Fa bene alla società il dialogo tra Stato e religioni

colomba-paceLUBIANA, 21. I rappresentanti religiosi in Slovenia hanno stilato e firmato una dichiarazione congiunta rivolta al Governo affinché escluda i luoghi di culto dalla tassa sugli immobili e non modifichi la legge sulla libertà religiosa. I due provvedimenti continuano a destare preoccupazione all’interno del Consiglio delle chiese cristiane e della comunità musulmana.
Tali disposizioni — ha spiegato a Sir Europa padre Tadej Strehovec, segretario generale della Conferenza episcopale slovena — hanno acceso «un forte dibattito pubblico, lasciandone però fuori i maggiori interessati, i fedeli e le comunità religiose». Se dovessero passare le procedure parlamentari, «segnerebbero profondamente la vita dei fedeli e delle comunità religiose nel Paese». La tassazione degli immobili prevede, infatti, anche l’inclusione dei luoghi destinati alla preghiera, il che comporterebbe «una pressione fiscale notevole e causerebbe il trasferimento delle donazioni, destinate alla carità e all’aiuto degli ultimi, al pagamento delle tasse», oltre a obbligare «le comunità religiose a ridurre le già deboli attività intraprese nell’ambito scolastico, culturale e pastorale». Da questa situazione di crisi, ha detto Strehovec, si è confermata «l’ottima collaborazione e il dialogo tra le religioni in Slovenia, che non è presente solo sulla carta, ma si concretizza nei punti importanti della vita quotidiana». Dialogo e collaborazione «che però mancano con il Governo e gli organismi statali, dato che molte leggi vengono adottate unilateralmente, senza consultare i rappresentanti religiosi». La speranza è che tale rapporto cambi, anche tramite il messaggio lanciato attraverso la dichiarazione congiunta, in modo da coinvolgere pienamente le religioni «come partner e non come antagonisti». Il segretario della Slovenska Škofovska Konferenca chiede al Governo «un rapporto più disteso, aperto e nel segno della collaborazione affinché i momenti difficili che come Paese e come fedeli stiamo attraversando diventino un’opportunità per rafforzare l’impegno comune nella lotta ai disagi sociali e nello sviluppo delle attività scolastiche, pastorali, formative e caritative». Le sfide «devono essere un’occasione per operare per una società basata sul rispetto e sul dialogo». La Slovenia gode di una posizione geostrategica unica in Europa e fu la prima dei Paesi dell’ex Jugoslavia a entrare nelle istituzioni euro-atlantiche; confina con i quattro grandi gruppi linguistici europei ed è ponte culturale fra mondo musulmano dei Balcani, Chiese ortodosse e Chiesa cattolica. Si tratta di una condizione privilegiata che potrebbe essere utilizzata nell’ambito del dialogo fra autorità statali e religioni ma, rileva padre Strehovec, «forse per una giovane democrazia sono aspettative troppo ampie». La Chiesa in Slovenia negli ultimi anni ha attraversato un periodo di grandi cambiamenti: «La comunità cattolica, dopo il lungo periodo di totalitarismo socialista nel ventesimo secolo, sta prendendo coscienza dei propri diritti civili, come dimostrato l’anno scorso dalla campagna per la preservazione della famiglia tradizionale. I cattolici, con le altre comunità religiose, hanno fatto sentire la propria voce contro la ridefinizione del concetto di famiglia e contro le adozioni dei bambini da parte di coppie omosessuali». Questo periodo di affermazione della voce dei cattolici nella vita pubblica ha segnato un momento importante anche nel cammino del dialogo ecumenico e interreligioso.

© Osservatore Romano - 21-22 ottobre 2013