Stati Uniti Comunicato Stampa della Congregazione per le Chiese Orientali. The "Easterns" in the US/Part V - Cong. Chiese Orientali

sandri bebeNella prima mattinata di giovedì 20 giugno, il Cardinale Leonardo Sandri si è recato presso il Sacred Heart Seminary dell'Arcidiocesi di Detroit, accompagnato dal Vescovo caldeo Mons. Kalabat, per visitare la struttura che accoglie da anni anche i seminaristi caldei degli Stati Uniti, e per incontrare l'Arcivescovo S.E. Mons. Vigneron, con il quale si è svolto un interessante dialogo sulla presenza delle diverse comunità orientali cattoliche negli Stati Uniti e particolarmente nell'Arcidiocesi.
Mons. Kalabat ha sottolineato come la stessa Eparchia di Detroit non sarebbe cresciuta nell'organizzazione e nella formazione del clero senza l'accompagnamento della "sorella" circoscrizione latina.
E' stato poi affrontato il tema delle comunità orientali cattoliche, quali per esempio quelle etiopiche, eritree e copte, non in grado ancora di potersi strutturare in vere e proprie circoscrizioni ecclesiastiche e non sempre con un sacerdote stabilmente assegnato, con l'auspicio che qualche indicazione e linea guida possa essere fornito dal Dicastero alla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti in occasione della prossima Visita ad Limina.
Mons. Vigneron ha anche ricordato l'evoluzione della percezione che la stessa Chiesa latina negli USA ha maturato nel corso degli ultimi due secoli nei confronti della presenza orientale sul territorio: è stata infatti evocata con rammarico la stagione in cui l'indurimento di alcuni Presuli contribuì a creare le condizione perchè una parte dei fedeli bizantini cattolici provenienti dall'Europa centrale ed Orientale negli ultimi anni dell'800 si staccassero dalla Chiesa cattolica, formando una Chiesa ortodossa nella quale venissero rispettati i propri riti e tradizioni: si era ancora nella stagione della cosiddetta "praestantia ritus latini" formulata da Papa Benedetto XIV e ben lontani da quanto poi fiorì sotto il Pontificato di Papa Benedetto XV fino poi al Concilio Vaticano II.

Dopo essersi congedato, il Cardinale Sandri si è recato presso una delle tre Residenze delle Suore Caldee dell'Immacolata Concezione, ove si è intrattenuto in un incontro e poi a pranzo con le Religiose caldee presenti sul territorio, per la quasi totalità impegnate nella pastorale parrocchiale, tranne una giovane che da sei anni ha avviato una esperienza di romitaggio e che per l'occasione è venuta ad incontrare il Prefetto. 
Nel pomeriggio, dopo l'incontro con alcune famiglie caldee, il Cardinale Sandri ha visitato la Chiesa di San Charbel, l'ultima delle tre della Chiesa Maronita presenti a Detroit e consacrata da pochi mesi: lì è stata celebrata la Divina Liturgia in rito siro-antiocheno maronita nella Solennità del Corpo e del Sangue di Cristo, insieme al Vescovo caldeo Kalabat, a uno dei Vescovi Ausiliari di Detroit, Mons. Fischer, e da Mons. Peter Karam, Vicario per il clero dell'Eparchia Maronita e pastore a Cleveland, del quale il sabato precedente era stata annunciata l'elezione a Vescovo della Curia Patriarcale Maronita. Il Cardinale ha tenuto l'omelia, e al termine ha potuto salutare tutti i fedeli nel salone.
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Omelia del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella Celebrazione della Divina Liturgia di in rito siro-antiocheno maronita presso la parrocchia di St. Charbel.
Giovedì 19 giugno 2019 A.D.

