Impegno per la riconciliazione tra Sudan e Sud Sudan

ecumeneJUBA, 2. Educazione, pace e riconciliazione: sono queste le linee guida che caratterizzano le attività delle organizzazioni ecumeniche in Sudan e in Sud Sudan. Si tratta in particolare del Sudan Council of Churches (Scc) con sede a Khartoum (Sudan) e del South Sudan Council of Churches (Sscc) con sede a Juba (Sud Sudan). Un recente comunicato del World Council of Churches (Wcc) riferisce della creazione dei due organismi distinti di coordinamento delle comunità cristiane, alla luce delle nuove necessità legate alla nascita nel 2011 dello Stato del Sud Sudan. Infatti, finora, a rappresentare le comunità aderenti al Wcc sia in Sudan che nel Sud Sudan era stata un’unica organizzazione, ovvero il Sudan Council of Churches con sede a Khartoum. La decisione di dare vita alle due organizzazioni è stata adottata in occasione dell’assemblea generale del Sudan Council of Churches, che si è svolta a Nairobi, in Kenya, dal 3 al 7 luglio. Nel comunicato si sottolineano le parole del segretario generale del Wcc, Olav Fykse Tveit. Nell’esprimere auguri e preghiere, il segretario generale osserva che «nonostante tutte le difficoltà che il Sudan Council of Churches ha dovuto affrontare prima e dopo il processo di indipendenza del Sud Sudan, è ammirevole come le comunità religiose siano rimaste costantemente impegnate nel promuovere la pace e la giustizia nei due Paesi». Nel momento in cui, aggiunge Tveit, «le due organizzazioni ecumeniche iniziano a lavorare nelle loro strutture, preghiamo affinché continuino a portare avanti la loro visione per l’educazione, la pace e la riconciliazione e a servire le comunità in uno spirito di unità cristiana tra loro e con le comunità religiose in tutto il mondo». Durante l’assemblea di Nairobi sono stati eletti anche i rappresentanti dei due organismi: il segretario del Sudan Council of Churches, il reverendo Kori Romia Koru e quello del South Sudan Council of Churches, Festus Abdel Aziz James. Nell’aprile scorso il segretario generale del Wcc aveva incontrato, in occasione di una visita in Sud Sudan, il presidente della Repubblica, Salva Kiir Mayardit. Tveit aveva ribadito al presidente il ruolo attivo delle comunità religiose per la pace e lo sviluppo della nazione. «La fiducia nelle Chiese e nei loro leader — ha detto — è una grande risorsa per la guarigione e la pace nel Paese e della sua gente». Nel ricordare le sfide affrontate dalla popolazione e dalle comunità cristiane del Sudan e del Sud Sudan, il segretario generale del Wcc ha sottolineato che «le Chiese sudanesi devono impegnarsi a lavorare per la pace, nonostante le divisioni. Le Chiese stanno portando avanti i valori dei diritti umani, la democrazia e la riconciliazione. Sosteniamo con forza tali processi e ricordiamoli nelle nostre preghiere». Durante il suo soggiorno, Tveit ha incontrato numerosi rappresentanti delle comunità cristiane in Sud Sudan. L’impegno del Wcc è soprattutto mirato a garantire che la pace tra le nazioni diventi uno scopo permanente. «Il concetto di una pace giusta — ha concluso il segretario generale del Wcc — sta a cuore alla Chiesa e diventa ancora più significativo nel contesto del Sud Sudan. Qui la sfida di bilanciare la giustizia con la pace significa per le Chiese contribuire a costruire una nuova vita per le comunità, dopo un periodo di lunghi conflitti». Il presidente del Sud Sudan, Kiir Mayardit, da parte sua, ha evidenziato che «dopo l’indipendenza del Sud Sudan sono state soprattutto le Chiese ad aver avuto la capacità di unire le persone e di aiutare le comunità a ricostruire il Paese. Nel Paese tutte le comunità religiose, tra cui quella cristiana, possono lavorare liberamente, e il loro contributo per il miglioramento sociale è ben accolto». Nel 2012, il Wcc e l’All Africa Conference of Churches avevano firmato un documento congiunto per la pace tra Sudan e Sud Sudan. Nel documento si ricorda che la ricerca della pace richiede un forte impegno al superamento dei rispettivi interessi. Nel testo si sottolinea che «non si dovrebbe più continuare a considerare la guerra come una possibile opzione per risolvere le controversie».

© Osservatore Romano - 3 agosto 2013