco giunsero in questa zona dell’Europa per evangelizzarvi le popolazioni residenti. «La loro opera missionaria e culturale e quella dei loro discepoli — ha detto — è di fondamentale importanza per i popoli slavi orientali. In un tempo relativamente breve sono riusciti a mettere in piedi le basi della lingua slava letteraria, origine delle culture slave moderne». Inoltre, il porporato ha sottolineato il loro contributo «all’idea dell’unità della Chiesa». Inviati da Bisanzio nella Grande Moravia, «riconoscono l’autorità suprema del successore di Pietro, chiedendo da lui l’a p p ro v a z i o n e della liturgia in lingua slava». Infatti Papa Adriano II, ha spiegato il cardinale Rodé, «con grande audacia, malgrado le opposizioni, approva il loro progetto». Parlando di Cirillo e Metodio, ha aggiunto il celebrante, «tornano con frequenza espressioni come contesto politico, progetto culturale». Certamente, ha detto in proposito, i due fratelli di Salonicco «rappresentano un caso particolare di santità cristiana, una santità sorta in una situazione di conflitto». Infatti, in un momento in cui la Chiesa «è ancora formalmente una, ma con forti tensioni interne tra la sua parte orientale e quella occidentale, i due fratelli di Bisanzio arrivano nelle terre slave, dove necessariamente si scontrano con gli interessi politici dell’impero occidentale». E in tale contesto il loro approccio alle popolazioni slave «appare tanto più pericoloso» perché «la parola del Vangelo è trasmessa in una lingua comprensibile e scritta in un alfabeto proprio. Le reazioni violente non potevano manc a re » . E la santità in tutto questo? si è chiesto il cardinale Rodé. «Essa si manifesta — è stata la risposta — nell’amore sincero verso un popolo meno colto di fronte alla civiltà raffinata e ben superiore di Bisanzio». Una santità evidente «nella volontà di avvicinare il Cristo e il suo messaggio di salvezza, affinché possa essere accolto non come una parola straniera, ma come un invito caloroso che va al cuore» e anche «nel sopportare con pazienza e dignità l’ostilità e le ingiustizie che non fanno onore ai loro fautori». In definitiva Cirillo e Metodio, ha concluso il cardinale Rodé, hanno testimoniato un amore paterno e una benevolenza che «i popoli slavi non hanno mai dimenticato». Lo stesso giorno a Velehrad, nella Repubblica Ceca, il cardinale Josip Bozanić ha espresso «la vicinanza del Papa alla cara Chiesa che è nella Repubblica Ceca». Nella sua omelia ha ricordato che «ci troviamo sul suolo santo sul quale i fratelli di Tessalonica Cirillo e Metodio, su invito del principe Rastislav, iniziarono la loro missione apostolica». E proprio a Velehrad si trova la tomba del vescovo Metodio. «Questo luogo del nostro pellegrinaggio — ha detto — è pieno di significato, perché qui si trovano le radici cristiane delle popolazioni slave». I due fratelli «con la loro vita fecero la più bella traduzione del Vangelo». Per questo gli apostoli degli slavi sono punti di riferimento anche per noi. «Mentre — ha aggiunto — invo chiamo la luce dello Spirito Santo nella ricerca delle strade della nuova evangelizzazione, i santi fratelli di Tessalonica ci sono di esempio e ispirazione. Loro non si sono allontanati dai principi evangelici». Infatti, «non travisarono la Parola di Dio e non predicarono se stessi» e per questo, «dovettero soffrire accuse ingiuste e umiliazioni». D’altra parte, ha fatto notare l’arcivescovo di Zagabria, «è sempre così con il Vangelo. Chi desidera essere cristiano deve fare i conti con questo, perché questa è una regola e non un’eccezione». I due santi «affrontarono nell’annuncio di Gesù Cristo questioni di lingua e cultura». Nell’evangelizzazione con i loro talenti «hanno creato un’intera cultura sul fondamento delle Sacre Scritture unendo fede, lingua, scrittura, rito e cultura». E con questo «nuovo approccio non hanno interrotto ciò che era prima, ma hanno costruito e migliorato ciò che hanno inseguito». Infine il porporato ha evidenziato che essi conoscevano «l’imp ortanza dell’identità, della specificità di ogni singolo popolo, e ugualmente anche l’importanza della fede comune in seno alla Chiesa, che unisce e riposa sulla pietra angolare che è Gesù Cristo». E proprio nelle odierne circostanze in cui vive l’Europa, «il messaggio di questi due protettori d’Europa non ha perso la sua freschezza per i popoli europei».

© Osservatore Romano - 6 luglio 2013