Cari fratelli e sorelle,
1. Ci ritroviamo a celebrare l’Eucarestia nel giorno in cui la Chiesa Cattolica ringrazia il Signore proprio per il dono del memoriale della Morte e Resurrezione del Signore, alla quale ci è dato di accedere nei segni sacri che il Signore scelse durante l’ultima cena con i suoi discepoli: il pane e il vino che sono trasformati per l’effusione dello Spirito santo nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Attorno alla mensa del Signore, ci sentiamo in comunione col Santo Padre Francesco, che mi ha incaricato di portarvi il suo saluto e la sua benedizione, col Patriarca S.B. il Cardinale Bechara Boutros Rai, e col Vescovo Abdallah Elias Zaidan, che ho incontrato a Roma prima del suo viaggio in Libano per partecipare al Sinodo. Una particolare preghiera vogliamo elevare per Mons. Peter Karam, fino a pochi giorni fa pastore a Cleveland e vicario per il clero, eletto Vescovo della Curia Patriarcale: preghiamo affinchè possa svolgere un ministero fecondo, portando la ricchezza dell’esperienza missionaria vissuta negli Stati Uniti come la formazione perfezionata anche in Germania, dentro il contesto della madrepatria libanese, tanto ricca di storia e di santità, ma sempre bisognosa di porsi in ascolto di quanto il Signore suggerisce in ogni tempo alla Chiesa sua Sposa. Non posso dimenticare, stando insieme a voi, la testimonianza ricevuta lo scorso maggio, quando ho partecipato ai funerali dell’amato Cardinale Nasrallah Boutros Sfeir, Patriarca emerito, vero figlio del Paese dei Cedri e pastore coraggioso del gregge a Lui affidato durante anni difficili e colmi di sfide per la Chiesa e per la Nazione.
2. La festa odierna ci rende consapevoli che il Signore è presente, cammina con la sua Chiesa e l’umanità lungo la storia, nutrendoci di Lui desidera trasformare la nostra esistenza perchè essa stessa diventi “eucaristica”. Vivere in perenne rendimento di grazie. Ad uno sguardo soltanto umano infatti ciascuno di noi può decidere ogni giorno come guardare alla propria vita e a quella del mondo: iniziare facendo l’elenco dei difetti - di solito prima quegli degli altri intorno a noi prima che i nostri, pensare a tutte le difficoltà che dovremo affrontare, rimanere schiacciati dalla preoccupazione dei grandi problemi che riempiono la nostra esistenza. Proviamo a immaginare tutto questo al livello di una chiesa intera, per esempio quella maronita: l’esigenza di tenere l’unità tra le comunità del Libano e quelle ormai forse più numerose della diaspora, con il rischio da un lato dell’insignificanza in mezzo alle altre componenti religiose e confessionali della società libanese da un lato o della secolarizzazione nei nuovi contesti all’estero, le sfide della carità e dell’accoglienza che fanno parte dell’identità del cristiano ma che nelle loro proporzioni numeriche ci sembrano immani - come nel caso dei rifugiati siriani che rimangono più di un milione nel Paese dei Cedri, la difficoltà di una testimonianza autentica e purificata da parte di alcuni sacerdoti o in alcuni ambiti della vita ecclesiale dove l’esercizio del potere, l’amministrazione dei beni o quello della giustizia nei tribunali può tentare alcuni di cercare la propria affermazione e non il bene dei fratelli. La nostra esistenza e quella di una Chiesa intera ogni giorno ci metterebbero nella condizione di camminare rassegnati lungo le strade della nostra esistenza, parlando sì di qualcosa che riguarda anche il Signore, ma con uno spirito di rassegnazione, perchè lo terremmo confinato sulla Croce e nel sepolcro. Cristo però è il vivente e si affianca a noi anche nel momento della desolazione e dell’incapacità a sentirlo presente, con pazienza si rimette a spiegarci la Parola e spezzare il suo pane. Allora gli occhi del nostro cuore sono guariti e noi stessi torniamo a farci annunciatori e missionari del Vangelo. Annunciamo a noi stessi e ai fratelli che in tutti i problemi che abbiamo prima delineato noi non siamo soli, in ciascuno di essi il Signore continua a guidare la Sua Chiesa, Egli è e rimane per sempre il Vivente, che ha sconfitto il peccato e la morte una volta per tutte. Si vive così in modo nuovo, si guarda alla vita con occhi nuovi, si lascia che il mistero celebrato trasformi la nostra vita.
