Un vescovo accanto a Costantino

osio-di-cordovaLa sua figura — dice Antonio Javier Reyes curatore del congresso «El siglo de Osio de Córdoba» — appare un po’ confusa a causa delle notizie che sono giunte a noi da diverse fonti. Sappiamo che fu vescovo di Cordova verso la fine del IV secolo. Probabilmente apparteneva al clero della città. Il suo nome appare molto presto negli acta del concilio di Elvira e, sorprendentemente, lo troviamo accanto all’imperatore Costantino a corte, dove svolse funzioni che andavano ben oltre quelle di competenza di un vescovo di una Chiesa locale. L’imperatore, per esempio, gli delegò il compito di distribuire il grano nel Nord dell’Africa e gli chiese anche d’intervenire in alcune questioni che turbavano la pace dell’impero, come il conflitto nella Chiesa di Alessandria, dove un presbitero, Ario, predicava un nuovo modo d’intendere il mistero di Cristo. In tal modo la figura di Osio acquistò un prestigio piuttosto insolito in un’epoca come il IV secolo, al punto che, in piena polemica ariana e semiariana, fu deciso che, insieme ad Atanasio e a Papa Liberio, dovesse cadere anche quell’altra grande colonna dell’ortodossia in 0ccidente che era Osio di Cordova. Sorprende che una figura di un tale spessore sia poco conosciuta».

Quali sono gli obiettivi del congresso su Osio?
Il primo è quello di rispolverare la figura di Osio e di far luce sulla politica imperiale o teologia politica di Costantino. Ciò servirà anche a mettere in risalto il fatto che le Chiese della Betica del IV secolo erano già Chiese con una solida formazione. Un altro obiettivo è di soddisfare la richiesta che la Congregazione per le cause dei santi ha fatto al vescovo, ossia la celebrazione di un congresso dalla portata internazionale dove si possa mettere in risalto l’importanza che Osio di Cordova ebbe per lo sviluppo dogmatico e vedere se è possibile riconoscere la sua fama di santità e renderla estensibile alla Chiesa occidentale.

Il convegno potrà contare su relatori di grande spessore. Cosa può dirci al ri guardo?
Fin dal primo momento il Pontificio Consiglio della Cultura, e il Vaticano in generale, hanno mostrato grande interesse per l’evento, e lo dimostra il fatto che sarà proprio il Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, l’arcivescovo Jean–Louis Bruguès, a inaugurare le sessioni del congresso. Allo stesso tempo credo che susciterà grande interesse anche a livello culturale. Vi parteciperanno relatori di diverse parti della Spagna — Pamplona, Madrid, Murcia — come pure dell’università americana di Notre-Dame, dell’università di Perugia, della Sapienza di Roma, e del Pontificio Istituto Augustinianum per gli studi sui Padri della Chiesa. Dal mio punto di vista, sarà un congresso che non si occuperà della figura di Osio in modo superficiale, bensì molto profondo, il che richiede rispetto e serietà per cercare di avvalersi di ogni sessione come se fosse il pezzo di un puzzle, nel tentativo di dare alla figura di Osio di Cordova il posto che merita.

A chi è rivolto il congresso?
Da un lato i suoi frutti sono destinati ad aiutare i ricercatori e gli studiosi di questa epoca del cristianesimo e della storia della civiltà, soprattutto della cultura europea. D all’altro è però anche destinato alla gente comune, ai cristiani, alle persone semplici, che non devono necessariamente aver compiuto grandi studi, al fine di illuminarli su quelle che furono le origini del cristianesimo nella Betica. È rivolto alle persone che sono interessate a scoprire le radici di una fede che è divenuta cultura e che ha generato cultura e vita attorno a sé.

Cosa ha da dire Osio ai cristiani del XXI secolo?
Molto. A livello personale direi che Osio, al di là della sua importanza nelle vicissitudini storiche, si presenta come un cristiano convinto della propria fede, erede di un lascito martiriale di cui è orgoglioso e che vuole a sua volta vivere. Ritengo che Osio sia un credente fermamente innamorato di Gesù Cristo che oggi si presenta a noi come modello di fedele, di vescovo e di pastore..

© Osservatore Romano - 27 ottobre 2013