Ancora aperta in Albania la questione dei beni confiscati agli ortodossi

ortodossi-4TIRANA, 22. Una disputa su un edificio religioso sta alimentando un clima di tensione in Albania, dove risiede una piccola comunità greco ortodossa. L’edificio è quello della chiesa di Santa Maria che si trova a Përmet. I greci ortodossi reclamano la restituzione della proprietà dopo che una sentenza del Tribunale Costituzionale del 2002 l’ha assegnato al locale municipio.
L’edificio era stato confiscato nel 1967 dal regime comunista per essere trasformato in un Palazzo della Cultura. Nel 1996, tuttavia, la Corte Suprema d’Albania ha stabilito l’appartenenza dell’edificio alla Chiesa ortodossa e da allora sono ripresi i servizi liturgici. Nei giorni scorsi, dopo una serie di proteste, l’edificio è tornato sotto il controllo delle autorità municipali, che ha utilizzato delle guardie armate per la sua sorveglianza. Dalla comunità greco ortodossa è stato lanciato un appello al rispetto del credo e delle tradizioni. La questione, ha precisato il portavoce della Chiesa ortodossa di Albania, Thoma Dhima, è quella «di evitare offese» nei confronti dei religiosi e dei fedeli. La comunità sottolinea comunque la volontà di operare per risolvere la questione attraverso il dialogo. «Spero che la soluzione — ha puntualizzato il portavoce — venga dalla politica, dal dialogo e e dal confronto». Fino ad oggi, la tensione con la comunità greco ortodossa aveva impedito di rendere esecutiva la sentenza, fino alla decisione di alcuni giorni fa da parte delle autorità municipali di occupare forzatamente l’antica chiesa risalente al diciassettesimo secolo. L’arcivescovo ortodosso di Tirana e di tutta l’Albania, sua beatitudine Anastasios, ha espresso critiche nei confronti della decisione del Municipio di Përmet, comparando l’azione di esproprio dell’edificio religioso alle pratiche adottate nel secolo scorso dal regime comunista. La vicenda è anche al centro di un vivace dibattito all’interno delle istituzioni europee. Un deputato greco, Yorgos Kumutsakos, ha chiesto alla Commissione europea di intervenire affinché condanni l’azione del Municipio di Përmet, ritenuta «inaccettabile». In passato l’arcivescovo di Tirana e di tutta l’Albania aveva espresso la necessità che tutta una serie di edifici religiosi che erano stati confiscati dal regime comunista vengano restituiti. Nel 1967 il Governo albanese dichiarò che tutti gli edifici religiosi, complessivamente 2.169 chiese, moschee, monasteri ed altre istituzioni sarebbero stati chiusi e che tutte le pratiche religiose sarebbero diventate illegali. Nei primi sei anni della ricostituzione della Chiesa furono costruiti settanta nuovi edifici sacri, 63 furono ricostruiti o restaurati e 100 furono rinnovati, questo contro le 324 chiese confiscate dal regime comunista. La ricostruzione della Chiesa non è comunque andata avanti senza difficoltà. Nel 1992 l’Accademia teologica della risurrezione di Cristo fu inaugurata in un albergo abbandonato di Durazzo dove circa sessanta giovani iniziarono gli studi per la formazione al sacerdozio e solo verso la fine del 1996 è stata spostata nel nuovo monastero di San Vlash, sempre a Durazzo. Al momento della caduta del regime comunista in Albania erano sopravvissuti appena 22 preti ortodossi. La comunità greco ortodossa in Albania è molto attiva anche nei campi dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria. In base a un censimento del 2011 su circa 2,8 milioni di albanesi, il sette per cento sono ortodossi.

© Osservatore Romano - 23 agosto 2013