3. Se tutto ciò può sembrare troppo grande o troppo ideale, permettetemi che io vi ponga una domanda: perchè continuiamo a pregare la Vergine Maria? Perchè facciamo novene a San Charbel o Santa Rafka, perchè onoriamo così tanto Santa Rita da Cascia e molti altri ancora? Forse perchè pensiamo di ottenere da loro quello che da noi stessi non siamo capaci? Forse sì, ma i santi non si accontentano di avere schiere di devoti, ma desiderano che guardando il loro esempio ogni giorno possiamo dire il nostro piccolo SI al Signore. La Vergine Maria e tutti loro infatti non hanno avuto una vita facilitata dall’inizio perchè Dio li aveva scelti per sè, non hanno avuto tutto facile, anzi forse hanno dovuto affrontare, persino dentro la Chiesa e tra i fratelli, tante incomprensioni o opposizioni. Ma sono stati esaltati perchè hanno vissuto che niente e nessuno avrebbe potuto strapparli dall’amicizia con il Signore, morto e risorto per noi. Come san Charbel, patrono di questa bella Chiesa e comunità parrocchiale, accendiamo anche noi la nostra lampada dinanzi all’Eucarestia, lasciamo che la nostra vita arda dell’amore del Signore che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo. Viviamo da Risorti con Cristo quali siamo in virtù del Battesimo che abbiamo ricevuto, trasformiamo insieme ai Santi e grazie alla loro intercessione il nostro mondo in modo eucaristico, iniziando a rendere grazie per tutte le meraviglie che Dio ha operato e continua ad operare nella vita della Chiesa e in quella di ciascuno di noi. Amen.

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Saluto del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante l’incontro con le Religiose Caldee.
Eparchia di Detroit, giovedì 20 giugno 2019 A.D.

Care sorelle,
1. Sono contento di poter condividere anche con voi un momento di particolare ascolto e dialogo, dopo la celebrazione di ieri sera e un momento analogo avuto poco prima con i sacerdoti.
La divisione di questi momenti corrisponde soltanto al desiderio di una maggiore attenzione da riservare al cammino particolare di ciascuno, valorizzando la storia personale e il carisma di ciascuno membro della Chiesa, sapendo - come descrive bene san Paolo - che ogni dono e ogni carisma sono dono dello Spirito per l’utilità comune.
La diversità quindi non diventa un motivo di contesa o di supremazia, ma soltanto il desiderio che ciascuno possa percorrere la propria strada di amore e di servizio, seguendo in modo personale le orme del nostro Signore e Maestro Gesù Cristo.
La visita di questi giorni poi mi consente di completare l’incontro con la comunità caldea presente negli Stati Uniti, dopo la tappa di alcuni anni fa a San Diego, ove ebbi modo di visitare anche la casa delle Religiose là fondate. In Iraq ho avuto modo nel corso delle mie due visite, nel dicembre 2012 e nel maggio 2015, di sostare anche presso la casa Generalizia delle Suore caldee, e ricordo proprio qui a Detroit, dove furono celebrati i funerali del Cardinale Delly, la suora che si prese cura di lui con dedizione esemplare negli ultimi anni del suo servizio patriarcale e della sua vita terrena.
