fra Simon Herro e la staffetta della carità in Siria
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- Creato: 25 Luglio 2016
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“Manca tutto, non hanno luce, gas, non possono farsi un tè caldo e cucinarsi nulla. Hanno solo un po’ di acqua e di burgul. Continuano ad assistere a uccisioni cruente, purtroppo con un accanimento verso i cristiani”.
A parlare così è fra Simon Herro, responsabile
della regione san Paolo che comprende Siria e Libano. Oggi vive a Beirut, ed è incaricato di portare gli aiuti economici ai conventi francescani colpiti duramente dalla guerra. Una vera e propria “staffetta della carità” che porta aiuto a migliaia di famiglie in difficoltà.
Fra Simon, cosa state facendo oggi per aiutare la popolazione siriana?
Per come possiamo stiamo cercando di mandare avanti i nostri centri di aiuto. Solo ad Aleppo prestiamo soccorso a 18.000 famiglie, lavorando insieme alla chiesa maronita, caldea, con gli armeni, i greci e anche gli ortodossi. Siamo tutti uniti e tesi ad aiutare chiunque sia in difficoltà.
Come fa concretamente ad arrivare in Siria e consegnare aiuti?
Quando ho la possibilità, arrivo alla frontiera siriana e lì mi aspettano persone di fiducia che mi garantiscono la sicurezza del passaggio. Ma una volta in Siria, devo stare molto attento. Non posso andare nell’Oronte e ad Aleppo, è troppo pericoloso. Da un anno non abbiamo più notizie dirette dei frati che vivono lì. So che in quei conventi manca acqua, elettricità e il telefono, le uniche notizie che mi arrivano sono di alcuni amici siriani fidati che riescono in qualche modo a portare loro qualche soldo e dei viveri.
In che condizioni si trovano i cristiani in Siria?
Stanno vivendo un momento drammatico. O ti converti all’Islam, o lasci il Paese. Ho ritrovato molti di loro in Libano, perché hanno preferito lasciare la casa e tutto quello che avevano piuttosto che rinnegare la propria fede. Alla rivolta i cristiani non piacciono. Gli insorti, in particolare le frange jiadiste, sognano la nuova Siria senza di loro.
Cosa è chiesto ai frati che vivono in Siria?
Ai frati è chiesta la testimonianza fino al martirio. Se decidessero di andare via, per i cristiani sarebbe un duro colpo. Non avrebbero più un punto di riferimento. Se i frati continuano a stare lì, allora anche tutte le persone aiutate – e sono tante – continueranno a vivere con loro. Perché quando questa guerra sarà finita, allora tutti dovranno rimboccarsi le maniche per ricostruire un Paese devastato.
© http://oraprosiria.blogspot.it/2016/07/25