2. Credo che la quasi totalità di voi provenga dall’Iraq, e certamente posso immaginare che l’arrivo negli Stati Uniti, reso possibile dall’accoglienza manifestata per molti anni da questo grande Paese, abbia anche comportato l’incontro con una realtà diversa di vivere la vita religiosa femminile. Forse avete percepito la differenza di formazione, il modo di indossare o meno l’abito religioso, il modo in cui pensare la presenza consacrata femminile nella Chiesa e nei diversi servizi. Ciascuna di voi potrà forse condividere qualche osservazione in merito. In ogni caso, credo che le dinamiche cui ho fatto cenno costituiscano in positivo una sfida per ciascuna di voi. Penso in particolare a quanto afferma l’Esortazione Apostolica Ecclesia in Medio Oriente sulla dignità e il ruolo della donna: “il primo racconto della creazione mostra uguaglianza ontologica tra l’uomo e la donna. Questa uguaglianza è ferita dalle conseguenze del peccato… vorrei assicurare a tutte le donne che la Chiesa cattolica, collocandosi nella fedeltà al disegno divino, promuove la dignità personale della donna e la sua uguaglianza con l’uomo, di fronte alle più svariate forme di discriminazione alle quali è sottomessa per il solo fatto di essere donna…” (n. 60). In Medio Oriente, e quindi anche in Iraq, le religiose consacrate sono spesso il primo volto della Chiesa, la linea di frontiera: penso a quelle incontrate nell’ambito delle scuole, delle cure assistenziali a bambini, anziani e ammalati, alla collaborazione in diversi ambiti della pastorale parrocchiale. Alcuni gesti sono addirittura eroici, quando ad esempio si tratta di prendersi cura di alcune forme di disabilità che la società normalmente terrebbe nascoste o abbandonerebbe: ricordo quanto vidi fare dalle suore di Madre Teresa di Calcutta a Bagdad, nei pressi della Cattedrale latina. Una dignità della donna che la vede protagonista, nella famiglia e nella consacrazione, che vive un amore quotidiano, una dedizione profonda. Il servizio non è inteso come un servilismo, e guai a quegli uomini, fossero anche preti o vescovi, che potrebbero intendere questo modo di vivere delle religiose in Medio Oriente come una forma di essere subalterne, minori della dignità, perchè “il capo è l’uomo, anche nella Chiesa”. La Chiesa infatti, senza il suo tratto materno, verrebbe meno a una parte del dono e della missione che Cristo suo Sposo le ha fatto.
3. Il modo di vivere il servizio e la maternità nella Chiesa come ho visto fare in Iraq e in tante parti del Medio Oriente da parte di tante religiose, eroiche per i grandi gesti ma molto più per la dedizione quotidiana e paziente, diventa una testimonianza forte nel nostro Occidente, e anche qui negli Stati Uniti. Se in Medio Oriente tante dimensioni del vivere il carisma religioso costituiscono un segno anche di autentica emancipazione di fronte a società spesso più chiuse nelle quali la donna deve stare confinata in un certo recinto, di pensiero o anche fisico, queste stesse dimensione di servizio e dedizione potrebbero essere interpretate in Occidente anche nel contesto ecclesiale come servilismo e diminuzione, in una mentalità che può essere infettata da un logica mondana di affermazione di sè o rincorsa di potere e visibilità. Non si tratta di fare discussioni, ma di vivere la testimonianza gioiosa e libera. Di ripartire ogni giorno dal nostro essere consegnati a Cristo, anche quando questo dono di noi stessi può passare attraverso una apparente insignificanza. In questo modo anche la leadership viene sempre ripensata e vissuta ogni giorno come forma di servizio e di carità e mai come ricerca di una posizione, di un ruolo o di una visibilità. Penso quindi a quanto bene potrete continuare a fare all’interno della comunità cristiana rimanendo voi stesse, che testimonianza potrete offrire anche per quei fedeli in Occidente un po’ troppo contagiati da una visione secolarizzata, quanto potete essere significative ad esempio attraverso un inserimento intelligente di alcune nei processi di formazione dei candidati al sacerdozio e nel discernimento ecclesiale sull’ammissione agli ordini. Ci vuole senz’altro adeguata formazione, ma sopratutto il coltivare ogni giorno la consapevolezza di essere portatrici di un dono singolare di cui solo voi siete depositarie e non altri, come altri nella Chiesa sono chiamati a riconoscere e condividere il proprio dono per l’utilità comune.
Sono solo alcuni spunti che muovono dal desiderio di interpretare insieme a voi l’incontro-scontro tra l’Oriente e l’Occidente, anche dentro l’essere Chiesa, in Iraq come negli Stati Uniti.
Grazie per il dibattito che potrò nascere insieme


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